Locarno75

‘Broken Blossoms’ summa di un’Arte, la Settima

Con l’Osi al Fevi a suonarne la colonna sonora originale, il capolavoro di David W. Griffith ha aperto ufficialmente il Locarno Film Festival

Philippe Béran
(© Locarno Film Festival)
3 agosto 2022
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Quando la sala si spegne e lo schermo s’illumina, mostrando il porto cinese lontano da cui partono migranti diretti verso quello che ancora si poteva cambiare Nuovo mondo, ci sentiamo subito immersi in un’atmosfera che ci protegge dal tempo, per portarci in quell’isola che non c’è, che è la memoria delle immagini di tutti i film che abbiamo visto e che ora nel buio, accompagnati dalle note di un’orchestra, l’Osi, andiamo a ritrovare come in una casa nostra, di nostri amati fantasmi. È la bellezza del Cinema, è la purezza del Cinema, è ‘Broken Blossoms’, il film più clamoroso pensato e girato da quello straordinario regista che è David W. Griffith.

‘Broken Blossoms’ (o ‘The Yellow Man and the Girl’), fu presentato in italiano come ‘Giglio Infranto’, e apparve sugli schermi il 13 maggio del 1919 a New York, sorprendendo tutti gli ammiratori di Griffith e anche chi lo aveva contestato. Come non ricordare quel che era successo nel 1915 con ‘The Birth of a Nation’, quando il regista fu accusato di razzismo e si tennero vere battaglie a favore e contro il film; o il grande successo di ‘Intolerance’, nel 1916; un canto d’amore verso la pace e l’umanità con scene d’impressionante grandezza e con il Cristo riportato sullo schermo tra i peccatori, Griffith che coniuga il linguaggio cinematografico all’emozione del dire senza paura di offendere, irrefrenabile artista del Cinema.

E ora un film delicato, poetico, romantico, immenso, onirico e immortale, come un Notturno di Chopin, perché ‘Broken Blossoms’ parla di un amore immenso, totale, superiore allo stesso Romeo and Juliet di Shakespeare, perché i protagonisti di questo amore sono vivi martiri della vita, di una società barbara, dei sogni che non si possono realizzare mai; perché sei povero, sei migrante, sei troppo giovane, sei buono, sei una donna. Griffith semina emozione a piene mani e mai si ritrae. Dall’Oriente, con quelle imbarcazioni che vanno a Londra, vediamo partire un giovane monaco cinese Cheng Huan (un grandioso Richard Barthelmess). Lo riscopriamo qualche anno dopo nella capitale inglese, nel quartiere portuale di Limehouse: ha perso ogni speranza di seminare una nuova fede, sopravvive con una misera bottega, e unica luce nei suoi occhi è quando vede passare la povera Lucy, figlia del brutale pugile Battling Burrows. Lei (un’immensa è indimenticabile Lilian Gish, ho fatto in tempo a inginocchiarmi davanti a lei e a ringraziarLa per questo film e per tutti gli altri che hanno reso bello il cinema) è un’adolescente timida e impaurita dal padre e dalla vita. Il padre (il grande Donald Crisp) la picchia con intrattenuta cattiveria e lei piange, cerca di sfuggirgli; lo accontenta facendo di se stessa un burattino, ed eterna è quando, per accontentarlo – lui la vuole sorridente – con due dita si tira le labbra a fare un sorriso, nella tragedia dell’infanzia tradita.

Dopo le ennesime botte, la giovane si ritrova a fuggire nella bottega del monaco, che decide di proteggerla e il suo guardarla è l’immensità dell’amore, di un amore casto, puro, essenza non possesso. Ma gli amici malevoli del padre avvertono l’uomo che la figlia è dal cinese: preso dalla rabbia, l’uomo va a riprendersi quel pacco di carne che chiama figlia e la massacra di botte; inutilmente il monaco cerca di salvarla, e improvvisa esplode anche in lui la rabbia e la barbarie, e uccide il vile che ha spenta la luce del suo amore. Poi la prende Lucy tra le braccia, la riporta nella sua misera bottega, la posa sul suo letto e si suicida, lontano le campane del suo monastero.

Questo è quello che si dice grande Cinema, quello che è la summa di un’Arte. Sì perché oggi forse ci siamo dimenticati che ci fu un tempo in cui il Cinema era chiamato la Settima Arte, e non era per caso, ma per una precisa ricerca da parte degli autori. Non di tutti chiaramente. Griffith ci ha lasciato un’eredità enorme, se non altro per i 520 titoli che ha girato. Non tutti comunque salvati dalle ingiurie del tempo, ma la maggior parte, se non capolavori, degni di essere visti e amati come questo ‘Broken Blossoms’.

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