Culture

L’indotto culturale ticinese vale milioni

Presentato il rapporto del Bak sull’impatto economico del settore culturale: ogni franco investito ne valeva, prima della pandemia, 2,58

Locarno film festival, Longlake e Moon&Stars responsabili del 68% del valore aggiunto (Ti-Press)
22 giugno 2021
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28 milioni di franchi di valore aggiunto generati direttamente dal settore culturale, ai quali si aggiungono 29 milioni di servizi, 32 milioni di effetti indiretti e 26 milioni legati al turismo: in totale, la cultura ticinese vale 115 milioni di franchi l’anno con oltre duemila posti di lavoro (equivalenti a tempo pieno). Detta altrimenti: per ogni franco di sussidi erogati da Confederazione, Cantone e Comuni vengono complessivamente generati 2,58 franchi di valore aggiunto. Questi, in sintesi, i risultati che dello studio che il Dipartimento delle finanze e dell’economia e il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport hanno commissionato al Bak Economics con lo scopo di valutare l’impatto economico delle principali attività culturali che si svolgono periodicamente in Canton Ticino. La Rsi ha parallelamente commissionato uno studio analogo per il Grigioni italiano, dove il valore aggiunto diretto è di 400mila franchi, con un rapporto rispetto alle sovvenzioni inferiore di circa il 20 per cento rispetto al Ticino a causa delle ridotte dimensioni delle istituzioni culturali grigionesi; i risultati saranno comunque presentati il prossimo ottobre durante l’assemblea della Pro Grigioni italiano.

Un valore complesso

Nel comunicato stampa si parla di “binomio vincente”, il consigliere di Stato Christian Vitta in conferenza stampa ha parlato di “connessione virtuosa”, ma il punto dal quale occorre partire è che economia e cultura sono due mondi lontani, come ha subito sottolineato il direttore del Decs Manuele Bertoli. A volte per pregiudizi, come il “con la cultura non si mangia” di certa politica: l’importanza di questa ricerca è appunto mostrare che la cultura è un settore economicamente importante e che le misure di sostegno alla cultura hanno ricadute non solo sugli operatori. Un dato interessante emerso dallo studio è che, dei 34 milioni di commissioni ad aziende esterne al settore della cultura – ad esempio per la costruzione di palchi o la stampa –, il 71% va a società ticinesi.

Ma il valore della cultura non si esaurisce in questi numeri. Lo studio, ha spiegato in conferenza stampa Marc Bros de Puechredon del Bak, si è infatti occupato delle ricadute quantificabili. Restando anche solo al settore turistico: gli eventi culturali non sono solo il motivo per cui una persona sceglie il Ticino come meta, ma contribuiscono a migliorare l’immagine di un luogo – si parla di ‘place branding’ – contribuendo quindi al numero di visitatori in maniera indiretta. Tuttavia a beneficiare della vita culturale di un luogo sono soprattutto i residenti, dal momento che – come ha ribadito Manuele Bertoli in conferenza stampa – la cultura è importante per il benessere delle persone e caratterizza una collettività. Parliamo di effetti positivi sulla qualità della vita, di stimolo alla creatività e all’innovazione e altri aspetti difficili da quantificare ma non per questo meno importanti.

Anche per questo il punto centrale rimane la qualità: «Se la cultura è fatta bene, se ha una forte qualità, allora ha un effetto economico importante: diffido un po’ degli eventi culturali costruiti esclusivamente per il turismo» ha precisato Bertoli. Il rapporto del Bak non dovrebbe quindi indirizzare il sostegno alla cultura che rimarrà incentrato sulla qualità (con tutti i problemi di valutazione già oggetto di discussioni in passato) e questo anche se il 68% del valore aggiunto lordo sia portato quelli che lo studio definisce i tre “eventi faro”: Locarno film festival, Longlake e Moon&Stars.

Diverso il discorso per il Dfe che ha ampliato l’offerta culturale all’interno di Ticino Ticket prolungando questo “progetto strategico per il turismo” fino al 2023, stanziando un importo di un milione di franchi.

La precaria situazione della pandemia

Lo studio è stato condotto, intervistando oltre seimila visitatori di istituzioni culturali, tra aprile 2019 e marzo 2020: prima della pandemia, quindi. I risultati sono quindi da interpretare come «una indicazione sui livelli ai quali la cultura potrebbe tornare, se misurata economicamente, dopo la pandemia» ha spiegato Marc Bros de Puechredon. Quando questo avverrà è difficile dirlo, vista anche l'importanza delle grandi istituzioni culturali e del settore musicale (responsabile di circa il 30 per cento del valore aggiunto), per i quali il ritorno alla normalità è particolarmente difficile.

La pandemia, ha spiegato Bertoli, ha anche messo maggiormente in evidenza un aspetto già noto: «La cultura in Ticino occupa molte persone, ma con una parte importante di precariato. In parte endemico perché siamo tra la passione, il volontariato e il professionalismo, ma in parte perché è un mondo che non ha sufficienti garanzie e su questo il nostro cantone e la Svizzera intera dovranno ragionare perché non è pensabile che un settore così importante viva in maniera così precaria».

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