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La sottile linea tra precarietà mestruale e studentesca

Un progetto pilota dell’Università di Ginevra distribuirà tamponi e assorbenti gratuiti per un anno. Alves (Sisa): ‘Un diritto, non un privilegio’

Uno dei sedici distributori installati dall’Università di Ginevra
(J. Erard/Unige)
14 settembre 2021
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«La difficoltà economica per donne e ragazze di accedere ai prodotti per l’igiene mestruale, anche nota come ‘period poverty’, è un tema di grande importanza che in Svizzera si sta cominciando ad affrontare in particolare nelle scuole dell’obbligo». Questa la reazione di Gloria Dagnino, responsabile scientifica del Servizio pari opportunità dell’Università della Svizzera italiana (Usi), in merito a un progetto pilota lanciato lo scorso 1° settembre dall’Università di Ginevra (Unige) per combattere la precarietà mestruale.

Ascoltare la comunità degli studenti

Attraverso quest’iniziativa, della durata di un anno e promossa dal Service égalité & diversité (Sed) dell’Unige, sono infatti stati collocati sedici distributori di prodotti igienici gratuiti in alcuni luoghi discreti e accessibili di cinque dei principali edifici dell’ateneo. I costi si attestano a 37 mila franchi per due semestri accademici.

Stando a Dagnino, «si tratta di un’idea interessante che risponde a una sollecitazione della comunità studentesca dell’Unige». In effetti, come emerge dal comunicato dell’ateneo romando, con questo progetto il Sed si è impegnato nei confronti di una necessità che “riguarda più del 62% degli studenti dell’istituzione”. Anche se per il momento all’Usi non sono previste iniziative analoghe, prosegue Dagnino, «il nostro Servizio pari opportunità, che tra l’altro dialoga e collabora da molti anni con il Sed, e tutti gli enti coinvolti nella vita studentesca restano in ascolto per recepire questo tipo di esigenze e, laddove possibile, anticiparle».

Una questione di uguaglianza e di salute pubblica

Alla base del progetto ginevrino vi è dunque una questione di uguaglianza e di salute pubblica. La decisione d’installare questi distributori, ha spiegato infatti la direttrice del Sed Juliette Labarthe è dettata dal fatto che “la maggior parte delle persone che frequentano l’Unige sono giovani e in formazione, cioè senza reddito. L’uso di prodotti mestruali dovrebbe essere accessibile a tutti, non un lusso”.

Tutte buone ragioni secondo Rudi Alves, coordinatore del Sindacato indipendente degli studenti e apprendisti (Sisa), che ritiene si tratti «sicuramente di un’iniziativa da espandere al di fuori dei confini ginevrini, oltre che nelle università, anche negli istituti secondari. Chi frequenta le scuole medie e le scuole medie superiori spesso si trova in un periodo in cui si ha a che fare per la prima volta con le mestruazioni. Possono dunque crearsi quelle situazioni di disagio tipiche di quell’età. Comunque sia, non stiamo parlando di un progetto impossibile da attuare, anche perché in alcune scuole pubbliche di altri Cantoni è già una realtà. In tal senso, anche noi come Sisa avevamo rivendicato già tempo fa l’introduzione di tamponi e assorbenti gratuiti nelle sedi di formazione secondaria».

Le università dispongono però di un margine di manovra più ampio rispetto agli istituti cantonali: «Partire dalle scuole terziarie – continua Alves – potrebbe aiutare a fare quel clic parlandone pubblicamente e contribuendo a cambiare mentalità, cosicché si capisca quanto di fatto prendersi cura di sé stessi e del proprio corpo debba essere un diritto e non un privilegio».

Alves evoca poi come assorbenti e tamponi siano tassati al pari di beni di lusso: «Nonostante il Consiglio nazionale abbia approvato la proposta di considerarli come beni di prima necessità abbassandone l’imposta sul valore aggiunto (Iva) al 2,5%, attualmente questi prodotti igienici per le mestruazioni sono ancora soggetti a un’Iva del 7,7% (la revisione della cosiddetta ‘aliquota Iva per i prodotti destinati all’igiene intima femminile’ è tuttora in corso, il Consiglio degli Stati non si è ancora pronunciato in merito, ndr)».

‘Incertezza è instabilità, purtroppo una realtà’

In questo contesto, per l’Università di Ginevra la pandemia ha messo in evidenza la precarietà in cui vivono alcuni studenti, a volte privi di reddito durante la loro carriera accademica. Tendenza registrata anche all’ateneo ticinese, come osserva Dagnino. «Per quanto riguarda le difficoltà economiche che hanno colpito tante famiglie a seguito della crisi sanitaria, nel 2020 l’Usi si è mobilitata con le borse di solidarietà: 95 studenti e studentesse hanno beneficiato di un fondo costituito grazie ai contributi di chi lavora presso il nostro ateneo e a donatori esterni».

Alves conferma che pure il Sisa è stato sollecitato da studenti in situazioni complicate. «Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni relative alle borse di studio. Infatti, vista la mutata situazione finanziaria a causa del lavoro ridotto, dei licenziamenti e via dicendo, avevamo chiesto al Cantone d’intervenire e di aprire uno sportello legato all’aiuto allo studio a cui riferirsi per ricevere più rapidamente un cambio del calcolo per l’ottenimento di queste sovvenzioni. Peraltro, siamo a conoscenza di alcuni studenti che hanno dovuto abbandonare il proprio percorso accademico perché non erano in grado di sopperire ai costi rimasti invariati, al netto di entrate drasticamente inferiori. Questa è purtroppo una realtà», evoca il coordinatore del sindacato.

Tornando al tema della distribuzione gratuita di prodotti mestruali, Alves considera che «un altro indicatore di quanto sia urgente rendere questo tipo di servizio di prima necessità un diritto accessibile a tutti è che circa tre quarti degli studenti esercita un’attività lavorativa parallela agli studi, la cui rimunerazione costituisce il 39% delle loro entrate mensili. Questi dati ci mostrano quanto sia importante per uno studente trovare fonti di guadagno alternative per poter finanziare la propria formazione. Esigenza che però aumenta la precarietà tra studio, lavoro e accessibilità e tutta una serie di servizi che di base dovrebbero essere universali».

La precarietà mestruale si inserisce quindi secondo Alves in una problematica più ampia. «Parlo dell’incertezza e instabilità che troppo spesso caratterizzano i percorsi accademici dei giovani e che comportano l’emergere di numerose faccende difficili da affrontare, come tra l’altro l’indebitamento giovanile. L’estensione dell’accesso gratuito a tamponi e assorbenti dovrebbe essere ricalcato anche su altre tematiche: trasporto pubblico e alloggio sono due esempi di servizi essenziali che devono essere garantiti per portare avanti la propria vita studentesca dignitosamente. Ci sono dunque numerose questioni che dovrebbero essere affrontate maggiormente affinché la precarietà studentesca in generale venga meno».

Rompere un tabù

L’iniziativa dell’Unige mira inoltre anche a rompere e mettere in discussione il tabù delle mestruazioni. Riferendosi a questa problematica e pensando alla pandemia, Alves afferma che «parlare di certi argomenti legati alla sfera intima e sessuale resta tutt’oggi difficoltoso. È assurdo che non si possa affrontare apertamente un fatto così importante nella vita di più della metà della popolazione, il che mette in evidenza quanto ancora sia necessario fare dei passi avanti. Non dimentichiamoci però che le disuguaglianze sociali esistevano e persisteranno anche dopo l’emergenza sanitaria. Perciò è necessario che nelle scuole questo tipo di servizio venga inserito proprio per andare a contrastare l’accesso diseguale alla cura di sé».

Sollecitato anche il Consiglio di Stato ticinese

Sul tema, è stata presentata ieri dalla deputata verde Cristina Gardenghi un’interrogazione al Consiglio di Stato. Insieme a lei, altri cinque cofirmatari verdi e un’esponente del Partito socialista. Prendendo spunto da un progetto pilota ideato dal Dipartimento dell’educazione, gioventù e cultura del Canton Vaud che, dallo scorso 2 giugno, prevede la distribuzione gratuita di prodotti igienici per le mestruazioni in 52 stabilimenti scolastici pubblici, l’interrogazione sollecita il Governo sulla situazione in Ticino in merito al fenomeno della precarietà mestruale. A tal proposito, i sette deputati mirano a fare chiarezza sull’offerta attuale di queste risorse igieniche negli istituti scolastici, ospedali e stabili pubblici del Cantone, ma anche a capire se l’iniziativa potrebbe essere implementata in queste strutture. Un altro punto per il quale sono richieste delle precisazioni riguarda un’eventuale strategia di sensibilizzazione da parte del Consiglio di Stato sull’argomento in quanto tale, sulla garanzia di accesso a prodotti sanitari adeguati e sull’utilizzo di protezioni igieniche più sostenibili, come la coppetta mestruale o gli assorbenti lavabili.

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