laR+ I Mondiali dal divano

Il Marocco, la Pulce e lo scettro perduto di CR7

Quarti di finale strepitosi ci hanno regalato storie, spunti e semifinali dalle molteplici implicazioni

12 dicembre 2022
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Tutto mi sarei aspettato da questo Mondiale così anomalo tranne che potesse riservarci i quarti di finale più belli e sorprendenti in assoluto. O almeno degli ultimi quarantaquattro anni, da quando cioè ho memoria diretta del torneo. L’impresa del Marocco è certamente la più significativa dal punto di vista storico. Buttando fuori il Portogallo, i magrebini hanno infatti finalmente offerto all’Africa la sua prima semifinale. Figli e nipoti della diaspora marocchina si sono presi la scena prevalendo su Nazionali di Paesi con cui hanno da tempo relazioni delicate – come Belgio e Spagna – regalando gioia e riscatto ai propri tifosi in patria e ovunque in Europa. E ora destino e tabellone presentano loro la chance di ripetersi contro l’avversario più amato e odiato, quella Francia matrigna ed ex padrona con cui restano, a ogni livello, molteplici questioni irrisolte.

Il successo nordafricano sui lusitani ha inoltre privato del sogno più grande ciò che resta di Cristiano Ronaldo, conducator che con gli anni è andato perdendo la leadership.

La sua antipatia – tipica di chi da sempre è in lotta col mondo e con se stesso – crescendo in modo inversamente proporzionale al livello delle sue prestazioni in campo si è fatta ormai intollerabile. Che il portoghese stia in punta ai critici conta poco, ovvio: il problema è che non lo regge più nessuno nemmeno nello spogliatoio, e con queste premesse andar lontano diventa impossibile. Finché stravinci contro la Svizzera, infatti, da allenatore puoi pure permetterti di lasciare l’ex sovrano in panchina e ignorare le sue smorfie poco virili. Ma se poi vai a sbattere contro il muro marocchino, sei costretto dalla Storia a fargli giocare almeno mezza partita, pur sapendo che il caudillo ha ormai perso la brillantezza e il consenso di cui godeva una volta. Chi invece al contrario – grazie a scelte più conservative e intelligenti – col tempo leader lo è diventato sempre di più è Lionel Messi, che durante e dopo l’epica battaglia contro l’Olanda abbiamo visto andare a muso duro contro arbitri dal metro ballerino, avversari troppo esaltati e allenatori dall’autostima esagerata. Finalmente pìcaro quasi come Diego, il rosarino sente attorno a sé quella fiducia totale da parte dei compagni che fin qui gli era sempre mancata. Oggi Leo gioca con ragazzi che hanno 15 anni meno di lui, cresciuti col mito di Messi, devoti alla sua causa e alla sua figura. Nel passato, invece, aveva dovuto coesistere con gente sua coetanea – o più anziana – comprensibilmente invidiosa della sua grandezza e dei suoi guadagni e che nemmeno lo considerava un vero argentino, essendosene andato dal Paese quando era ancora bambino.

Confesso che la semifinale fra Messi e Modric – simbolo della piccola Croazia capace di cancellare un colosso demografico come il Brasile – è quanto di meglio potessi attendermi. I pentacampioni, come fanno sempre davanti a un avversario che sappia minimamente difendersi, si sono dimostrati impotenti. Leziosità, fragilità di nervi e immancabili lacrimucce, oltre a un allenatore più superstizioso di un torero che si eclissa – praticamente disertando – nel cruciale momento dei rigori, hanno determinato l’ennesima eliminazione prematura dei verdeoro. I quali saranno pure i più vincenti nella storia del torneo, ma non va dimenticato che tre dei loro cinque titoli iridati risalgono al Medioevo e che, nella seconda metà dell’ultranovantenne storia dei Mondiali, i successi che possono vantare sono soltanto due, vale a dire come tedeschi, argentini, italiani e francesi.

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