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‘A Zugo ho commesso uno stupido errore. Ma non si ripeterà’

Petr Cajka e l'Ambrì Piotta venerdì tornano alla Bossard Arena cercando quell'exploit solo sfiorato a inizio mese

All'attivo una rete con la maglia biancoblù, nel derby del 7 marzo (Keystone)
17 marzo 2021
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La Svizzera la conosce in lungo e in largo. Perché Petr Cajka l'ha praticamente girata tutta, da nord a sud, e da est a ovest. Arrivato dalla Cechia nella stagione 2014/15, allora 13enne, ha prima completato la sua trafila nelle giovanili vestendo le maglie di Oberthurgau, Rapperswil e Zugo, dove poi, nella stagione 2017/18 ha fatto il suo esordio nel campionato cadetto. Tutto questo prima di tentare la fortuna in Nordamerica, dove ha giocato per un anno con gli Erie Otters (Ohl). Al suo ritorno in Svizzera è approdato alle Vernets, facendo la spola tra gli Juniores Elite e la prima squadra. Da Ginevra, la scorsa estate, è approdato a Losanna, club che l'ha però quasi subito girato in prestito ai Rockets.

Nel canton Vaud ci è poi tornato in febbraio, per rinforzare un organico falcidiato dalle parecchie assenze. Solo due le sfide giocate con i romandi (fra cui una contro i biancoblù), prima del suo ritorno in Ticino. A Biasca per una partita, e poi con la maglia dell'Ambrì Piotta, che l'ha ingaggiato fino al termine della corrente stagione. Insomma, un bel periplo per tutta la Svizzera... «Effettivamente la mia non è quella che si potrebbe definire una storia normale: giocare per tre squadre diverse nella medesima stagione non è certo cosa di tutti i giorni – conferma il 20enne attaccante originario di Kadan –. D'altro canto è così che vanno le cose, soprattutto per un giovane... Quando sono approdato a Losanna in estate mi ero persuaso che avrei giocato lì per tutta la stagione. Ma le cose sono andate diversamente, e sono stato dirottato in Ticino. Per me questa è comunque stata una bella opportunità, perché a Biasca, con i Rockets, ho potuto maturare il mio hockey, crescere e fare un po' di esperienza. In fondo questa è la mia prima stagione piena fra gli attivi. È vero che a Losanna ci sono poi tornato per due partite in febbraio, ma al di là di questa parentesi i dirigenti sono stati piuttosto chiari con me, dicendomi che non rientravo nei piani futuri del club. Questo mi ha portato a guardarmi in giro. E il fatto che già giocassi con i Rockets, partnerteam dell'Ambrì Piotta, è stato una sorta di assist per il mio passaggio alla Valascia». Dove sei arrivato portando in dote il casco giallo di topscorer dei biaschesi (10 reti e 14 assist in 35 partite), poi ereditato da Loïc Vedova, e dove alla settima partita con la maglia biancoblù hai festeggiato la tua prima rete agli ordini di Luca Cereda. Nel primo dei due derby ravvicinati giocati alla Valascia. «Quella rete per me è stata un gran sollievo! Certo, con i Rockets ne avevo già segnate diverse, ma quando sono arrivato qui, alla Valascia, mi sono ritrovato catapultato in una realtà ben diversa da quella del campionato di Swiss League. Anche perché a Biasca avevo un ruolo differente sullo scacchiere di Landry. Lì ero un giocatore da prima linea, mentre qui il compito primario del mio blocco non è propriamente quello di segnare a tutti i costi. Eppoi a Biasca ero al centro, mentre qui Cereda mi impiega spesso all'ala, ruolo in cui non giocavo più da anni. Ma sono comunque contento di essere gia riuscito a trovare la via del gol dopo poche partite; mi ha dato piu fiducia nei miei mezzi. Peccato solo che non sia bastato per vincere... Ad ogni modo adesso fa parte del passato: ora devo cercarne altre di reti».

Contento di aver fatto la mia parte con i Rockets

È più importante quel gol segnato al Lugano o i dieci messi a segno con la maglia dei Rockets? «Beh, quella del derby è stata una rete importante soprattutto sul piano personale, mentre quelle contabilizzate con i Rockets sono state importanti per l'economia della squadra. Sono contento di aver fatto la mia parte nella rincorsa a un posto nei pre-playoff, e ancora di più di sapere che Landry e i suoi ragazzi alla fine siano riusciti a raggiungerlo quell'obiettivo. A inizio stagione erano in pochi a credere nella possibilità che i Rockets ce l'avrebbero fatta; sulla carta eravamo forse la squadra tecnicamente meno dotata, ma sull'arco della stagione abbiamo avuto modo di far ricredere chi ci guardava con scetticismo, mettendo in difficoltà anche gli squadroni come il Kloten».

Sebbene la sua nuova ‘casa’ sia diventata la Valascia, un occhio l'ha sempre tenuto puntato sui risultati degli ormai suoi ex compagni: «E, per quanto possibile, ho continuato a seguire le partite alla BiascArena, unendomi alla festa dei giocatori nello spogliatoio dopo le vittorie. In questi mesi siamo diventati quasi come una famiglia, un legame che sento forte pure ora che il mio presente è altrove. Anche perché anagraficamente, a parte forse Lauper e pochi altri, siamo tutti lì con l'età».

Ma adesso, appunto, la tua realtà si chiama Ambrì. Un Ambrì che domani sarà di scena a Zugo per una sorta di rivincita della sfida di inizio marzo, quando dopo una generosa prova, i biancoblù uscirono sconfitti. Complice anche una tua penalità nel finale... «Mentirei se dicessi che non ho ripensato a quella partita e a quell'episodio. Volevo riprendere il disco e ho finito per sgambettare l'avversario: è stato un errore stupido, soprattutto perché a poco dal sessantesimo... Ma ho imparato la lezione: non succederà più in futuro».

Il contratto che ti lega all'Ambri scadrà a fine stagione. E poi? Dove ti vedi tra un anno? «Non so ancora, vedremo... Ora come ora l'importante è chiudere bene questa stagione e poi preparami al meglio durante l'estate. Lavorando soprattutto sulla muscolatura, perché per giocare in National League ho bisogno di più massa corporea».

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