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Italia-Svizzera, sognar fa rima con Qatar

Domani a Roma la Nati si gioca un pezzo di Mondiale in uno scontro diretto da brividi, come già capitato in altre occasioni negli ultimi 28 anni

11 novembre 2021
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Lisbona, Berna, Dublino, Basilea, Porto. Non è un nuovo episodio della Casa di Carta, anche se quello che la Svizzera si è giocata in ognuna di queste città, sportivamente parlando valeva decisamente oro. Sì perché le località elencate rappresentano tutte un crocevia fondamentale sulla strada della nazionale rossocrociata verso un grande appuntamento. In particolare, è dove la Nati ha disputato degli scontri diretti nelle ultime due giornate della fase a gironi delle qualificazioni mondiali o europee (quindi spareggi esclusi) negli ultimi 28 anni, ossia dal ritorno alla rassegna iridata nel 1994.

Già, delle finalissime, proprio come quella di domani a Roma, dove la selezione di Murat Yakin si giocherà contro l’Italia buona parte delle sue possibilità di chiudere al primo posto il girone C e quindi di qualificarsi direttamente per il Mondiale in programma il prossimo anno in Qatar, evitando il sempre insidioso spareggio riservato alla seconda classificata. Le due formazioni a due turni dalla conclusione (lunedì la Svizzera riceverà a Lucerna la Bulgaria, gli Azzurri si recheranno in Irlanda del Nord) sono infatti appaiate al comando della classifica con 14 punti, con la differenza reti (primo criterio per dividere due compagini con lo stesso punteggio) al momento favorevole ai campioni d’Europa di due gol (quelli segnati in più, 12 contro 10, che tra l’altro rappresenta anche la seconda discriminante in caso di parità).

Come dire che accada quel che accada all’Olimpico, non ci saranno verdetti definitivi prima dell’ultima giornata, anche se è chiaro che un successo di una delle due squadre indirizzerebbe in maniera forse insovvertibile i destini del gruppo C, visto che a quel momento alla vincitrice basterebbe un punto nell’impegno conclusivo (o il mancato successo dell’avversario) per volare nel Golfo Persico. Un pareggio e in particolare lo 0-0 (ossia lo stesso risultato emerso nella prima sfida tra “cugini” dello scorso settembre al St. Jacob-Park) invece lascerebbe tutto apertissimo, con il citato vantaggio legato alle due reti in più realizzate che appare troppo risicato per far dormire sonni tranquilli a Chiesa e compagni, alla luce come detto di una trasferta insidiosa a Belfast contro l’impegno casalingo per i rossocrociati.

Un pareggio più ‘accettabile’ per gli elvetici

Ecco perché in casa Italia una vittoria contro la Svizzera è forse l’unico risultato davvero accettabile, pena di ritrovarsi a giocarsi tutto in Irlanda del Nord con la testa assillata dai fantasmi del 2017, quando dopo aver chiuso il girone alle spalle della Spagna, il doppio playoff con la Svezia era costato agli uomini di Ventura la mancata partecipazione, per la terza volta nella loro storia, alla Coppa del mondo in Russia. Per contro un pari non sarebbe un risultato da disdegnare per gli svizzeri – che non vuol dire scendere in campo per quello –, a maggior ragione se non a reti inviolate. Sì perché in caso di stessa differenza gol e identico numero di reti realizzate negli scontri diretti, sarebbero le marcature trovate in trasferta (sempre nei confronti diretti) a contare. E ricordiamo lo 0-0 dell’andata su suolo elvetico. Dovesse anche quest’ultimo criterio coincidere, a quel punto entrerebbe in gioco la classifica fair play e infine il sorteggio.

Stiamo già guardando troppo in là? No, perché per quanto Italia-Svizzera rappresenti sempre una sfida di prestigio in particolare per gli elvetici, addirittura un derby per i ticinesi; per quanto ci sia uno 0-3 imbarazzante subito ai recenti Europei proprio all’Olimpico da vendicare; per quanto in casa rossocrociata si sogna di interrompere un digiuno di vittorie che contro i vicini della Penisola dura da ormai una vita, bisogna mettere da parte tutte queste emozioni e focalizzarsi sull’unica cosa che conta davvero, la qualificazione alla fase finale dei Mondiali del 2022, la quinta consecutiva. Ed essere pronti pure a fare qualche calcolo, visto che tale obiettivo passa anche dalle variabili elencate in precedenza.

A centrocampo le scelte chiave

Ecco quindi che le scelte di Murat Yakin – limitate dalle pesanti assenze degli infortunati Xhaka, Seferovic, Embolo, Zuber, Fassnacht ed Elvedi (a cui fanno da contraltare quelle di Verratti, Spinazzola, Pellegrini, Zaniolo, Immobile e Chiellini tra i nostri avversari) – daranno già un segnale del tipo di partita che vorrà proporre la Svizzera, al di là delle dichiarazioni di rito. In particolare, posto che a prendere il posto di Elvedi nella difesa a quattro dovrebbe essere Schär e Widmer sembra favorito su Mbabu a destra, molto ruota attorno al centrocampo, da disegnare a due, a tre affiancando a Freuler e Zakaria uno tra Sow, Frei e Aebischer (con questi ultimi due che molto bene avevano fatto all’andata), se non persino a quattro, con a quel punto il ballottaggio tra Vargas (più offensivo) e Garcia (più difensivo). Davanti per pungere sarà imprescindibile lo Shaqiri dei tempi migliori (lui che aveva saltato per la forma carente il match di settembre ma che nel frattempo è tornato a giocare a Lione), che difficilmente verrà spostato dall’asse centrale e che potrebbe quindi venir fiancheggiato (da falso nove) da Steffen e dallo stesso Vargas, con un occhio anche a Okafor, in grande forma con il Salisburgo e leggermente favorito su Gavranovic anche per l’infortunio al piede che negli scorsi giorni ha dato fastidio al ticinese.

Il cuore sopra la tattica, per queste ‘finali’

Quel che è certo è che, a prescindere dagli aspetti tattici, nella bolgia dell’Olimpico – esauriti i 52 mila biglietti disponibili, ossia due terzi della capienza dello stadio (i tifosi elvetici dovrebbero essere circa 1500) – ai rossocrociati serviranno tutte le qualità che non avevano mostrato proprio nella capitale italiana lo scorso 16 giugno ma che avevano poi ritrovato nel prosieguo dell’Euro e che li avevano portati a sfiorare le semifinali: voglia di lottare, di soffrire, solidarietà, corsa, concentrazione, carattere e chi più ne ha più ne metta. Elementi imprescindibili, per vincere le “finali”.

Come quelle citate all’inizio: a Lisbona nel 2017 non andò proprio bene, con la Nati di Petkovic che dopo essere arrivata allo scontro diretto dell’ultima giornata contro Cristiano Ronaldo e compagni con tre punti di margine e nove vittorie in altrettante partite, si inchinò 2-0 in un match a senso unico venendo relegata al secondo posto dalla differenza reti, dovendo così passare dallo scoglio del doppio spareggio (superato a fatica) con l’Irlanda del Nord per accedere ai Mondiali in Russia. Copione simile nel 2005, quando la Svizzera di Köbi Kuhn si guadagnò un posto alla rassegna iridata in Germania nell’inferno di Istanbul dopo che alla penultima giornata del gruppo 4 delle qualificazioni non era andata oltre all’1-1 nella partitissima del Wankdorf con la Francia, prima di garantirsi perlomeno il secondo rango andando a pareggiare 0-0 a Dublino in un altro duello diretto. Irlanda che si era già inchinata ad Hakan Yakin (in gol nel 2-0 di Basilea) e compagni nella sfida da dentro o fuori dell’ultima giornata delle qualifiche a Euro 2004. Infine nella corsa a Usa ‘94 il ko di Porto (1-0) nel penultimo turno fu indolore, con gli elvetici (secondi) accompagnati oltre Oceano proprio dall’Italia, prima grazie al successo sul Portogallo nello scontro diretto finale.

Tra l’altro nella campagna di qualificazione che ancora oggi porta in dote l’ultimo successo elvetico sugli Azzurri: l’1-0 firmato Marc Hottiger il primo maggio di 28 anni fa. Decisamente troppo tempo. E quale occasione migliore per sognar, se non stavolta che fa pure rima con Qatar...

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