Calcio

'Basta un... fischio e noi ci siamo'

L'arbitro ticinese di Super League Luca Piccolo ci racconta come sta vivendo lo stop forzato tra allenamenti casalinghi e test Var a distanza. E sull'eventuale ripresa...

9 maggio 2020
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I due principali campionati svizzeri di calcio potrebbero riprendere presto senza spettatori, ma non certo senza arbitri. Il condizionale è più che d’obbligo visto che da lunedì le squadre professionistiche potranno ricominciare ad allenarsi ma sull’eventuale ripartenza dall’8 giugno di Super e Challenge League il Consiglio federale si esprimerà solo il 27 maggio, intanto però un po’ come i calciatori anche i “fischietti” svizzeri in queste settimane di stop forzato non hanno smesso di prepararsi. Tra di loro anche il ticinese Luca Piccolo, che proprio quest’anno ha esordito nell’élite del calcio rossocrociato.

«Di sicuro mi ricorderò per sempre di questa stagione, che per ora definirei breve ma intensa - ci racconta il 27enne di Bellinzona, il quale dopo il debutto dello scorso 5 ottobre in Thun-Lucerna (0-2) ha diretto altri tre incontri della massima serie elvetica, che tra l’altro quest’anno ha visto anche l’esordio della tecnologia Var -. Il bilancio sportivo è comunque positivo, mi sono immerso bene nella nuova realtà, trovandomi a mio agio sia nella gestione del Var sia nel confronto con i giocatori, dai quali ho ricevuto subito rispetto. Sono anche riuscito, come mi ero imposto, a migliorare in alcuni aspetti come ad esempio l’esplosività e la posizione in campo. Ora sarebbe stato il momento di consolidare il tutto, purtroppo siamo fermi e questa fase è rimandata, ma in generale sono soddisfatto della mia stagione».

Una stagione che è in standby ormai da circa due mesi (Sion-Xamax del 15 febbraio l’ultima sfida che ha diretto Piccolo)… «Fare l’arbitro per me è in primis una passione, per cui inevitabilmente un certo vuoto questo stop lo ha lasciato, a livello di emozioni qualcosa manca quando si avvicina un weekend senza partite, così come è più difficile trovare gli stimoli per allenarsi non avendo l’obiettivo delle partite da dirigere a breve termine. È una situazione che solitamente si presenta durante le pause del campionato, ma evidentemente in questo caso il contesto è ben diverso e non nascondo che il campo e l’adrenalina dei match mi mancano particolarmente. In generale comunque ho cercato di vedere anche gli aspetti positivi di questo “lockdown” e anche se sono stato molto impegnato a livello professionale - visto che in questa situazione la fiduciaria per cui lavoro (all’80 per cento, ndr) è stata molto sollecitata -, ho cercato di sfruttare il tempo per fare quelle cose per le quali solitamente si fatica a trovarne. E per stare con la mia ragazza. In questo modo sono riuscito a rendere meno pesante la “reclusione”».

Allenamenti fisici e "scuola" a distanza

Senza dimenticare l’allenamento, atletico (ad alti livelli un arbitro percorre in media tra i 10 e i 13 chilometri in una partita) ma non solo… «Ogni arbitro ha ricevuto dalla sezione arbitrale dell’Associazione svizzera di calcio un programma di allenamento personalizzato e adattato all’emergenza Coronavirus. Come tutti gli sportivi ho dovuto arrangiarmi anche io, ad esempio svolgendo allenamenti di forza utilizzando un po’ quello che avevo a disposizione a casa, dalle sedie ad altri oggetti. Per contro abitando alle Semine ho la fortuna di avere a due passi il percorso vita e ne ho approfittato parecchio, riuscendo così a eseguire praticamente tutto il programma e a rimanere in forma. C’è poi la parte meno sportiva e più teorica, presente già prima ma che in questo contesto è stata implementata. Ad esempio una o due volte a settimana siamo stati sottoposti a dei test a distanza, in sostanza otto scene video di gioco da analizzare dapprima a livello di teoria (fallo sì o no, eventuale vantaggio, cartellino giallo o rosso, e così via) e poi relativamente a un intervento (o meno) del Var. Oltre a ciò, abbiamo seguito regolarmente delle lezioni online, per cui penso proprio che noi arbitri saremmo pronti a ricominciare anche domani».

Un domani che come detto nella migliore delle ipotesi significa via libera dall’8 giugno, anche se l’ok delle autorità federali non si tradurrebbe automaticamente nella ripartenza visto che non tutti i club pensano che finire la stagione sia una buona idea (in particolare Lugano e Sion)... «Evidentemente prima di tutto viene la salute delle persone coinvolte, ma il campo mi manca e come detto in questi mesi mi sono preparato, per cui se dovesse essere il caso sarò pronto a tornare ad arbitrare».

Senza pubblico più silenzio ma meno emozioni

Un’eventualità quella di fischiare una partita a porte chiuse che rappresenterebbe una prima per il direttore di gara di casa nostra… «Effettivamente non mi è mai capitato ma dai racconti dei colleghi so che è un’esperienza molto strana e in generale tutt’altro che entusiasmante. Poi ognuno la può vivere in maniera diversa, ma ad esempio io mi carico davanti a tanta gente, è un ulteriore stimolo a fare bene e non una fonte di pressione negativa. Però riconosco che c’è una parte oggettiva legata ad esempio al poter sentire meglio i contatti o quello che ti dicono i giocatori e gli allenatori che potrebbe facilitare il nostro compito. Ricordo ad esempio che in una delle ultime partite di Serie A giocata a porte chiuse tra Juventus e Inter il portiere di riserva dei nerazzurri è stato espulso dalla panchina per delle proteste che con il pubblico molto probabilmente sarebbero passate inosservate. In ogni caso, pubblico o no, speriamo di poter tornare presto in campo».

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