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Novanta centimetri sopra il pelo dell’acqua. Fino a Parigi

Il progetto olimpico dei velisti ticinesi Matteo Benz ed Elia Colombo, che sognano le Olimpiadi sopra un IqFoil. ‘Diciamo che è nato tutto per gioco’

Un sogno a cinque cerchi
(Ti-Press/Crinari)
14 aprile 2022
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Lugano – «Pensate a un aereo, e immaginate le due ali che danno portanza e la altre due piazzate in fondo che servono da stabilizzatore. È quella parte, costantemente sott’acqua, a farci volare. La tavola, infatti – aggiunge Matteo Benz – è semplicemente dove appoggiamo i piedi». È questo l’IqFoil. Il diretto discendente di quel windsurf che iniziò a spopolare negli anni Ottanta, e che dalle Olimpiadi di Parigi tra due anni manderà le tavole tradizionali in pensione. Ai Giochi, almeno. Dove, appunto, Matteo Benz spera di metter piede assieme al suo più sperimentato collega, il ventiseienne Elia Colombo. «Diciamo che tutto era nato per gioco» racconta il velista nato e cresciuto ad Arosio, studente all’Uni di Losanna con la passione per le onde ereditata dal padre. «Da piccolo giocavo a calcio, poi ho capito che il windsurf era molto meglio (ride, ndr). Finché ho conosciuto altri ragazzi, come Elia appunto. Avevo quindici anni, e in quel gruppetto di sette, otto ero il bambino che provava a imitare gli altri. Elia invece ha molta più esperienza: è stato lui a spingermi, a insegnarmi i trucchetti».

Quando nel mondo della vela hanno cominciato a spopolare i foil, le appendici che, appunto, permettono alle imbarcazioni di planare, il windsurf a sua volta ha subito una trasformazione. E Matteo ed Elia l’hanno abbracciata. «Diciamo che a quel punto abbiamo aumentato il nostro livello agonistico, e ora in Svizzera siamo i più forti. Credo che specialmente sul piano dell’immagine non sia male per il Circolo velico Lago di Lugano avere due atleti formati sul Ceresio che fanno parte dei quadri olimpici di Swiss Sailing».

Così la strada verso Parigi s’è tracciata da sola. «In precedenza avevo sì fatto delle regate, in Svizzera come in Italia, ma erano prove amatoriali, quindi il livello era basso. Ma quando io ed Elia siamo passati alle regate internazionali, dove c’è gente che fa quello di lavoro, seguita da allenatori e preparatori mentre noi non avevamo nulla, tipo che per fare una regata in Polonia dovevamo caricare le cose in macchina e metterci al volante, e nonostante ciò riuscivamo comunque a ottenere risultati buoni o discreti, ci siam detti: ‘Perché non provarci?’».

Il sogno olimpico però ha un prezzo. «Abbiamo diversi sostenitori, che nel mio caso sono il Cvll, la Federazione ticinese di vela, lo Sport Toto, il cui sostegno finanziario mi permette di portare avanti questo progetto. Poi c’è Swiss Sailing, che ci mette a disposizione un allenatore per un tot di giorni all’anno, cosa che noi non potremmo permetterci, mettendoci a disposizione le infrastrutture del Centro nazionale di performance a Losanna, dove ci sono preparatori, massaggiatori, dietologi eccetera».

Il mondo vecchio e il mondo nuovo

Il vecchio Rs:X, windsurf scelto a suo tempo dalla Federvela internazionale per il programma olimpico, è finito in soffitta dopo gli ultimi Giochi: un cambiamento drastico, passare da una tavola che taglia le onde a un’altra che vola. «Io sono arrivato ai foil senza passare dall’Rs:X, bensì dalle regate tradizionali di classi non olimpiche, perché in verità ce ne sono tante altre – spiega Benz –. I foil nel windsurf sono arrivati nel 2017, quando ancora l’Rs:X andava per la maggiore, ma i primi esemplari oltre che essere brutti erano anche poco performanti. Da allora ne è stata fatta di strada: all’inizio erano realizzati in alluminio, poi si è passati al carbonio, e lo sviluppo è in continua evoluzione. Ora si va più veloci e si plana prima».

L’evoluzione irreversibile. «È stata proprio quella a spingere affinché ci fosse un cambiamento a livello olimpico, passando dall’Rs:X all’IqFoil. Infatti di volta in volta si procede a votazioni per decidere se una classe verrà mantenuta o no: ad esempio, il Finn (imbarcazione che faceva parte del programma addirittura dal 1952, ndr) dai Giochi di Tokyo non è più considerata classe olimpica».

Ma non chiamatela moda. «I foil non sono assolutamente una moda. Se penso alle condizioni che ci sono qua a Lugano, dove spesso il vento è debole, con l’IqFoil ci si diverte di più. Infatti basta poco vento per volare».

E planare e volare sono sinonimi, ormai. Fino a novanta centimetri sopra il pelo dell’acqua, con rotta su Parigi.

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