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Crisi Covid, gli effetti collaterali dureranno a lungo

Saranno certamente i consumi interni a spingere la ripresa economica, ma non basteranno a compensare quanto perso durante la lunga pandemia

(Archivio Ti-Press)

Domani conosceremo le decisioni del Consiglio federale sulla strategia che verrà attuata per tentare di dare alla cittadinanza, demoralizzata da un anno di pandemia e da una serie di limitazioni alle libertà individuali, una prospettiva di ritorno alla normalità. Nessuno si fa troppe illusioni, però. Con i dati delle infezioni in aumento, cresce anche la probabilità di un film già visto lo scorso anno: Pasqua tra le mura domestiche, al massimo in giardino per chi ce l’ha. Eppure la ripresa economica è legata a doppio filo da una parte alla campagna di vaccinazione in corso e dall’altra all’allentamento delle misure di contenimento del virus che dovrebbero andare di pari passo con il miglioramento della situazione sanitaria. 

Che ci sia voglia di buttarsi alle spalle questo periodo anomalo è quasi tangibile fisicamente. Basta vedere come i centri commerciali siano tornati a riempirsi di persone appena hanno potuto, pur con tante cautele, accogliere nuovamente i clienti. Oppure il boom repentino di prenotazioni turistiche dalla Svizzera verso la Spagna e il Portogallo, paesi appena usciti dalle liste delle zone a rischio della Confederazione. La stessa cosa potrebbe accadere – anzi, sicuramente accadrà – con la riaperture di bar, ristoranti e luoghi di svago. Insomma, il desiderio di riappropriarsi di riti quasi dimenticati e agognati, come l’aperitivo, la pizza fuori con la famiglia o una serata a teatro o al cinema, una gita fuori porta, potrebbe dare carburante ai consumi interni per troppo tempo repressi. La stessa dinamica dovrebbe registrarsi anche fuori dai confini svizzeri. 

Questo dinamismo, però, non permetterà di recuperare quanto perso in questi mesi. Non in tutti i settori economici, perlomeno, e quindi bisognerà attendere la fine definitiva della crisi sanitaria per capire a quanto ammonteranno i danni in termini di fallimenti e maggiori licenziamenti: la fattura sociale sarà molto probabilmente elevata.

Intanto, stando agli economisti del Credit Suisse, le prospettive economiche sono positive, tanto che confermano un aumento del Pil del 3,5% per quest’anno. E la spinta arriverà proprio dai consumi, o meglio dall’eccesso di risparmio cumulato dalle famiglie svizzere durante i due lockdown, stimato in circa 12 miliardi durante la prima ondata e in altri 3,5 miliardi nella seconda, che dovrebbe trasformarsi in maggiore domanda di beni e servizi. Non tutti i settori torneranno velocemente alla situazione pre-crisi. Sempre gli analisti di Credit Suisse stimano che per compensare ogni settimana di chiusura del commercio non alimentare, ne serviranno due di recupero dei consumi. Per il segmento ‘intrattenimento e sport’ ce ne vorranno addirittura otto. Ristoranti e alberghi saranno le imprese che arrancheranno di più: 14 settimane post Covid per ognuna persa. Questo per dire che ci trascineremo a lungo gli effetti collaterali della pandemia di coronavirus. Anche se molto probabilmente entro la fine di quest’anno l’attività economica tornerà a livelli simili a quelli del 2019, la perdita di benessere in termini di mancata progressione del reddito è valutata in 57 miliardi di franchi (36 miliardi nel 2020 e 21 miliardi nel 2021, pari all’8% del Pil). E il divario di crescita provocato dal Covid non sarà colmato nemmeno entro la fine del 2022. Per questo le politiche pubbliche di sostegno dei redditi dei cittadini dovrebbero andare oltre l’orizzonte della fine della crisi sanitaria.

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