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Sarà ancora bianca dopo l'Ucraina?

A dodici anni dalla scomparsa di Eros Costantini, il mitico giornalista che pensava “di aver svolto un mestiere inutile allineando milioni di parole”, vale la pena, e non unicamente per onorarne la memoria, rileggere il suo “Dizionarietto elvetico” del 2002 (Edizioni S. Giorgio), in cui ha raccolto una rielaborazione delle proprie spassose ma acute annotazioni su Svizzera e svizzeri già apparse sul Corriere del Ticino negli anni. Ecco un estratto di quanto vi si legge alla voce neutralità: “Un transessuale e un ermafrodito sono indubbiamente meno ambigui della neutralità”. La nostra, quella svizzera, per intenderci. Parlare delle sue turbe d’identità o di narcisismo era cosa tabù, almeno fino alla caduta del muro di Berlino e il conseguente sfaldamento ideologico (e non solo) che ha travolto pure varie certezze e barriere elvetiche. A dare un ulteriore colpo alla nostra neutralità ha contribuito la vicenda degli averi ebraici depositati in Svizzera. Alcuni giornali nazionali, riferendosi a quegli averi e a incertezze e ambiguità messe in campo in quel drammatico periodo storico, hanno scritto (cito): “Oggi ci si accorge che neutralità ha fatto sovente rima con compromessi e opportunismo”. (…) Ci si rende conto che molti degli attuali guai li avremmo evitati se certe ‘mitologie’ e certi ‘tabù’ fossero stati affrontati nei decenni scorsi in maniera pacata, senza ipocrisie a livello politico, finanziario e storico. Limitandoci alla neutralità, c’è chi l’ha sempre vista come una giustificazione per stare dalla parte dei vincitori, tanto da far rispolverare un proverbio olandese: “Se si sa che il giusto sta da un lato, non è bello mantenersi neutrali”. (…) Va detto che già alcuni nostri ministri degli Esteri (Spühler, Graber, Aubert) si erano adoperati per darle un nuovo ‘look’: sono nate così le definizioni di ‘neutralità solidale’ e di ‘neutralità attiva’. Non bastano tuttavia a risparmiarci dai sarcasmi di chi considera che la nostra sia stata più che altro una neutralità di comodo e affaristica. Pur evitando di sconfinare nel masochismo di certi nostri compatrioti dell’idealismo, del buonismo, degli slanci facili, è utile riandare con mente e spirito a quel drammatico periodo e magari guardarla con una certa comprensione quella neutralità di allora. Inoltre, e senza volersi giustificare, ogni Paese ha le sue zone d’ombra e la sua croce da portare. Per fortuna la nostra croce è ancora bianca.

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