Confine

Frontalieri, contributo per il personale sanitario, il Pd: ‘No’

Il senatore varesino Alessandro Alfieri contesta la decisione del governo italiano, che non è ancora definitiva. Prende posizione anche Ocst Frontalieri

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(Ti-Press)

Continua a far discutere in Italia la decisione del governo di inserire nella Legge finanziaria un contributo fra il 3 e il 6% preso dal salario netto mensile dei frontalieri che lavorano in Svizzera per alimentare il fondo destinato a incentivare il personale sanitario a rimanere a lavorare in Lombardia e Piemonte.

A fare il contropelo alla proposta è il senatore varesino del Partito democratico Alessandro Alfieri: «È un provvedimento rozzo, pasticciato, poco chiaro, peraltro non ancora definitivo. Sono in attesa di vedere come sarà nella versione definitiva, anche perché, ora come ora, presenta rilievi anticostituzionali. Non è chiaro se questo balzello dovranno pagarlo solo i vecchi frontalieri o anche i nuovi frontalieri, per i quali il nuovo sistema fiscale prevede che debbano pagare le tasse in Italia, quindi più alte rispetto a quelle pagate in Svizzera».

‘Cifre non attendibili’

Poi, per Alfieri, «bisogna vedere quale decisione prenderanno i presidenti delle Regioni, come Lombardia e Piemonte, in cui risiedono i frontalieri chiamati a pagare per vedersi riconosciuto un diritto, quello della sanità». Alfieri, che promette battaglia, sostiene che le previsioni di un gettito annuale di 110 milioni di euro, che consentirebbe di versare 750 euro al mese a medici e infermieri impegnati in strutture sanitarie della fascia di confine, «non sono attendibili».

A prendere posizione, con una newsletter, è anche il sindacato ticinese Ocst Frontalieri. “Fermo restando che si tratta di una norma tutta italiana (sulla quale pertanto non abbiamo alcuna responsabilità diretta), a nostro avviso il principio di fondo è condivisibile. Il servizio sanitario nazionale è pubblico e viene alimentato dalle tasse pagate da tutti coloro che hanno un reddito”. A ogni modo, continua il testo dei cristiano sociali, “ciò che non condividiamo sono le cifre che sono a nostro avviso eccessive, anche perché introdotte tutte a un tratto, senza alcuna gradualità. Inoltre troviamo criticabile il metodo avuto dal governo per l’introduzione di questa norma che non ha voluto discutere con alcun rappresentante dei lavoratori”.

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