laR+ L'INTERVISTA

Buccella: la storia è una cosa viva

Il taglio delle nuove trasmissioni culturali della Rsi: ce ne parla il suo ideatore

Lorenzo Buccella
(Loreta Daulte)
9 dicembre 2023
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Dopo aver riferito per anni ai telespettatori della Rsi le tragicomiche vicende della politica italiana, opera buffa di cui la disastrata Capitale è il perfetto scenario, Lorenzo Buccella è rientrato per occupare un ruolo che prima non c’era: responsabile dell’innovazione e dello sviluppo. Si tratta, in sostanza, di creare nuovi programmi coordinando il lavoro degli autori della Rsi. Un laboratorio da cui è uscita fuori una trasmissione come ‘Cliché’, che si propone di ribaltare gli stereotipi radicati nel sentire comune, analizzandoli da visuali inedite.

Senza i fastidiosi prezzemolini del piccolo schermo (a loro volta degli stereotipi viventi), ma con ospiti scelti con cura tra chi va in televisione soltanto se ha veramente qualcosa da dire: papa Francesco ne è forse l’esempio più clamoroso nelle quattro stagioni finora realizzate. Tra le nuove produzioni, ‘Edizione straordinaria’ e ‘La storia infinita’ pescano nella storia recente e in quella passata. Buccella ce ne racconta lo spirito.

Qual è lo scopo dei nuovi progetti di cui ti occupi?

La volontà è quella di trovare nuove o vecchie forme di racconto all’interno di programmi scritti e pensati in cui il come sia e molto più importante del cosa, in modo che la cultura sia prima di tutto il modo in cui viene raccontata. L’obiettivo richiede che ci si metta in sincrono coi tempi, a volte riprendendo vecchie formule, oppure trovando nuovi codici con uso creativo e non convenzionale delle immagini o dei materiali depositati nei fenomenali archivi della Rsi. Chiaramente i fatti del passato non vanno affrontati in chiave nostalgica: vanno considerati una cosa viva, in grado di dialogare perfettamente col presente, perché in fin dei conti, parli sempre del presente anche quando racconti il passato.

Come si inseriscono le tue intenzioni nei doveri del servizio pubblico?

Penso che questa sia la vocazione massima del servizio pubblico, nel senso più pieno e più profondo della parola ‘servizio’ e della parola ‘pubblico’. Quando mandiamo in onda trasmissioni che, ripeto, sono scritte e pensate, prima ancora che agli indici di ascolto pensiamo alla rilevanza che potrebbero avere, alle discussioni che potrebbero aprire, alle riflessioni che potrebbero innescare raccontando quello che succede e quello che siamo. La Svizzera italiana è un punto di vista e un punto di partenza, per cercare connessioni col resto del mondo, in un dialogo continuo tra dentro e fuori: non siamo in un’isola a sé stante e possiamo valorizzarla catturando le cose che passano da qui, e ne passano tante, per allargare la prospettiva.

Come diceva Hitchcock, per raccontare qualsiasi storia universale devi partire da un preciso punto del mondo. Il disegno dei nostri palinsesti negli ultimi anni risponde a questa intenzione: lunedì raccontiamo la storia, illuminando il passato più lontano per poi saltare nella notte della cronaca più vicini a noi. In questo modo proponiamo due scelte stilistiche diverse: da un lato con ‘La storia infinita’ le piccole e grandi storie che passano o partono dalla Svizzera, dall’altro con ‘Edizione straordinaria’ i recenti casi di cronaca che sono diventati a loro modo storia, catturando l’immaginario, cambiando modi di pensare e abitudini.

Qual è l’idea di base di questo nuovo programma?

Parliamo di casi di cronaca che hanno lasciato in qualche modo un segno, imponendosi come spartiacque, creando un prima e un dopo e diventando, con l’andare del tempo, storia. Non solo dei casi di cronaca nera, perché una vicenda può portare per esempio a dei cambiamenti di legge. Pensiamo alla Pizza Connection, che ci fece scoprire che la criminalità organizzata non vive solo fuori dai nostri confini: l’eredità principale è una legge antiriciclaggio. Un episodio del 1985, la cui onda lunga ha portato alla fine del segreto bancario.

Ma è interessante anche la storia del contrabbando, che all’inizio presenta un aspetto addirittura romantico ed è persino ben visto, perché è una piccola faccenda locale, limitata al riso e alle sigarette; poi col tempo su quelle stesse rotte comincia a circolare altro, fino ad arrivare ai soldi e ai proventi del traffico di eroina, diventando un problema molto inserito nelle pieghe della società, che si confronta con un cinismo più contemporaneo rispetto a quello che accompagnava il vecchio contrabbando. In effetti, i criminali cercano sempre una zona di confine tra la legalità e l’illegalità, amano muoversi nelle zone grigie.

La riduzione del canone metterebbe a rischio questi programmi e questo approccio ai fatti?

È ovvio che le riduzioni comprometterebbero la varietà dell’offerta, che si impoverirebbe, perché è fisiologico che da qualche parte si andrebbe a ridurre. Poco, ma sicuro.

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