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Se non c’è memoria, non c’è futuro

Intervista all’antropologo Marco Aime che insieme a Francesco Guccini inaugura la quarta edizione di Sconfinare Festival (12-15 ottobre) a Bellinzona

In alto a destra: Francesco Guccini e Marco Aime
14 luglio 2023
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“Cantare il tempo andato sarà il mio tema / perché negli anni uguale / sempre è il problema. / E dirò sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi. / Cercherò i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni, i visi che si sono persi. / Canterò soltanto il tempo”. Nel 1971, con il brano ‘Il tema’, Francesco Guccini dichiarava il suo manifesto, il filo poetico con cui, nel corso degli anni, ha raccontato, in musica, vicende vicine, lontane e intime. Canta la storia di ciascuno di noi, alle prese con gli anni che passano: uno scorrere di ore che ci insegna che la nostra esistenza è effimera.

Il tempo di quei racconti è al centro del primo incontro della quarta edizione di Sconfinare Festival, sulla Piazza del Sole di Bellinzona dal 12 al 15 ottobre prossimi, dedicata al tema ‘Confini temporali’. A inaugurarla, giovedì 12 dalle 19, sarà il dialogo – intitolato ‘Cantare il tempo andato’ – fra Francesco Guccini e l’antropologo culturale Marco Aime, che – attraverso i testi, nonché i ricordi del cantautore – cercherà di ripercorrere il suo rapporto con il tempo e la sua riflessione a riguardo, considerandone la memoria, il legame con il passato e gli antenati.

La canzone, pensando all’opera di Guccini, è ricettacolo di memoria, storia, anzi storie: «Nato all’inizio della guerra (era il 14 giugno del 1940; ndr), Guccini – che oggi ha 83 anni – è depositario di una memoria storica lunga, che va perdendosi. Questo nella sua vita, nelle sue canzoni e nei suoi libri si è sempre sentito – afferma Marco Aime –. Fin dall’inizio, nei suoi testi ci sono riferimenti al passato (come in ‘Auschwitz’, ‘La primavera di Praga’), allo stesso tempo però c’è anche una riflessione sul tempo umano, che è quello che scorre e ci dice che siamo di passaggio, che invecchiamo e che le cose ci sfuggono senza che noi possiamo farci nulla (come nel testo ‘Un altro giorno è andato’). Quest’idea è uno dei pilastri della poetica di Guccini».

Una costruzione culturale

Antropologo culturale, professore universitario a Genova e autore, Aime ha scritto numerosi saggi e articoli scientifici, ma anche libri di narrativa e favolistica. Fra le tante pubblicazioni (è qui il caso di ricordarla) si legge anche ‘Tra i castagni dell’Appennino. Conversazioni con Francesco Guccini’ (Utet, 2016), di cui è co-autore lo stesso cantautore originario di Pavana. I temi di indagine di cui si occupa sono il rapporto fra identità culturale e contemporaneità. Con lui abbiamo scambiato quattro chiacchiere, generali, sul tema al centro della rassegna bellinzonese.

Professor Aime, il tema del tempo è vasto e ha molteplici declinazioni, nonché implicazioni. Come guarda alla questione l’antropologia culturale?

Nell’antropologia culturale si parte dal presupposto che il tempo non esiste in natura. Esiste nel momento in cui noi cerchiamo di misurarlo, quando pensiamo di suddividerlo in parti: allora abbiamo inventato il tempo. In natura, semmai, si parla di invecchiamento, deperimento. È una creazione dell’uomo, necessaria per organizzare le nostre vite, che si muovono lungo due coordinate: lo spazio e il tempo. E come tutte le costruzioni culturali può essere fatta in tanti modi diversi: ci sono molte concezioni del tempo, nelle diverse società e culture, ma anche nella storia: dall’antichità a oggi il tempo (la sua percezione, ndr) è cambiato.

Il tempo ha più dimensioni, qui mi riferisco a quella del passato. Nella società contemporanea, occidentale, come se la passa?

Se la passa maluccio. Da quando c’è stata la diffusione della rete, del web, c’è stata un’accelerazione generale: questo significa che viviamo tante cose molto più in fretta. E siccome la nostra mente è sempre la stessa – non è digitale, ma “analogica” – finisce che perdiamo un po’ la dimensione del passato e la memoria si fa sempre più corta. Oggi, viviamo sempre più nel presente, perché siamo avvolti in un flusso di dati e informazioni di vario genere.

Quali sono le implicazioni di questa immersione nel presente?

Questo va a scapito del futuro, della sua immaginazione, dell’utopia. Soprattutto però va a detrimento del passato, perché si perdono viepiù delle memorie e questo – lo diceva George Santayana “chi non ricorda il proprio passato è condannato a ripeterlo” – ci conduce a ricadere in certi orrori, come la guerra, che pensavamo di aver dimenticato dopo il Secondo conflitto.

Quindi la memoria è uno strumento di resistenza?

Potrebbe esserlo, anche se poi a volte la memoria viene falsata, ricostruita e modellata. Come non pensare allora a ‘1984’ di George Orwell, il cui protagonista lavora per il ministero che riscrive la storia…

Quali sono allora gli anticorpi, come resistere?

Documentarsi è essenziale, soprattutto ora, visto che con la rete è molto facile diffondere false notizie. Oggi, il problema non è infatti avere informazioni, ma filtrarle e difendersi. Per cui è importante andare alle fonti, non fidarsi del main stream… bisogna fare lo sforzo di approfondire.

Quarta edizione

‘Confini temporali’

Che significato ha oggi il tempo? Che rapporto abbiamo con il passato, e come ci poniamo nei confronti del futuro? Che rapporto c’è tra la storia e la memoria? Durante la quarta edizione di Sconfinare Festival, lo scrivevamo qualche riga più su, il tema al centro degli appuntamenti sarà il tempo, declinato e interrogato da diverse prospettive con la partecipazione di personalità della scena culturale – sia internazionali, sia locali – che si avvicenderanno sul palco, per un totale di quindici incontri.

Per il programma completo, nonché i nomi degli ospiti, si dovrà aspettare fino a settembre, quando sarà reso pubblico; ma i biglietti per l’evento inaugurale con ospiti Guccini e Aime sono già acquistabili sul sito www.sconfinarefestival.ch.

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