Uscita con Armando Dadò la seconda edizione ampliata de “La Svizzera nell'ora della verità”: un ampio spaccato di vita dell'ex consigliere federale locarnese
Profondamente europeista, “charmant” come (forse) solo un ticinese, in Svizzera, riesce ad esserlo, determinato fino al limite dell'ostinazione, fine argomentatore, gran lavoratore che tanto lavoro richiede anche a chi opera con lui. È la sommaria ma significativa descrizione di Flavio Cotti che emerge dagli interventi dell'ex collega in Consiglio federale (e di partito) Doris Leuthard e dello storico Urs Altermatt, i cui contributi aprono la seconda edizione ampliata de “La Svizzera nell'ora della verità”, libro intervista edito da Dadò in cui Cotti si concede a colloquio con Moreno Bernasconi e in cui figurano anche i principali discorsi da presidente della Confederazione nell'anno del 700°. “Da consigliere federale – scrive Altermatt – Flavio Cotti si è mosso come un classico democristiano: moderatamente conservatore su questioni etico-morali, liberale sulle questioni ecclesiali controverse, difensore dell'economia sociale di mercato, parsimonioso nella politica finanziaria e cristiano sociale nel campo della politica sociale, europeista in politica estera”. Insomma, “un centrista con una sensibilità sociale”.
Il libro è appunto costruito sui discorsi che Cotti tenne da consigliere federale dal 1986 al '91 e, in quell'anno, da presidente della Confederazione nell'anno del 700°. Ed è un viaggio emozionante, quello proposto sul filo di opinioni espresse come membro del governo, ticinese, a nome della Svizzera federale. I temi spaziano dall'identità nazionale alle riforme necessarie per mantenerla, rafforzarla o recuperarla; dal sistema collegiale svizzero alla svolta europea; dalla solidarietà internazionale quale “impegno etico fondamentale” ai distinguo in fatto di accoglienza (riprendendo una lettera scritta da presidente a chi protestava, nel '91, per il rimpatrio di alcuni profughi curdi datisi alla clandestinità); e, ancora, dalla sostenibilità ambientale ai rapporti tra fede e politica, fino al plurilinguismo.
Importante anche l'apparato fotografico, dove il profilo internazionale di Flavio Cotti viene sottolineato da scatti accanto ai grandi del mondo: Chirac, Nelson Mandela, Boris Eltsin, Helmut Kohl e Kofi Annan, solo per dirne alcuni. Ma non mancano gli scatti privati: un bel sorriso sul divano di casa in compagnia con i nipotini; il giorno del matrimonio con Renata; a colloquio con l'amico di sempre e sostenitore politico Ugo Guzzi; sui monti di Lodrino abbigliato da trekker.
Aspetti privati che emergono anche, ad esempio, dalle interviste concesse a Moreno Bernasconi. Alla domanda se “l'impertinenza” di alcuni giornalisti lo indispettisse, così rispose Cotti: “Non posso negare di avere un temperamento assai sensibile. Ma le critiche bisogna saperle accettare anche se fanno dispiacere. Anche i consiglieri federali devono sapersi rimettere in discussione, rivedendo se necessario le loro argomentazioni”. Tuttavia, proseguiva Cotti, “ciò che mi infastidisce terribilmente è la mancanza di conoscenza dei problemi da parte di alcuni giornalisti. Non si può pretendere di saperla lunga quando si ignorano in buona parte i termini della questione su cui si sta intervistando un uomo politico. Quando è così si cade inevitabilmente nella superficialità, nella semplificazione eccessiva e tutto sommato nella disinformazione”. Una lezione senza tempo.