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Renato Tagli, la natura in un tripudio di colori

Le sue visioni nascono a Cevio e sono arrivate in Cina. A Locarno, al decimo anno di attività, la Fondazione Ghisla ne ospita un estratto

Le stoffe. Da domenica 17 marzo alle 13.30, previa inaugurazione pubblica il giorno prima, dalle 17.30
14 marzo 2024
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Ha iniziato con una vecchia camicia, rammendandone la manica; col tempo ha raffinato la tecnica; dopo avere bruciato due macchine ha trovato quella adatta. C’è un davanti, sul quale concepire, o meglio ‘cucire’ l’opera, e c’è un retro che è una sorpresa, come il lato B di un 45 giri al quale in pochi facevano caso, e invece c’era del genio. È per questa doppia visione che le ‘stoffe’ (così semplicemente si chiamano) pendono dal soffitto e solo in pochi casi stanno appese a un muro alla maniera del dipinto, per quanto dipinti paiano. Il materiale di fondo è quello delle chaise longue o delle tende, sufficientemente resistente per essere ‘lavorabile’; su di esso, Renato Tagli cuce da una quindicina d’anni, in tempo reale, pezzi di stoffa precedentemente ritagliati.

La Fondazione Ghisla Art Collection lo chiama “tripudio di colori” e lo ha scelto per celebrare i suoi dieci anni di attività. Il nuovo allestimento, da qui al 5 gennaio 2025, verrà svelato domenica 17 marzo alle 13.30 previa inaugurazione pubblica il giorno prima dalle 17.30. Per questo 2024, le prime tre sale del ‘cubo rosso’ di via Ciseri 3 ospitano una selezione di opere dalla collezione di Martine e Pierino Ghisla, i cui autori rispondono ai nomi di (tra gli altri) Picasso, Magritte, Miró, Haring, Basquiat, Warhol, Fontana e Botero. Il tripudio di colore, invece, al primo piano e all’ultimo, appartiene a Tagli, nato a Locarno nel 1956 e residente da oltre quarant’anni a Cevio, sede dello studio avviato nel 1983 con la compagna di vita Sabina Oberholzer. Grafico di professione, il suo amore per l’arte ha incontrato la natura circostante portandolo a sperimentare Land Art e Arte Ambientale. Il risultato è, in forma parziale, alla ‘Ghisla’, con momenti di Land art unita, in stanze diverse, alle stoffe policrome di cui sopra, lavorate a mano ed esposte nel 2021 e 2023 in due grandi mostre in Cina. La personale di Tagli a Locarno è il nuovo punto di arrivo e ripartenza di un’intera carriera, dagli studi alla Csia di Lugano e gli stimoli prodotti in lui dai docenti Bruno Monguzzi (grafico), Sergio Libis (fotografo) e Livio Bernasconi (artista), ai movimenti avanguardistici americani ed europei.


Terra-Terra

Restituzione

“L’uomo ha bisogno della natura, la natura non ha bisogno dell’uomo” è la frase, sua, con la quale Tagli è identificato e s’identifica. Anche nelle stoffe, che paragona alle nuvole, impossibile trovarne di identiche: «Cerco di evitare il disegno dichiarato, preferisco lasciare l’interpretazione a chi guarda. Creo senza ripensamenti, con la libertà che l’essere un grafico non mi concede, sempre confrontato a un committente. Qui, al contrario, godo della libertà di non avere tempi e imposizioni di alcun tipo. Ho un’idea precisa, niente cambi di direzione dall’inizio alla fine». In questo agire, la natura è sempre stata la sua fonte d’ispirazione: «In cucina, a Cevio, le finestre sono quadri che cambiano a intervalli regolari, le foglie degli alberi lasciano spazio ai rami e a forme sempre differenti, che sono fonte d’ispirazione».

«La natura è perfetta, sr non ci fosse l’uomo», commenta l’artista. L’uomo che «costruisce e distrugge quel che ha costruito», le cui ricchezze «risolverebbero tutta o parte dell’emergenza ambientale». Le considerazioni sullo stato di sofferenza del pianeta portano dritte (tramite una sequenza di Fibonacci di bottoni rivestiti di stoffe, in funzione di legante) all’ultimo piano, all’installazione di uno dei Terra-Terra cui Tagli dà forma (forme) a partire dal 2010, in concomitanza con la vittoria del Premio Bally per l’Arte e la Cultura: il concetto è quello di realizzare isole di terra ‘intoccabili’ se non dalle specie animali e vegetali, campioni di suolo preservati dallo sfruttamento umano e ‘restituiti’ alla Terra stessa in un messaggio ecologico forte, internazionale e indistintamente circolare (quello ospitato alla Ghisla, quelli del Parco Ciani a Lugano nel 2010 e di Panarea, Isole Eolie, nel 2012 –, ma pure elicoidale (Bali, Indonesia, 2017), sinuoso (Riveo, Vallemaggia, 2016) e ‘umano’, una categoria che chiameremo senza alcuna autorizzazione ‘Uomini e muschio’ e che arriva dalla Val Bavona, tra le immagini del catalogo della mostra, che ha le parole di Claudio Guarda.

Circondano il Terra-Terra di Locarno, in questo spaccato di Cevio, alcune rispettose ‘manipolazioni’ della natura che danno vita a quelle che paiono nuove specie vegetali, rami convogliati dalla mano dell’uomo in un intreccio impossibile, altri rami che attraversano pietre e paiono l’estremismo di uno scienziato pazzo o, meglio, la volontà di un pacificatore dell’Universo; un pezzo di legno a forma di cuore sezionato in sedici parti conduce dal cuore al cerchio. Il resto è nella sala a fianco, che ospita i ‘Mobiles’, dipinti minimalisti monocromi resi ‘vivi’ dall’integrazione con elementi fluttuanti giusto davanti: si tratta di uova di struzzo o di anime di larici o castagni morti, sospesi nell’aria a un soffio dalle tele, a produrre tridimensionalità e spostare il tutto, al minimo flusso d’aria, nel campo dell’arte cinetica o dell’eterna mutevolezza di un’opera, eternamente in divenire. Ancora un passo e si giunge nell’ultima sala, cui Tagli pare tenere particolarmente, dedicata alla sua personale teoria dei colori in rapporto alla forma, chiamatagli da quella elaborata dall’artista svizzero Johannes Itten in ambiti di Bauhaus.


Teoria del colore

Grido

Prima di scendere a congedare le stoffe, prendendo la rampa di scale nel cui centro scende una cascata di coloratissimo filato (arriva dall’Indonesia, meta annuale di Tagli quando il freddo di Cevio si fa sentire), sempre al piano superiore, su di uno schermo televisivo che meriterebbe superfici da PalaCinema, va in scena tutto quello che alla Ghisla non ci stava e nemmeno ci starebbe altrove: la storia grafica di Tagli, le stoffe come capi di alta moda, ulteriori e più estesi episodi di land-art come i cosiddetti ‘ghiacci’, pezzi unici che esistono solo in quanto fotografati, prodotto del vapore acqueo spruzzato dall’artista su parti delle piante del suo giardino, che al mattino svelano piccole sculture frutto di una magia notturna sottozero. E poi la trash art realizzata in loco, costruita intorno all’oggetto inquinante, un sacchetto abbandonato in spiaggia che diventa capo d’abbigliamento per una figura femminile incisa sulla rena o un bicchierino di plastica che diventa copricapo di un buffo signore creato con le stesse modalità. E le immagini dalla ‘Venezia d’Oriente’, Suzhou, sede della mostra cinese, i Terra-Terra nel mondo e tutto quanto ha portato alla personale di Locarno, all’interno della quale, è vero, la natura mostra di non avere bisogno dell’uomo, ma nel suo difendersi e gridare aiuto potrebbe sempre avere bisogno di Tagli.

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