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Jelmini dice basta: ‘La politica è cambiata, sono meno motivato’

Il deputato del Centro/Ppd e sindacalista Ocst dopo 12 anni non si ricandiderà per il Gran Consiglio: ‘Troppo individualismo e poca concretezza sui temi’

E sulle questioni sindacali...
(Ti-Press)
29 ottobre 2022
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Dodici anni possono bastare. Con serenità, un po’ di rammarico e qualche piccola preoccupazione il deputato del Centro/Ppd e sindacalista cristiano sociale Lorenzo Jelmini ha deciso che questa sarà la sua ultima legislatura in Gran Consiglio e non si ricandiderà alle prossime elezioni cantonali. «Ho deciso di porre fine al mio impegno politico attivo, anche se evidentemente la politica continuerà ad avere la mia attenzione, considerando il lavoro che svolgo», afferma a colloquio con ‘laRegione’.

Quali motivi l’hanno portata alla scelta di non ripresentarsi per un posto in parlamento?

Ce ne sono diversi. L’impegno nella mia attività lavorativa è aumentato, da un anno sono responsabile del segretariato Ocst del Luganese, il più grande per associati e ambiti lavorativi del nostro sindacato, e agli impegni sindacali si sono aggiunti compiti di gestione e organizzazione dei collaboratori. Questo riduce il tempo per dedicarsi con la giusta attenzione alla politica. Dopo 12 anni, comunque, ritengo sia il momento giusto per dire basta e lasciare ad altri il posto. Mi sono impegnato a fondo, la politica dà tanto ma ti prende anche tanto. Ora è come se sentissi venir meno la motivazione e l’energia necessarie per svolgere al meglio anche questa funzione. Non da ultimo, il calo di motivazione che ho avvertito è dovuto anche al constatare quanto sia cambiato il modo di far politica.

In che senso?

Noto una maggior frammentazione tra e nei gruppi parlamentari, tempo fa era più facile identificare le posizioni dei partiti perché più unitarie nel loro esprimere giudizi. Ora l’individualismo emerge molto di più, e non facilita le soluzioni. Si è più litigiosi, perché una delle conseguenze dell’individualismo è voler dimostrare di essere sempre i più bravi e questo porta anche a polemiche gratuite. Non voglio fare la morale ad alcuno, mi ci metto dentro anche io per carità. Ma son proprio cambiate le relazioni tra le persone, e in questo i social media non aiutano di certo. Bisogna emergere, ottenere i famosi ‘like’ a tutti i livelli, questo porta a intervenire in aula anche quando non è necessario: alcuni dibattiti sono interminabili benché con un contenuto specifico sempre più scarno. E in tutto questo la debolezza del governo nel suo insieme non ha aiutato nel confronto necessario col parlamento.

A proposito di confronto, lei è un esponente di spicco dell’‘ala sociale’ del Centro/Ppd, un’ala che però sembra sempre più in difficoltà. È preoccupato per il futuro, anche a livello di rappresentanza in parlamento?

Sicuramente un po’ di preoccupazione c’è. Sono entrato in politica proprio per dare seguito al lavoro sindacale, e il mio impegno in questo senso si è visto, anche se mi sono occupato con grande interesse di molti altri temi come l’energia, la sanità, la modifica della Legge sul Gran Consiglio e altro ancora. Ma sempre con un occhio attento alle questioni del lavoro, alla tutela dei lavoratori e a tutto quello che nasce dalla società. Certo, mi spiace non poter dire ancora la mia a livello parlamentare ma nessuno è indispensabile o insostituibile. Abbiamo comunque altre forze per dare voce a questa componente fondamentale che, come dice lei, abbiamo visto in difficoltà per logiche di partito o di bottega che dimenticano il valore da riconoscere ai lavoratori e a chi si trova in difficoltà.

Dietro la sua scelta c’è anche la sensazione di non essere stato ascoltato a sufficienza nel suo partito e nel suo gruppo?

No. In questi 12 anni all’interno del gruppo ho sempre avvertito riconoscimento da parte dei colleghi e ho avuto spazio per presentare e argomentare le mie rivendicazioni. Spesso ho potuto convincere se non tutto il gruppo almeno la sua maggioranza. Per il nostro gruppo parlamentare la dottrina sociale non è solo su un foglio di carta, l’attenzione alla sussidiarietà e alla solidarietà viene riconosciuta benché con sensibilità e sfumature differenti. A volte convincere i miei colleghi di partito è stata più dura, ma è risultato un esercizio utile perché chiedeva di dare ragionevolezza alle mie posizioni e a idee più ‘sindacali’. Non ho mai ricevuto obiezioni ideologiche, e questo fa piacere.

Ha qualche rimpianto dopo questi anni?

Avrei voluto più tempo per approfondire alcuni temi e per cercare, anche con i deputati degli altri partiti, soluzioni più adeguate. Alcune volte abbiamo perso l’occasione di dare delle risposte alle reali esigenze dei cittadini. Si è più propensi ad ascoltare chi urla e un po’ meno capaci a raccogliere le necessità delle persone per poi proporre, con coraggio, soluzioni concrete anche se a prima vista possono sembrare impopolari.

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