Bellinzonese

Dramma di Carasso, la comunità degli aramei in aiuto ai figli

Il presidente Melki Toprack assicura vicinanza e sostegno concreto. In arrivo i familiari dalla Germania. Conferme sul movente

La scena dell'omicidio-suicidio, sulla ciclopedonale di Carasso (Ti-Press)
29 marzo 2021
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«Sono ore molto tristi per tutti noi, per la nostra comunità di duemila persone in Ticino che si stringe col pensiero attorno ai due figli e ai rispettivi familiari dei nostri cari amici morti in circostanze così tragiche. A questi ragazzi vogliamo esprimere il nostro pieno sostegno morale, ma anche e soprattutto concreto, presente e futuro, affinché il dramma che li ha investiti non comprometta le loro giovani esistenze». Il presidente dell’Associazione svizzera degli aramei, Melki Toprak, si trovava ieri a Galbisio in visita ad alcuni conoscenti mentre poco distante, sulla ciclopedonale di Carasso, accanto all’autostrada, un 53enne freddava l’ex moglie 44enne, entrambi di origini siriane, con due colpi di pistola diretti al cuore, per poi suicidarsi.

‘Lei solare e positiva, lui un uomo per bene’

«Vogliamo attivarci quanto prima – spiega Melki Toprak alla ‘Regione’ – per essere d’aiuto alla figlia 23enne e al figlio 18enne che vivevano con la madre. Una donna solare, positiva, con buoni legami verso la società, attenta alla nostra Comunità e attiva nella corale. La incontravo spesso alle celebrazioni che teniamo con regolarità in alcune località ticinesi. E anche nei momenti per lei più difficili, mostrava di saperli affrontare con dignità, a testa alta. D’altronde lavorava, era molto apprezzata nella sua professione di estetista nell’ambito della quale incontrava molte persone. Una fitta rete di conoscenze: come si dice, era inserita nella società. Con il marito non avevo rapporti intensi, ma era un uomo per bene, posato, tranquillo, molto curato nell’aspetto, con una professione rispettabile di autista di bus ormai da molti anni». Tutti questi motivi, conclude Melki Toprak, «rendono ancora più difficile spiegarsi quale e quanta rabbia abbia armato la sua mano. E rendono ancora più pesante la tragedia che colpisce due famiglie ma finisce per investire un’intera comunità. Nei prossimi giorni valuteremo come rendere omaggio alla loro memoria. Prima però incontreremo i rispettivi familiari, che stanno per giungere dalla Germania. Non sarà facile».

Il rifiuto di lei e le minacce subite

Come riferito dalla ‘Regione’ ieri sera online e stamane nella versione cartacea, il movente del femminicidio va ricercato nel tentativo del 53enne di ricucire lo strappo con l'ex moglie. Chi li conosceva conferma che dopo la separazione avvenuta un paio d’anni fa, quando lui aveva lasciato il tetto coniugale, abitavano ciascuno per conto proprio a Sementina. In passato, alla nascita dei figli, avevano abitato alle Semine e ottenuto la cittadinanza svizzera. Dopo la recente separazione, più volte lui aveva tentato di convincerla a riaccoglierlo in casa, confrontandosi però con il ripetuto e fermo rifiuti di lei. Una mediazione era avvenuta davanti a un vescovo siriano, parente di uno dei due, ma al termine dei colloqui nulla era cambiato. Fino all’ultimo, vano tentativo di ieri, finito nel sangue sotto gli occhi increduli dell’amica con cui la 44enne stava facendo jogging in una domenica di sole. Una ‘soluzione’ drastica e in linea con l'atteggiamento di lui, divenuto recentemente ossessivo, stando a una testimonianza di un'amica della vittima raccolta dalla ’Rsi’, secondo cui il 53enne la perseguitava, la seguiva, si appostava sotto casa facendola sentire in pericolo e dicendole che avrebbe fatto del male ai figli se lei lo avesse denunciato. E le ripeteva “o sarai mia o di nessun altro”. 

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