Svizzera

Ecologisti virtuosi? Sì, ma non quanto lo ritenga la maggioranza

La ‘coscienza ecologica’ degli svizzeri non sempre rispecchia la realtà. È quanto indica uno studio della società demoscopica Sotomo

In sintesi:
  • Solo il 10% degli intervistati ritiene di comportarsi peggio del resto della popolazione rispetto al clima
  • Sono i più ricchi a ritenersi più virtuosi: ma il dato reale sulle emissioni li smentisce
Siamo così ecologicamente irreprensibili?
(Keystone)
6 gennaio 2024
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Gli svizzeri si sopravvalutano in materia di rispetto dell'ambiente: la maggioranza – in particolare chi guadagna bene – pensa cioè di avere un comportamento migliore della media, mentre i giovani sono quelli che hanno l'impronta Co2 più ampia. Sono le indicazioni che emergono da uno studio condotto dalla società demoscopica Sotomo per conto dell'azienda di soluzioni energetiche Helion, di cui riferiscono l'ente radiotelevisivo svizzero tedesco Srf nonché il quotidiano Tages-Anzeiger e le testate affini.

Il 56% dei 3'000 interpellati nell'ambito di un sondaggio ritiene che il proprio modo d'agire sia più rispettoso del clima in confronto a quello dell'intera popolazione elvetica; solo il 10% afferma di avere un comportamento più dannoso. Se la valutazione fosse corretta, i due campi dovrebbero equivalersi.

La disparità tra l'autovalutazione e il comportamento effettivo è particolarmente grande tra le persone con un reddito elevato, ovvero coloro che guadagnano più di 16'000 franchi al mese: solo un quarto di loro dichiara di emettere più Co2 rispetto al resto della popolazione, cosa che secondo Sotomo è indice di una mancanza di consapevolezza, perché il 79% delle persone che guadagnano di più ha emissioni più alte della media.

Stando a Michael Hermann, direttore dell'impresa zurighese, coloro che si considerano particolarmente esemplari sottovalutano l'importanza dei viaggi aerei per l'impronta ecologica e sopravvalutano l'importanza dei consumi. «Un volo non può essere compensato mangiando un po‘ meno carne», afferma l'esperto citato da Srf.

L'aereo è e rimane la prima fonte di inquinamento in ambito climatico. Ciò è dimostrato anche dal confronto fra uomini e donne: in media le consumatrici seguono una dieta vegetariana molto più spesso dei maschi, ma questo ha un impatto minimo sulla loro impronta ecologica.

E sempre l'aviazione è all'origine di un altro dato interessante che emerge dallo studio: i giovani adulti tra i 18 e i 35 anni hanno l'impronta ecologica più grande di tutte le fasce d'età, producono cioè 11,3 tonnellate di emissioni di Co2 all'anno, a fronte della media dell'intera popolazione che è di 10,5 tonnellate. Il motivo principale è che i giovani volano in media molto di più degli anziani.

Hermann mette comunque questo dato in prospettiva: a suo avviso «sarebbe sbagliato accomunare tutti i giovani». I dati mostrano piuttosto che una piccola parte della generazione più giovane (quella che è stata anche chiamata ’generazione Greta', in relazione all'attivista svedese Greta Thunberg) vola e consuma molto. «Questa minoranza fa salire la media e rovina il bilancio climatico dei giovani».

La ricerca mostra anche che non ci sono differenze significative tra l'impronta di un abitante medio di città e quella di una persona che vive in campagna. Nelle zone rurali l'automobile è il principale mezzo di trasporto, il che si riflette in effetti sulle emissioni di Co2: ma i cittadini ricorrono molto più spesso all'aereo, annullando così il loro vantaggio.

Oltre alla mobilità, l'alloggio è responsabile di molte emissioni di nocive. Secondo Herrmann, puntare ancora una volta il dito contro le persone che guadagnano di più perché vivono negli appartamenti più grandi è sbagliato. Sebbene il consumo di metri quadrati per persona sia più alto per le persone con un reddito elevato, esse vivono anche più spesso in appartamenti di nuova costruzione, ben isolati, e si riscaldano più spesso con energie rinnovabili. «Per questo motivo le fasce più povere devono ricevere un sostegno per potersi permettere le ristrutturazioni», argomenta il laureato in geografia che si è fatto un nome nella Confederazione quale politologo.

La popolazione svizzera è comunque consapevole della sfida: tre quarti degli intervistati – i dati sono stati rilevati fra aprile e giugno 2023 – credono nel cambiamento climatico causato dall'uomo e sono consapevoli di dover fare la propria parte per combatterlo. Il sondaggio mostra però anche che quasi due terzi sono infastiditi dalla questione: per quanto devastante sia il mutamento del clima le persone preferirebbero non doverlo affrontare.

Reto Knutti, ricercatore sul clima del Politecnico federale di Zurigo, giudica «molto interessanti» i risultati emersi dalla ricerca. In Svizzera non esiste un altro studio attuale che descriva in modo così completo il comportamento ambientale della popolazione, spiega al Tages-Anzeiger. «Nella lotta contro il cambiamento climatico, è essenziale capire come pensa la gente».

Vero è, secondo l'esperto, che il concetto di impronta individuale è controverso, perché si concentra fortemente sull'individuo piuttosto che sul sistema: i risultati sono comunque a suo avviso preziosi. «Ad esempio, possono aumentare la consapevolezza della misura in cui volare influisce sulle nostre personali emissioni di anidride carbonica». Molti cittadini progressisti riciclano coscienziosamente i loro rifiuti, ma risparmiano molto meno Co2 di quanto ne emettano con i loro voli per le vacanze.

Secondo Knutti, tuttavia, è anche chiaro che nessun problema ecologico di queste dimensioni è mai stato risolto solo attraverso la responsabilità personale. La sfida politica consiste ora nel trovare un mix di misure che sia sostenuto dalla popolazione. Anche i dati sull'atteggiamento dell'opinione pubblica potrebbero essere d'aiuto in questo senso. «Possiamo vedere, ad esempio, che l'energia solare è generalmente molto ben accolta».

Per coloro che sperano in una politica climatica efficace, tuttavia, il rapporto riserva anche alcuni risultati amari. Ad esempio, più di un intervistato su sei dubita che il cambiamento climatico sia causato dall'uomo. Se si includono anche le persone che mettono piuttosto in dubbio l'origine umana il campo degli scettici sale a un terzo.

Secondo Knutti questo dato è più o meno in linea con quello rilevato in altri paesi. Tuttavia, egli vede tale atteggiamento non tanto come un rifiuto della scienza, quanto piuttosto come una strategia psicologica per giustificare la propria inazione sulle questioni climatiche. «Con questa opinione la maggior parte delle persone probabilmente vuole segnalare che la libertà dell'individuo è fondamentale e che non è disposta a rinunciarvi a favore del clima». Secondo lo specialista queste persone possono essere conquistate alla causa della protezione del clima solo se le misure adottate per farvi fronte risultano finanziariamente vantaggiose per loro, ad esempio se ricevono denaro per l'installazione di un impianto solare.

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