Svizzera

I salari saliranno nel 2024, ma non abbastanza

Tenendo conto degli ultimi aumenti dei premi delle casse malati vi sarà una perdita di potere d'acquisto

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(Ti-Press)
8 novembre 2023
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Nel 2024 i salari saliranno, ma compenseranno solamente l'inflazione: tenendo conto dell'aumento dei premi delle casse malati vi sarà una perdita di potere d'acquisto, affermano gli economisti di Ubs. Fra coloro che saranno pagati meglio figurano gli statali, mentre sul fronte opposto si troveranno i giornalisti. In generale per far fronte alle spese molti dovranno ricorrere ai risparmi.

Dal tradizionale sondaggio sul tema realizzato in autunno dalla grande banca presso 389 aziende emerge che nel 2024 gli stipendi dovrebbero salire dell'1,9% rispetto a quest'anno, una progressione inferiore a quella relativa al 2023 (+2,3%), ma superiore alla media degli ultimi dieci anni (circa 1%).

Nella gran parte dei rami economici i ritocchi saranno in linea con l'inflazione, che Ubs prevede al 2,2% quest'anno e al 2,0% nei dodici mesi successivi. L'unico comparto che arranca dietro a tutti gli altri è quello dei media (+1,0%); nella sanità è atteso +1,9%, nel commercio al dettaglio, nella costruzione, nelle banche, nella logistica e nell'informatica +2,0%. Il comparto che vedrà le buste paga gonfiarsi maggiormente è però quello dell'amministrazione pubblica: +2,2%.

Ristagno e premi

"La maggior parte delle aziende compensa l'inflazione, ma raramente si spinge oltre", afferma Florian Germanier. Con un'inflazione del 2% i salari reali dovrebbero praticamente ristagnare in media nel 2024. Tenendo conto dei premi dell'assicurazione sanitaria, che non sono inclusi nell'indice nazionale dei prezzi al consumo calcolato dall'Ufficio federale di statistica, nel 2024 si registrerà addirittura una perdita di potere d'acquisto.

L'anno scorso erano stati l'aumento dei costi energetici e i timori di una carenza di energia a provocare aumenti salariali contenuti rispetto all'inflazione. Ora sono la debolezza della domanda estera e i maggiori costi di finanziamento dovuti al ciclo di rialzo dei tassi d'interesse a livello globale a negare alle aziende la possibilità finanziaria di incrementi salariali più consistenti, argomentano gli specialisti di Ubs.

Nonostante la perdita di potere d'acquisto la banca prevede una crescita media dei consumi in Svizzera nel 2024. "È probabile che molte famiglie attingano ai risparmi per attutire l'impatto dell'aumento dei premi, degli affitti e dei prezzi dell'elettricità", affermano gli esperti. Le fasce di reddito più basse, con risparmi scarsi, dovrebbero invece vedere salire lo stipendio in modo superiore alla media.

A causa del modesto sviluppo economico il mercato del lavoro ha subito una leggera inversione di tendenza: tuttavia gli economisti non prevedono un aumento significativo della disoccupazione. Un numero consistente di ditte interpellate nel sondaggio sta ancora pianificando di aumentare il proprio organico nel 2024.

Frenata ma non recessione

Ubs prevede una crescita del prodotto interno lordo (Pil) dello 0,7% per l'anno in corso e dell'1,2% per quello successivo. La maggior parte delle aziende si aspetta uno sviluppo economico inferiore alla media nel 2024, ma non una recessione.

Sempre secondo l'analisi dell'istituto guidato da Sergio Ermotti è improbabile che il previsto aumento medio dei salari dell'1,9% faccia aumentare fortemente il rincaro nei prossimi trimestri: tre aziende su quattro prevedono che l'inflazione rimarrà all'interno della fascia obiettivo della Banca nazionale svizzera nel prossimo anno, cioè inferiore al 2%.

"Sebbene gli aumenti salariali non siano abbastanza forti da costringere la Banca nazionale ad aumentare ulteriormente i tassi d'interesse, essi impediscono anche un rapido calo dell'inflazione", osserva Daniel Kalt, capoeconomista di Ubs Svizzera. Pertanto non è da attendersi una rapida riduzione dei tassi d'interesse, ma piuttosto tassi di riferimento invariati nei prossimi trimestri.

Nel breve termine, la carenza di manodopera si è leggermente attenuata, in parte a causa dell'indebolimento dell'economia. Tuttavia, la maggior parte delle aziende intervistate ha ancora difficoltà a coprire i posti vacanti e la penuria di personale è destinata a peggiorare nel medio termine a causa dei cambiamenti demografici.

I lavoratori più giovani stanno quindi diventando sempre più decisivi: la generazione Z è già di grande importanza per una netta maggioranza delle aziende intervistate (93%).Tuttavia, l'integrazione dei lavoratori più giovani pone delle sfide alle aziende: queste spesso non soddisfano infatti le loro diverse esigenze. Secondo lo studio le società dovrebbero concentrarsi maggiormente su fattori quali il contenuto del lavoro, i modelli part-time, le opportunità di formazione e il telelavoro per essere più attraenti agli occhi dei più giovani.

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