Svizzera

Ricongiungimento familiare, Svizzera condannata a Strasburgo

La Corte europea dei diritti dell’uomo ravvisa una violazione dell’articolo sul rispetto della vita privata e famigliare

(Keystone)

Strasburgo – La Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha condannato la Svizzera per aver respinto le richieste di ricongiungimento familiare di alcuni rifugiati invocando la loro dipendenza dall'aiuto sociale. Il caso riguarda tre eritrei e un cinese di origini tibetane.

Come si legge in una sentenza pubblicata oggi, i giudici di Strasburgo hanno stabilito che la Confederazione ha violato l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, relativo al rispetto della vita privata e famigliare. I quattro sono arrivati in Svizzera fra il 2008 e il 2012, ricevendo lo status di rifugiati.

Dipendenza dall’aiuto sociale, solo un criterio fra tanti

Le persone in questione sono state ammesse a titolo provvisorio in quanto è stato valutato che sarebbero stati a rischio di maltrattamenti se fossero tornati nel loro Paese di origine. Contrariamente a chi ottiene il diritto all'asilo, chi fa parte di questa categoria può beneficiare del ricongiungimento familiare solo se non riceve l'aiuto sociale. Nel caso dei quattro rifugiati, le autorità elvetiche hanno rispedito al mittente le loro domande, ritenendo che tale requisito non fosse soddisfatto.

La CEDU ha però valutato la situazione con occhi diversi. A suo avviso, il criterio della dipendenza dall'aiuto sociale deve essere preso in considerazione come uno dei tanti, in una visione d'insieme. Ogni singolo caso deve insomma essere sottoposto a un'attenta ponderazione.

Non è stato trovato il giusto equilibrio

Facendo ad esempio notare che due rifugiati avevano trovato un impiego e un terzo era stato dichiarato medicalmente inabile al lavoro, la Corte, riferisce la sentenza, ha rilevato che le autorità svizzere non hanno trovato il giusto equilibrio fra l'interesse dei ricorrenti a ricongiungersi con i loro parenti più stretti e quello della comunità nel gestire l'immigrazione per tutelare la prosperità economica del Paese.

La Svizzera è stata quindi condannata a risarcire i diretti interessati, versando loro complessivamente 25'000 franchi. Meno fortuna ha avuto una quinta ricorrente: in questo caso la CEDU ha giudicato corretto l'operato delle autorità. La donna non ha in effetti fatto alcuno sforzo per trovarsi un'occupazione, malgrado fosse in grado di lavorare.

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