Le banche svizzere sarebbero coinvolte nel commercio verso gli Stati Uniti del petrolio estratto nel bacino amazzonico
Sversamenti di idrocarburi, distruzione della foresta pluviale, violazione dei diritti umani: questo significa estrarre petrolio nell'Amazzonia equatoriale, in alcuni casi da zone considerate sacre dalle popolazioni indifene. Un'attività sporca, scrivono in un rapporto reso pubblico oggi alcune Ong – tra cui Alliance Climatique Suisse, Amazon Watch e Greenpeace – che coinvolge anche alcune banche svizzere: il commercio di petrolio amazzonico verso gli Stati Uniti è infatti finanziato da Credit Suisse e Ubs, oltre che dalle filiali ginevrine di ING Belgio, BNP Paribas, Natixis e Rabobank.
Dal 2009, queste banche avrebbero finanziato con oltre 10 miliardi di dollari l'estrazione di petrolio dalle zone equatoriali.
E questo nonostante molte delle banche citate nel rapporto sostengano apertamente lo sviluppo sostenibile e in alcuni casi abbiano addirittura firmato convenzioni per il rispetto dell'ambiente. "Direttive che non si applicano al finanziamento dei progetti" ha risposto Credit Suisse, pur riconoscendo l'importanza del rapporto delle Ong. Ubs e Ing Belgio si sono invece dette pronte a collaborare, ma senza nessun impegno ad aggiornare le proprie direttive.