Canton Argovia

Ha scosso il bimbo fino alla morte, ma nega i maltrattamenti

Il piccolo morì nell'ottobre del 2014. Chiamato a giudicare in seconda istanza un 42enne condannato nel 2017 a 13 anni, il tribunale si esprimerà nei prossimi giorni

4 luglio 2019
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Ammette di aver scosso il figlio di due anni della sua ex compagna fino a provocarne la morte, ma continua a negare la lunga serie di maltrattamenti precedenti. Il Tribunale cantonale argoviese, chiamato oggi a giudicare un 42enne in seconda istanza, annuncia la comunicazione per iscritto nei prossimi giorni.

Numerose lesioni antecedenti la morte

Nel settembre del 2017, il Tribunale distrettuale di Baden (AG) aveva condannato il 42enne cittadino svizzero a 13 anni di detenzione per omicidio intenzionale e ripetute lesioni personali. Il bimbo, che aveva 26 mesi di vita, morì la sera del 12 ottobre 2014 per una cosiddetta "sindrome del bambino scosso". La madre, uscita di casa in quei minuti per gettare il sacco della spazzatura, non aveva assistito alla scena. La donna, di nazionalità tedesca, è stata a sua volta giudicata responsabile di ripetute lesioni colpose commesse per omissione e condannata a otto mesi di detenzione con la condizionale. Ha accettato la sentenza, mentre l'uomo ha fatto appello.

Il 42enne era andato a vivere con la donna nella primavera 2014, iniziando ad accudire il bambino durante le assenze della madre, che lavorava in ambito sanitario. Il bambino, considerato iperattivo, iniziò a presentare da quel momento diverse ferite: ematomi, bruciature e una commozione cerebrale. La perizia autoptica ha portato alla luce numerose lesioni precedenti al giorno della morte, fra cui un'emorragia cerebrale e la frattura di tre costole.

Al processo d'appello, l'avvocato della difesa ha chiesto oggi di ridurre la pena per il suo assistito ad un massimo di 24 mesi. Non esistono prove su chi abbia provocato le lesioni al bambino e non è nemmeno certo che l'uomo fosse consapevole delle conseguenze delle sue azioni, ha detto il difensore.

La procuratrice che ha sostenuto l'accusa ha chiesto di confermare la condanna di prima istanza. Il rapporto fra l'accusato e la madre è durato soltanto sei mesi, durante i quali il bimbo ha rappresentato per l'uomo "un fattore di disturbo", ha detto la procuratrice.

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