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Da dove arriva il Girona, matador di Barcellona e Real

Il capolavoro di Michel, che in campo mostrava tanto talento e poca corsa e ora in panchina si è ricreduto, portando la squadra catalana in cima alla Liga

L’esultanza del bomber di provincia Stuani dopo un gol al Valencia
(Keystone)
21 dicembre 2023
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Alla fine della stagione 1998-99 sia il Barcellona – allora allenato da Louis Van Gaal – che il Girona, vincevano i rispettivi campionati, che sembravano giocati su due pianeti diversi. Nei blaugrana, che in squadra avevano Rivaldo, Figo, Pep Guardiola, Luis Enrique e i gemelli De Boer, quell’anno aveva esordito con il numero 26 un diciottenne, tale Xavi Hernandez. Quel piccolo centrocampista – nel giro di un paio d’anni – avrebbe tolto il posto in squadra al suo idolo Guardiola e poi rivoluzionato il ruolo, il Barcellona e – proprio con l’aiuto di Guardiola, diventato allenatore – il gioco del calcio.

Due mondi a parte

Mentre il Barça del 1999 vinceva il suo sedicesimo titolo nazionale, il Girona – che si era sempre barcamenato in terza serie, con qualche breve avventura in seconda – arrivava primo nel campionato regionale catalano, un torneo che sconfinava nel calcio amatoriale.


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Michel e Xavi prima della partita vinta dal Girona per 4-2

Il 10 dicembre scorso, il Barcellona allenato da Xavi, ha perso per 4-2 in casa contro il Girona, primo in classifica della Liga, davanti al Barça, davanti all’atletico Madrid di Simeone e anche al Real di Ancelotti, insomma, davanti a tutti. Fino a sei anni fa, il Girona non aveva mai messo piede nella massima serie spagnola. Ad allenarlo, oggi, c’è un ex calciatore con i piedi buoni e con un nome, Michel, che ai più ricorderà qualcuno più famoso di lui, ovvero l’elegante campione del Real anni Ottanta e Novanta.

Per capire il Girona, oggi primo con 44 punti (frutto di 14 vittorie, due pareggi e una sola sconfitta), bisogna capire che giocatore era e che allenatore è nel frattempo diventato Michel, una di quelle divinità locali che ormai solo il calcio riesce a produrre. Non a Girona, ma a Vallecas, il quartiere di Madrid dove tutto è Rayo Vallecano, la vera squadra del popolo della capitale.

L’idolo di Vallecas

Michel al Rayo, dove ha giocato per quasi tutta la carriera (tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila), era una mezzapunta venerata per il suo sinistro, per le giocate estrose e per le sue punizioni: per i tifosi di Vallecas era uno di loro che ce l’aveva fatta, uno che aveva mostrato come il talento poteva brillare anche in periferia. Eppure c’era qualcosa che non andava in lui. Gliela spiegò un suo allenatore, Paquito, che in pratica gli disse che ok la tecnica, i piedi buoni, i calci di punizioni e tutto quanto, ma se non si fosse messo a correre con lui avrebbe giocato poco. Così andò. Michel, che era il giocatore più talentuoso della rosa, se la prese il giusto.

Poi, l’anno scorso, dopo aver passato qualche anno ad allenare, ha dato ragione al vecchio maestro in un’intervista rilasciata quando il Girona, che galleggiava a metà classifica, sembrava la “cosa nuova da vedere” della Liga: “Oggi mi rendo conto che Paquito aveva ragione, perché ero un calciatore che si rendeva utile solamente con la palla. Mentre senza palla ero un uomo in meno”. La lezione è stata assorbita e Michel negli anni scorsi ne ha fatto tesoro, creando in Segunda Division due squadre associative in grado di giocare bene, vincere e salire nel massimo campionato: prima il suo amato Rayo e poi l’Huesca. In entrambi i casi però il salto di categoria era sembrato troppo per lui, esonerato senza rimpianti. Sembrava un incompiuto, come quando era calciatore, uno che andava bene, sì, ma solo fino a un certo punto.


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Il gol del momentaneo 3-1 contro il Barcellona

Riprova, sarai più fortunato

Nel 2021 però lo chiama il Girona per provare la terza scalata alla Liga. Parte male, ma la società lo difende e lui riesce nell’impresa passando attraverso la porta stretta dei playoff.

Lo scorso anno tutti si aspettavano che il Girona pagasse dazio: una squadra senza esperienza, con pochi soldi, vecchi idoli locali senza appeal (come l’ultratrentenne bomber Stuani), scarti di altre squadre e Michel in panchina, a patire il terzo esonero. Invece il Girona gioca a viso aperto con tutti, sfiora la qualificazione in Conference League (buttata con un finale sciagurato) e abbatte perfino il Real Madrid con un 4-2 che ha fatto storia. Gli eroi di quella squadra erano il centravanti Taty Castellanos (che fece tutti e quattro i gol al Real, passato alla Lazio), il difensore Santiago Bueno, andato in Premier League, e il centrocampista difensivo Oriol Romeu, un ex promessa mai del tutto mantenuta, tornato – dopo una stagione perfetta – da dove era partito oltre dieci anni fa, al Barcellona.

Romeu era considerato l’equilibratore di un Girona a trazione anteriore, che si appoggiava sul suo senso tattico e sulla sua capacità di recuperare i palloni per rimanere in un equilibrio altrimenti precario. Insomma, molti osservatori l’estate scorsa, dissero che se Michel non avesse trovato la controfigura di Romeu, tutto il suo castello sarebbe potuto cadere miseramente.


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L’olandese Daley Blind, 33 anni, colonna difensiva del Girona

L’allenatore ha invece preferito prendere un’altra strada, ricordando come le squadre innovative si costruiscano con delle idee e non facendo raccolte di figurine. Senza Romeu tanto valeva spingere sul possesso palla, e quindi spazio in regia al capitano Aleix Garcia, ex mezzala capace sia di cambiare campo con lanci precisi che di inserimenti in grado di scombussolare le difese. Perché questo è il punto: tutti, nel Girona, sembrano in grado di poter far tutto e cambiare posizione. E il problema di come prendere la palla lo lasciano agli altri. In un video di Football Meta viene fatto vedere dall’alto il 4-3-3 del Girona (capace in fase di attacco di diventare una specie di 2-3-5 che schiaccia le difese fino a farle implodere), e fin qui niente di strano. Ma se guardi i giocatori scopri che c’è un centrocampista in difesa, un centrale sulla fascia e un terzino a fare da interno. Non è un caso che uno dei centrali è l’olandese Daley Blind, ex Ajax e Manchester United, uno che nella vita ha fatto sia il terzino che il centrocampista.

La svolta tattica

Questo gioco di posizione con cui ha annichilito il maestro Xavi (e quasi tutti gli avversari incontrati finora) si poggia su una grande tecnica individuale e su una soluzione moderna a uno dei vecchi canovacci del calcio, non la divisione del campo in attacco e difesa, ma in destra e sinistra. Una volta a destra c’era il terzino bloccato e a sinistra il fluidificante, con meno compiti difensivi. Michel invece sposta gioco e giocatori a destra, affollando una parte del campo dove, grazie alla tecnica dei suoi e alle triangolazioni che permettono il controllo del pallone, resta in superiorità numerica fino a che l’avversario, in cerca del pallone, non porta “troppi” uomini. A quel punto ecco puntuale il cambio campo verso sinistra dove c’è il brasiliano Savio, un’ala vecchio stile capace di inventare sempre qualcosa. Insomma, se li lasci giocare a destra il Girona ha più uomini e si può avvicinare alla tua porta, se provi a impedirgli di giocare ti scopri a sinistra, liberando il suo uomo più pericoloso. Inoltre, le avanzate dalla seconda linea di Blind, Garcia e degli altri centrocampisti riescono a scompaginare le difese, non abituate a dover coprire i mezzi spazi. Tecnica più organizzazione, ovvero quello che aveva Michel da giocatore insieme a quel che gli mancava.

Così il Girona sogna di diventare un’anomalia, il primo club in grado di vincere per la prima volta il titolo spagnolo dai tempi del Deportivo La Coruña 1999-2000, quello che tolse il titolo al Barcellona e al giovane Xavi.


Aleix Garcia contro Joselu in Girona-Real Madrid del 30 settembre

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