Calcio

Yakin - Xhaka, compatibilità a orologeria

Come sempre quando i risultati non arrivano, emergono polemiche, malumori e idiosincrasie all'interno del clan

11 settembre 2023
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Che i rapporti fra il capitano Granit Xhaka e il selezionatore Murat Yakin fossero tutt'altro che idilliaci l'abbiamo sempre saputo. I diretti interessati, del resto, non hanno mai fatto nulla per negarlo, tranne qualche smentita d'ordinanza alla quale, ad ogni modo, nessuno ha mai creduto davvero. Legittimo, eh, ci mancherebbe: mica si può andare d'accordo con tutti, mica puoi farti piacere per forza ciò che proprio non ti va giù. Si cerca semplicemente, data la necessità di convivere, di salvare le apparenze e di mantenere il conflitto entro termini accettabili: evitando, insomma, di lanciare accuse dirette, troppo esplicite.

E così, fino a un paio di giorni fa, erano funzionate le cose fra Murat e Granit. Ma, dopo lo sciagurato 2-2 di Pristina, quel limite è stato superato: il giocatore, infatti, ha pubblicamente dichiarato che il pareggio - da tutti giustamente considerato un'autentica disfatta - è figlio della sbagliata attitudine mostrata dalla squadra nei giorni precedenti la sfida al Kosovo. ‘Abbiamo giocato come ci siamo allenati’, ha detto il capitano. La frase è subdola: all'apparenza sta a significare infatti che al gruppo è mancato l'impegno sia in allenamento sia in partita, ma scavando appena un pochino in profondità può essere letta come un'aperta critica ai metodi e al credo del selezionatore: non vinciamo perché il lavoro che svolgiamo è inutile e inefficace.

In questo senso, Xhaka potrebbe non avere tutti i torti, dato che sono parecchi gli appunti che possono essere mossi nei confronti del tecnico basilese. Probabilmente Murat, quando gli è stato affidato un incarico così importante, non aveva ancora maturato la giusta esperienza, specie a certi livelli. E non è che, nel frattempo, abbia colmato questa lacuna. Il tecnico, poi, ha sempre stupito - in negativo - per certe scelte assai curiose nel diramare le convocazioni: nelle liste, non si sa bene perché, qualche ruolo resta sempre clamorosamente sguarnito. Non esente da critiche è pure il modo con cui, il giorno della partita, Yakin stila modulo e formazione, spesso inediti, curiosi, azzardati.

E poi, ovviamente, sotto accusa ci sono i risultati, che fin qui non sono mai stati granché convincenti. Ci ha portato in Qatar, dirà qualcuno. Obiezione respinta: lui ha soltanto completato il lavoro svolto da chi l'aveva preceduto nella funzione, e se la qualificazione fu diretta, più che per merito del nostro Ct, dipese dal fatto che l'italiano Jorginho calciò malissimo ben due rigori contro Sommer. Li avesse invece segnati, a qualificarsi senza passare dai playoff sarebbero stati gli azzurri: a vedersela agli spareggi con Macedonia del Nord ed eventualmente Portogallo sarebbero stati dunque i rossocrociati, e ai Mondiali abbiamo poi tutti visto quanto più forti di noi fossero i lusitani. Poco elegante, infine, è stato il modo con cui il selezionatore ha addossato tutte le colpe per il deludente 2-2 di Pristina sulle spalle del povero Ndoye, reo di non aver nascosto il pallone a venti secondi dalla fine, come se invece tutto il resto della serata fosse andato a meraviglia.

Nella diatriba con Xhaka, ad ogni buon conto, non tutto gioca contro Yakin. Il tecnico potrà sempre far notare al capitano che il ticket - senza scali - per Doha fu conquistato senza il minimo apporto di Granit, che quelle fondamentali partite non le giocò. La squadra, pur priva del suo regista, si era ben comportata, e più di un critico aveva avanzato l'idea che il modulo ideale fosse proprio quello che vedeva escluso il senatore. Inoltre, potrà rimproverargli pure il fatto che - a livello emotivo e di comportamento in campo - la condotta del numero 10 non è sempre stata esemplare, anzi.

E ovviamente ci riferiamo agli epici scontri con la Serbia, che se da una parte hanno motivato Granit al massimo - giocò infatti sempre molto bene - dall'altra lo hanno pure indotto a mingere fuori dal vaso per colpa di un eccessivo coinvolgimento emotivo: esasperazioni che il gruppo, finito ogni volta sotto i riflettori mediatici, ha poi puntualmente pagato carissimo nelle partite successive a livello di calo di concentrazione e spreco di preziose energie. Infine, non ci stupiremmo se Yakin, fra l'altro con qualche ragione, rimproverasse al capitano un palese scarso impegno in occasione della figuraccia di Pristina: intenzionalmente o meno, Granit contro i suoi cugini kosovari ha fatto di tutto per non incidere in alcun modo sull'andamento della gara.

La situazione in seno alla Nati, dunque, si fa sempre più incandescente, e c'è da scommettere che, da qui al termine delle qualificazioni europee, ne vedremo ancora delle belle. L'unica consolazione è che, malgrado i numerosi punti colpevolmente lasciati per strada contro Romania e Kosovo, il primato nel girone e dunque la qualificazione per il torneo tedesco - complici anche un sorteggio più che benevolo e una formula assai generosa - non dovrebbero essere per nulla in discussione.

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