Calcio

Fazliji, il più svizzero dei kosovari

Nessuno meglio del sangallese, prima della sfida di sabato a Pristina fra Svizzera e Kosovo, incarna la figura del giocatore dalla doppia nazionalità

6 settembre 2023
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Pur essendo Sangallese fino al midollo, Betim Fazliji sabato sera a Pristina sarà avversario della nazionale rossocrociata nella gara di qualificazione a Euro 2024. Nessuno meglio del centrocampista ventiquattrenne, infatti, può spiegare la peculiarità di questo match, che certo è molto diverso da qualunque altro. Pur non essendo nato in Svizzera come invece hanno fatto alcuni dei suoi compagni - come Fidan Akliti, Ismajl Beka, Florent Hadergjonaj, Kreshnik Hajrizi, Andi Hoti e Arijanet Muric - Fazliji è ad oggi il più ‘elvetico’ dei nazionali kosovari. Cresciuto a Rebstein, ha vestito le maglie delle giovanili del San Gallo e poi se n‘è andato al Sankt Pauli, nelle Bundesliga cadetta. Alla fine di una stagione altalenante, però, quest'estate ha fatto ritorno al suo club formatore.

«Ad Amburgo non ero del tutto felice», ha spiegato il ragazzo ai colleghi dell'Ats. «Per la prima volta mi trovavo lontano dalla famiglia e dagli amici. E poi ero arrivato in una squadra che stava andando molto bene, quindi sarebbe stato difficile riuscire a ritagliarmi uno spazio tutto mio. Alla fine, comunque, non sono dispiaciuto o pentito di aver fatto quest'esperienza».

Rientrato al San Gallo, Fazliji si sta affermando come uno degli elementi fondamentali della formazione messa in campo da Peter Zeidler, come centrocampista centrale arretrato. «Amo questo ruolo», conferma il diretto interessato. «Giocando in questa posizione, posso recuperare i palloni, oltre a disturbare gli avversari quando tentano di metterci pressione. Si tratta di un ruolo importante sia in fase di interdizione sia in quella di costruzione. Ora non so se resterò a San Gallo per il resto della mia carriera, ma di sicuro qui viglio vincere un titolo, per regalare momenti indimenticabili a questa regione e a questa gente davvero pazza per il calcio».

A scadenza molto più ravvicinata, per Fazliji c’è all'orizzonte la sfida di sabato a Pristina fra Kosovo e Svizzera, un anno e mezzo dopo l'1-1 di Zurigo, al termine del primo confronto fra queste due nazionali. «L'atmosfera al Letzigrund quella volta era davvero straordinaria», ricorda il mediano. «Era stata veramente una bella festa. Una gara fra Svizzera e Kosovo può suscitare enormi emozioni in tutti i giocatori che, come me, posseggono radici e passaporti di entrambi i Paesi. Io lo interpreto davvero come una partita all'insegna dell'amicizia. Però credetemi, sabato farò di tutto in campo affinché il Kosovo riesca a battere la squadra di gran lunga favorita per il primo posto nel girone».

Nazionale U20 rossocrociato nel 2020, Betim Fazliji riconosce di aver scelto in seguito la maglia kosovara soprattutto perché, avesse deciso per quella svizzera, avrebbe fatto molta più fatica a trovare un posto da titolare. «Nel mio ruolo, c'era gente come Xhaka, Freuler e Zakaria, tre giocatori di classe mondiale. Ho sempre sognato di giocare un giorno in una nazionale e, avessi scelto la Svizzera, avrei dovuto aspettare troppi anni per avere finalmente una chance. Il Kosovo invece quest'opportunità me l'ha offerta immediatamente. Devo ringraziare in particolare Bernard Challendes, che allora dirigeva il Kosovo, per avermi da subito dato fiducia».

Il tecnico romando ora non siede più sulla panchina della nazionale balcanica, e certo non si può dire che la sua sostituzione sia stata indolore. Il suo successore Alain Giresse, infatti, è stato quasi subito licenziato, dopo il disastroso avvio di questa campagna continentale, con soli 3 punti raccolti in 4 partite. «Quandi guardo il roster della nostra squadra», dice ancora arrabbiato Fazliji, «davvero non mi spiego come abbiamo potuto perdere contro la Bielorussia e pareggiare contro Andorra. Avremmo infatti il potenziale per giocarci uno dei primi posti, in questo gruppo. Però non va dimenticata un aspetto evidente: il Kosovo esiste come nazionale di calcio soltanto dal 2016, e dunque ci serve ancora del tempo per crescere».

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