Calcio

Il Covid farà scoppiare la bolla nel pallone?

Stando agli esperti, la pandemia avrà degli effetti anche sui costi del mercato calcistico. Insomma, il 'trasferimento del secolo' dovrà pazientare

Ti-Press/Putzu
19 aprile 2020
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La pandemia di coronavirus sta sta accelerando lo scoppio della bolla del calcio? «Sì», dicono senza esitazione gli esperti interrogati dall'agenzia France Presse, ma «solo nel breve termine, se non ci sarà una regolamentazione per controllare l'inflazione che si è avuta nell'ultimo decennio».

In sostanza, il 'trasferimento del secolo' dovrà aspettare. Per mancanza di acquirenti: così gli astri nascenti Kylian Mbappé (21 anni), Jadon Sancho (20) o Erling Haaland (19), i principali candidati a battere il record di Neymar (222 milioni di euro nel 2017), se ne rimarranno buoni buoni a Parigi e Dortmund. «Per un semplice motivo - spiega l'economista Jean-Pascal Gayant -, cioè che i club avranno grossi problemi di liquidità. Con l'incertezza sui diritti televisivi e sui ricavi delle sponsorizzazioni, diventerà molto complicato impegnarsi in acquisti tanto importanti, soprattutto in Inghilterra e Spagna che sono i campionati che hanno trainato il mercato negli ultimi anni». E come spiega Fernando Lara, professore di economia, all'Università di Navarra, «sborsare 100 milioni di euro per un giocatore nella prossima stagione è qualcosa a cui nessuno in Spagna sta davvero pensando»

L'effetto domino

Secondo uno studio dell'International Center for Sports Studies di Neuchâtel, la crisi sanitaria che ha portato all'interruzione delle competizioni potrebbe portare a un calo del 28% del valore di trasferimento dei giocatori nei cinque principali campionati europei, portandolo da 32,7 a 23,4 miliardi di euro. Ad esempio, i francesi del Psg vedrebbero la loro 'rosa' svalutarsi di 302 milioni di euro (-31,4%), gli spagnoli del Real Madrid di 350 milioni (-31,8%) e i loro 'cugini' del Barcelona di 366 milioni (-31,3%). Ciò causerebbe un forte rallentamento nel mercato dei top-player, che a sua volta avrebbe un effetto domino sugli altri, secondo diversi operatori del mercato.

Le vittime principali? I campionati come quello portoghese, belga, olandese, francese ma pure quello svizzero, che hanno optato per un modello economico basato sul "player trading" grazie ad un'efficace politica di formazione. «Il coronavirus non ci aiuta nel nostro approccio di vendita» ammette Oleg Petrov, vicepresidente del club monegasco del Monaco. «Data la situazione che regna a livello internazionale, un club sarà meno incline a pagare l'importo richiesto».

Solo una parentesi?

Tuttavia, stando agli esperti non ci sarebbe da preoccuparsi a lungo termine. «Quando il mondo del pallone si rimetterà in piedi, torneremo in un regime di inflazione con stipendi sempre più alti e trasferimenti sempre più costosi. Non credo che questo metterà in discussione il sistema in larga misura - continua Gayant -. E uno dei motivi è che io non credo ci sia alcuna possibilità di una regolamentazione globale o sovranazionale per scongiurare ciò. E la Brexit ha ulteriormente ridotto questa possibilità nel vecchio continente».

Eppure tra 'tasse sul lusso' per i club che spendono troppo, limitazioni delle commissioni intascati dagli agenti, eccetera, nel tentativo di frenare l'incredibile aumento degli stipendi e dei prezzi di trasferimento, organismi come Fifa e Uefa stanno valutando nuovi strumenti, senza però aver ancora preso provvedimenti. Il fair play finanziario istituito dalla Confederazione calcistica europea nel 2011 ha certamente contribuito a ripulire i conti dei club, ma «dovrà probabilmente adattarsi a un'epoca diversa», ammette il presidente Uefa Aleksander Ceferin, alludendo all'incapacità di impedire la concentrazione dei migliori talenti nei club più grandi. «Possiamo forse approfittare della crisi per riformare il calcio facendo un passo indietro», ha detto invece in un'intervista alla Gazzetta dello Sport il presidente Fifa Gianni Infantino. Che sia il preludio all'annuncio di profondi cambiamenti?

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