Calcio

Se il computer scende in campo

Il match analyst dell'Italia campione del mondo nel 2006 Adriano Bacconi alza il sipario sul mondo 'assistenti tecnologici' degli allenatori

26 gennaio 2019
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L’evoluzione tecnologica permette all’allenatore odierno di sfruttare una serie di strumenti sempre più precisi e mirati. “Performance analysis” e big data sono alcuni dei moderni supporti che consentono una sintesi estremamente approfondita non solo della singola azione di gioco, ma di tutti i movimenti fatti dagli atleti nel corso della gara. Ne ha parlato martedì in una delle serate dell’evento sportech Adriano Bacconi, match analyst della Nazionale italiana campione del mondo nel 2006. «Rispetto agli anni 90 sono stati fatti degli enormi passi in avanti – spiega Bacconi –. Oggi è possibile ricevere, già nel corso della partita, diverse informazioni che permettono ai commissari tecnici di apportare degli accorgimenti sul momento. Inoltre, da un singolo incontro è possibile ricavare dati sempre più specifici. Ormai non si possono più studiare solamente le azioni in cui il giocatore è in possesso di palla. L’esito della prestazione è dovuto a molteplici aspetti ed è necessario valutare le numerose variabili, i movimenti e le giocate effettuate o tentate da ogni calciatore».

Le diverse indicazioni a disposizione consentono inoltre di svolgere allenamenti specifici per affinare le capacità del giocatore e per limare i suoi punti deboli. Analizzando le immagini con i programmi odierni gli analisti sono in grado di stimare, ad esempio, il momento in cui il portatore di palla va in difficoltà a causa della pressione avversaria. Così facendo, lo staff tecnico può ricreare la stessa situazione e lavorare sulle criticità fino a ottenere i miglioramenti auspicati. L’ausilio di mezzi informatici è molto importante. Ma lo studio, per un allenatore, non termina mai. Una preparazione completa, così come la capacità di adeguarsi ai giocatori che si hanno a disposizione, è essenziale. Una tattica o un modulo di gioco può fornire ottimi risultati in un determinato contesto, ma non bisogna “fossilizzarsi” e credere che quel sistema sia applicabile ovunque. Una squadra potrebbe avere bisogno di schemi più “rigidi”, dove ognuno sappia esattamente qual è il suo ruolo e come deve muoversi, mentre invece in un altro club «il mister potrebbe impostare il gioco in modo da lasciare maggiore libertà al singolo fuoriclasse e metterlo così nella condizione di esprimere al meglio il proprio estro e il proprio talento – prosegue Bacconi –. Poi ovviamente subentra la capacità dei calciatori di applicarsi e di interiorizzare determinati concetti. Io credo che in futuro si andrà sempre più verso un’evoluzione della specie: i tecnici che spiccheranno sui colleghi saranno quelli che sapranno sfruttare le innovazioni tecnologiche a loro disposizione».

È importante non tralasciare mai l’aspetto educativo, soprattutto quando si lavora con i più giovani. Pochissimi ragazzi che frequentano le scuole calcio arriveranno a diventare professionisti, ma tra i compiti di un formatore c’è soprattutto quello di fornire degli insegnamenti che possano essere utili anche al di fuori del mondo del calcio, come a scuola o, più in generale, nella vita. «Secondo me ha poco senso parlare di tattica e fuorigioco a un bambino di sei anni che non è neanche completamente in chiaro su quali siano le reali distanze e le dimensioni di un campo da calcio. Sarebbe magari più utile tralasciare questi aspetti e preoccuparsi di dare loro un metodo, di insegnare loro a ragionare. Ritengo importante anche riuscire a coinvolgere i genitori dei giovani calciatori. Potrebbero mettersi a disposizione e collaborare assieme agli allenatori per aiutarli nel processo di formazione».

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