laR+ IL COMMENTO

L’Udc mastica amaro, ininfluente il soccorso liberale-radicale

Il sostegno del Plr ai suoi candidati non è servito: la Camera dei Cantoni si conferma baluardo difficilmente espugnabile per il partito di Marco Chiesa

In sintesi:
  • La scelta di alcune sezioni del Plr potrebbe essere gravida di conseguenze per il partito a medio termine
  • L’Alleanza del Centro rafforza il suo ruolo di ago della bilancia in Parlamento
A Zurigo la verde-liberale Tiana Angelina Moser ha lasciato le briciole al suo rivele democentrista Gregor Rutz
(Keystone)
20 novembre 2023
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L’Alleanza del Centro (ex Ppd) torna al Consiglio degli Stati nel Canton Argovia, occupando una poltrona che negli ultimi quattro anni era stata dell’Udc. Ci provava dal 1995. Nel 1999 nemmeno la ex consigliera federale Doris Leuthard ce l’aveva fatta.

Nel Canton Sciaffusa è il Ps a tornare alla Camera dei cantoni, mettendo fine a un’assenza durata 32 anni. Lo fa in maniera eclatante: con un neofita sul piano federale, che manda a casa il noto e rodato Thomas Minder (indipendente, ma di casa nell’Udc), a Berna dal 2011.

Il Plr (ma questo lo si sapeva già dopo il primo turno) perde nel Canton Zurigo il seggio che deteneva ininterrottamente da 40 anni. Il posto dell’uscente Ruedi Noser verrà preso non da un esponente della destra, ma dalla consigliera nazionale verde-liberale Tiana Angelina Moser, che ha fatto un sol boccone del suo contendente democentrista.

Si sa: nelle elezioni per il Consiglio degli Stati le personalità contano almeno quanto il partito d’appartenenza.

Molte volte a un partito ‘basta’ una buona candidata, un buon candidato, per ribaltare una sconfitta rimediata quattro anni prima. E viceversa. Sarebbe fuori luogo, pertanto, caricare di senso – in positivo o in negativo – le performance delle singole forze politiche a una data elezione.

Dunque non definiremo ‘storici’ i risultati – pur eclatanti, per certi versi – di tre degli ultimi quattro ballottaggi svoltisi ieri nella Svizzera tedesca (vedi a pagina 8; del Ticino scriviamo a parte). Eppure, questi offrono – assieme a quelli emersi in precedenza – più d’uno spunto di riflessione.

L’Udc, anzitutto. Ha sì difeso in Ticino il seggio del suo presidente Marco Chiesa. Ma questa domenica tutti gli altri suoi candidati sono usciti sconfitti, Gregor Rutz (Zurigo) e Christian Imark (Soletta) persino malamente. Alla fine il partito perde due seggi al Consiglio degli Stati (se si conta anche quello dell’indipendente Minder).

Siamo alle solite: il primo partito svizzero può progredire fin che vuole al Nazionale (+2,3% e +9 seggi rispetto al 2019), ma non sfonda alla Camera alta, dove rimarrà un peso leggero. In passato erano scesi in campo – invano – politici del calibro di Christoph Blocher, Ueli Maurer e Toni Brunner. Anche stavolta, nonostante gli sforzi profusi per ammorbidire il loro profilo, i suoi candidati – in scrutini che si svolgono col sistema maggioritario – sono risultati indigesti a buona parte dell’elettorato. Persino in cantoni (come quelli dove si sono svolti ieri i ballottaggi) dove l’Udc è il partito più forte alle Federali.

All’Udc non è bastato il soccorso liberale-radicale. A queste elezioni il Plr, come mai era capitato finora, si è di fatto degradato al ruolo di portatore d’acqua dei democentristi. Dapprima congiungendo le liste con i ‘cugini’ di destra in una decina di cantoni alle elezioni per il Nazionale; poi rincorrendoli maldestramente sul loro terreno (anzi: persino battendoli sul tempo nel criticare la sacrosanta decisione della Segreteria di Stato della migrazione di concedere l’asilo alle donne afghane ammesse provvisoriamente); infine, nei quattro cantoni dove si è votato ieri, ritirando i propri candidati battuti al primo turno senza proporre un’alternativa e per giunta chiamando a votare democentrista al ballottaggio.

La sciagurata scelta di alcune sue sezioni cantonali è stata apertamente criticata da ex esponenti liberali-radicali di primo piano, come la già ‘senatrice’ argoviese Christine Egerszegi o il consigliere nazionale uscente Kurt Fluri (Soletta). Non sarà forse costata granché in termini di seggi (-1 al Nazionale, -1 agli Stati). Ma a medio termine potrebbe rivelarsi gravida di conseguenze per un partito da decenni in costante calo di consensi, e che continuando su questa strada corre il rischio di essere visto sempre più come ‘junior partner’ dell’Udc.

Invece può cantar vittoria il Ps. Contro i pronostici della vigilia, i socialisti progrediscono di due seggi agli Stati. Compensano così a sinistra le perdite subite dai Verdi.

Dal canto suo, l’Alleanza del Centro – e questa è un’altra cattiva notizia per il Plr, in vista di futuri rinnovi parziali del Consiglio federale – consolida la posizione di prima forza alla Camera alta. Il partito di Gerhard Pfister riesce nell’intento dichiarato di avanzare al di fuori dei suoi tradizionali bastioni, nei popolosi cantoni dell’Altopiano (Argovia). Si conferma così, discretamente, come il principale vincitore di queste Federali, come vero e proprio ago della bilancia in un Parlamento che nella legislatura 2023-2027 vedrà – almeno sulla carta – due Camere più in sintonia l’una con l’altra: un Consiglio degli Stati dagli equilibri politici immutati, con una marcata impronta conservatrice; e un Nazionale dove a un rinvigorito ‘blocco’ di destra formato da Udc/Udf/Mcg/Lega e Plr mancherà una manciata di voti per far passare la propria linea.

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