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Sussidi di cassa malati, costi della salute: il Parlamento fa una magra figura. Mentre Cantoni e Consiglio federale frenano.

In sintesi:
  • Fioccano le idee, più o meno originali, ma non si sfrutta nemmeno il margine esistente
  • Tra meno di due settimane l’annuncio dei premi 2024: probabile un aumento medio dell’8-9%
Fra meno di due settimane l’atteso annuncio dei premi 2024 da parte del ministro della Sanità Alain Berset
(Keystone)
16 settembre 2023
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La popolazione invecchia; nuovi, costosi farmaci vengono continuamente immessi sul mercato; sofisticate apparecchiature consentono di diagnosticare malattie che solo fino a pochi anni fa sarebbero rimaste sotto traccia vita natural durante, con l’ignaro ‘paziente’ che spesso moriva prima d’altro. Si può fare ben poco contro l’evoluzione demografica, il progresso scientifico e il loro impatto psico-sociologico (il diffuso sovraconsumo di farmaci e prestazioni mediche), inesorabili motori della spesa sanitaria. Contro altri fattori strutturali che la spingono verso l’alto invece sì, qualcosa si può fare.

La riduzione individuale dei premi (Rip) non è che un correttivo sociale a posteriori, non certo una risposta a questo fenomeno. Ma ad oggi resta uno dei pochi strumenti di provata efficacia per ridurre l’onere dei premi di cassa malati – fedele riflesso dei costi sanitari – sulle economie domestiche, una parte delle quali consacra a questa voce di spesa più del 10 per cento del proprio bilancio. A soffrirne maggiormente è il ceto medio inferiore, tagliato fuori dai sussidi. Anche a causa della politica di molti Cantoni: nell’ultimo decennio, mentre i costi crescevano e la Confederazione aumentava di conseguenza il suo contributo, una decina di loro (non il Ticino) ha addirittura diminuito l’importo destinato alla Rip.

Il Parlamento questa settimana aveva un’occasione per richiamarli all’ordine. La maggioranza borghese (Udc, Plr, Centro) non l’ha voluta cogliere, puntando invece su un controprogetto minimalista all’iniziativa popolare del Ps. Una scelta sciagurata sul piano sociale, tanto più nell’attuale contesto di aumento generalizzato dei prezzi (elettricità, affitti, generi alimentari, ecc.). Una scelta azzardata sul piano politico: il Ps non ritirerà la sua iniziativa, e a questo punto le chance di successo alle urne sembrano piuttosto buone. Anche perché l’altro controprogetto sul tavolo, quello all’iniziativa popolare del Centro, manca di mordente e non potrà dunque fungere da valida spalla: serve a poco infatti stabilire obiettivi di contenimento dei costi e di qualità nell’assicurazione di base, se poi nessuno è chiamato per legge ad adottare correttivi in caso di superamento delle soglie.

Non è solo il Parlamento a frenare. I Cantoni, ancora: non brillano per coraggio politico nella pianificazione ospedaliera, né hanno dimostrato sin qui particolare solerzia nel pilotare l’apertura di nuovi studi medici. Persino il Consiglio federale (o lo stesso Ufficio federale della sanità pubblica) potrebbe già oggi fare qualcosa, senza bisogno di passare dal Parlamento. Ad esempio: restringere i margini di guadagno di farmacie, medici dispensatori e ospedali sulla vendita di farmaci, ciò che tra l’altro farebbe aumentare la quota di generici; ridurre il prezzo di questi ultimi al livello dei Paesi europei di riferimento; abbassare ulteriormente le tariffe dei laboratori; o ancora approvare senza indugiare oltre le nuove strutture tariffali negoziate dai partner tariffali (Tardoc, forfait ambulatoriali).

Non sarà granché, si dirà. Ma sarebbe pur sempre un timido inizio. Nell’attesa di qualcosa di più consistente, a medio-lungo termine (finanziamento unitario delle prestazioni, cassa malati unica e pubblica, premi in funzione del reddito, assicurazione sanitaria ‘budget’, abolizione tout court della Lamal, ecc.: le idee, o mezze idee, non mancano), non ci resta che prepararci all’ultimo annuncio shock del ministro della Sanità uscente Alain Berset: per il 2024 è probabile un aumento medio dei premi dell’8-9%. Dopo quello del 6,6% di quest’anno.

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