laR+ IL COMMENTO

(Non) siamo tutti direttori artistici

La politica che mette becco nelle scelte artistiche puzza sempre d’insuccesso. Soprattutto al Teatro Sociale

Bellinzona, esterno notte
(Ti-Press)
22 dicembre 2022
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Nella bassa lombarda, durante la prima decade degli anni Duemila, il concorso canoro si diffuse come un morbo. Decisiva fu la prima edizione di X Factor, durante la quale la showgirl Simona Ventura decideva le sorti delle future stelle della canzone in base a un criterio che avrebbe cambiato per sempre qualsiasi giudizio artistico, e che insieme al popolo degli aspiranti cantanti, vecchio quanto l’umanità, avrebbe generato un popolo di aspiranti giurati: "Mi arrivi/non mi arrivi".

Al tempo, "mi arrivi/non mi arrivi" (una specie di "non è bella, è un tipo") liberò un potenziale inesploso, traducibile in questi termini: "Di musica non ci capisco nulla, ma posso dire anche io la mia". Un micro-concetto democratico e alla portata di tutti, inserito nel macro-concetto ‘il pubblico ha sempre ragione’.

Il concorso canoro di provincia abbraccia più fasce d’età. Si va dai pre-adolescenti dall’impressionante e provvisoria estensione vocale fino ai 50enni che ci hanno provato tutta la vita a diventare Francesco Renga e non ce l’hanno fatta. A giudicarli, di norma, è una commissione artistica composta da: 1. Eroi locali del mondo dello spettacolo; 2. Talent scout veri o presunti; 3. Farabutti conclamati ("Dacci solo quattro monete / E ti iscriviamo al concorso per la celebrità" – E. Bennato, 1977); 4. Cantanti, ex cantanti; 5. Insegnanti di canto, pianoforte, chitarra o altro strumento a scelta; 6. Insegnanti di danza, fitness, yoga, a volte di sci; 7. Sempre presente, e con illimitato diritto di parola prima che tutto inizi, l’assessore alla Cultura.

Per evitare il lancio della monetina, nei concorsi canori di provincia le giurie si compongono di giurati in numero dispari, affinché dopo l’estenuante successione di aspiranti Mine, Giorge, Alessandre Amorose e Marchi Mengoni (già plurale) si possa avere un vincitore. L’unico inconveniente è il verdetto combattutissimo, quello per il quale risulti decisivo il voto dell’assessore alla Cultura, che di solito non ha mai preso in mano uno strumento, non è mai stato sopra un palcoscenico (se non con testi scritti da altri) e non conosce la differenza tra una chiave di violino* e una chiave inglese.

Se non siete appassionati di concorsi canori di provincia ma avete letto fino a qui, eccoci al punto. Forse la preoccupazione è sovradimensionata, ma da quando il Consiglio comunale di Bellinzona ha deciso che il direttore artistico del Teatro Sociale dovrà avere più ‘tutori’ per fare le sue scelte artistiche, il pensiero è andato subito ai concorsi canori della bassa lombarda, al momento decisivo: "Ma l’assessore alla Cultura, ci capirà di musica?". Dalla prossima stagione, al fianco di Gianfranco Helbling il Teatro Sociale schiererà da tre a sette membri (da retribuire) il cui incarico andrà oltre la promozione dei singoli eventi. Scelte artistiche, dunque, di quella che è già ufficialmente una commissione artistica. Composta da chi? Da professionisti della scena? Attori? Registi? Impresari? Economisti? Dipendenti comunali? Influencer? Cartomanti? Aspiranti cantanti?

Sconcertati, confidiamo nelle categorie non politiche. La politica che mette becco nelle scelte artistiche (e giustifica presunti cali di pubblico attingendo dai dati del periodo Covid) puzza sempre d’insuccesso. Perché è vero che ognuno di noi ha il diritto di dire "mi arrivi/non mi arrivi", ma così come non siamo tutti allenatori, nemmeno siamo tutti direttori artistici.

* Per i non musicisti: la chiave di violino non serve a montare il violino; il violino viene venduto già montato. Anche in Svezia.

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