Commento

Tangentopoli e Mani Pulite: fu vera gloria?

‘Il tempo delle mani pulite’ del giornalista Goffredo Buccini offre uno spunto per riflettere su promesse ed eccessi di quella storica inchiesta

Il pm Antonio Di Pietro
5 novembre 2021
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Il tempo delle mani pulite’ è un bel libro scritto per Laterza da Goffredo Buccini, giornalista del Corriere della Sera, proiettato in quell’inchiesta appena 31enne proprio in occasione dell’arresto di Mario Chiesa: "Il mariuolo" del Pio Albergo Trivulzio di Milano, per usare l’epiteto con cui Bettino Craxi tentò, invano, di prendere le distanze da quell’esponente del suo partito da cui, dopo l’arresto in flagranza il 17 febbraio ’92, partì l’inchiesta che avrebbe travolto un’intera classe politica. Grazie, anche, al ruolo di un pool di giovani cronisti che insieme a Buccini comprendeva, tra gli altri, Piero Colaprico di Repubblica, Paolo Brosio di Rete 4, Andrea Pamparana di Canale 5 e tanti altri che a quella stagione devono una carriera folgorante.

Le reti Mediaset, con l’onnipresente Emilio Fede e i suoi impagabili duetti con Brosio, fecero da grancassa alle indagini dei magistrati, nonostante il gran visir di quelle emittenti fosse un sodale di Bettino Craxi. O forse proprio per quello. L’astuto Berlusconi, con il suo potere mediatico, intravide un pertugio in cui infilarsi per buttarsi in politica e, avendone i mezzi, ci diede dentro a creare i presupposti perché gli italiani invocassero la galera per chi li aveva governati durante tutto il secondo dopoguerra. Ma per ironia della sorte sarà proprio il cronista alle prime armi Goffredo Buccini, insieme al collega Gianluca Di Feo, a provocare un primo stop alla carriera politica del tycoon brianzolo, pubblicando sul Corriere della Sera la notizia dell’avviso di garanzia della Procura di Milano recapitatogli dai Carabinieri a Napoli, mentre presiedeva un vertice internazionale.

Fu vera gloria l’inchiesta di Milano, con i magistrati assurti a vendicatori del popolo derubato da politicanti corrotti e da imprenditori collusi? Un pool di toghe che, come scrive Buccini, aveva sposato la "Dottrina Davigo". Ovvero "l’arresto e la confessione come passaggi necessari a spezzare il vincolo tra tangentisti". Insomma, carcere, carcere, carcere, con la folla che applaudiva, come le tricoteuses che sferruzzavano sotto il palco della ghigliottina durante la Rivoluzione francese. Un carcere che fece anche delle vittime, con i clamorosi suicidi del manager Gabriele Cagliari e dell’imprenditore Raul Gardini. Perché è dura da sopportare la gogna, come sperimentò Bettino Craxi quando fuggì dall’hotel Raphael di Roma, sotto una pioggia di monetine. Una Roma desolata, come vidi con i miei stessi occhi accorgendomi che sul parabrezza di alcune auto blu, parcheggiate nei pressi dell’hotel Plaza – dove aveva il proprio quartier generale un altro big socialista, Gianni de Michelis – la polizia municipale aveva lasciato delle multe per divieto di sosta.

A quasi 30 anni di distanza Goffredo Buccini, oggi editorialista del quotidiano di via Solferino, ammette che i giornalisti "sposarono la militanza" dei magistrati di Mani Pulite assurti a "vendicatori per anni di soprusi, di corruzione, di inefficienza". In realtà, dipingendo un futuro a tinte fosche, uno dei maggiori protagonisti della corruzione, il manager Sergio Cusani, confidandosi con l’autore del libro ammette che "il Paese dopo tangentopoli potrebbe essere assai peggio di prima". Il fatto è, per riprendere una riflessione di Goffredo Buccini, che "tanti ragazzi negli anni Novanta hanno sognato (sbagliando, certo) una palingenesi nazionale".

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