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Plr e Ppd su cosa devono puntare?

Non c'è dubbio: il tema del lavoro deve essere al centro delle loro riflessioni

2 luglio 2020
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Partiti alla ricerca di nuovi leader. Partiti alla ricerca del giusto profilo. Ce n’è per tutti. A livello nazionale è il Pdc (il nostro Ppd), il partito d’ispirazione cattolica, che sta facendo una profonda riflessione: abbandonare o meno il termine cristiano nella sua sigla? In Ticino è invece la spugna gettata da Bixio Caprara a far rinascere il dibattito interno in vista della successione alla presidenza.

Iniziamo col dire che oggi presiedere un partito è una sorta di professione, oltre che di vocazione. Nel senso che, o hai le qualità, il che significa tante cose, o è meglio che ti dedichi ad altro. E fra le qualità ci sono la conoscenza dei dossier, la capacità di essere sul pezzo (reattivi al momento giusto), esser capaci di parlare in pubblico e attraverso i social per dire però qualcosa di chiaro e incisivo e non solo spostare nuvole. Insomma, tutte qualità che non sono facili da trovare in una sola persona in una realtà piccola come la nostra. Del resto lo sappiamo tutti quali sono i partiti con politici che piacciono e convincono (magari anche barando di tanto in tanto) e quali sono quelli che bucano poco lo schermo e finiscono per essere in costante perdita di consensi.

La sfida maggiore è però – crediamo – quella di riuscire ad essere al passo coi tempi, che sono tempi di crisi: per qualcuno di crisi nera. Quanto nera, lo si saprà solo in autunno inoltrato, allo scadere di tutte quelle misure di crisi che opportunamente la Svizzera è stata in grado di adottare per direttissima. E allora cosa ci si aspetta ora e per i mesi/anni a venire da un partito? Che si interroghi sul senso della parola cristiano nel suo simbolo? Se essa debba essere esplicita o meno? E per venire al Plr: quale dibattito interno fra correnti e fazioni è davvero prioritario? Non c’è dubbio: il lavoro deve/dovrà essere al centro. È lui che muove tutto, che determina umori e voti a dipendenza di chi ha la pancia piena (e continuerà ad averla) e chi (una buona fetta?) teme di non averla più. È soprattutto attorno alla capacità di dare risposte concrete su questo nodo – preoccupazione massima del momento – che si giocheranno le preferenze dell’elettorato. E siccome un partito ha successo quanto più riesce a sintonizzarsi sulle speranze e anche i timori dell’elettorato con risposte credibili, è ancor più chiaro cosa significhi per una squadra identificare il giusto profilo e un giusto (nuovo) timoniere. Lo si cerchi facendo però prima un profondo dibattito interno, perché se non si sa in che direzione andare – con tutto quello che è successo in questi inimmaginabili mesi – come si fa a trovare una guida capace ed esperta? Tornando ai democristiani, perché mai abbandonare la componente cristiana? Troppo imbarazzante e impegnativa, perché a favore degli immigrati, della famiglia tradizionale? Per seguire cosa d’altro? Le radici le si vuole forse lasciare nelle mani di chi ne ha già abusato per esempio in chiave anti-musulmana? Risposte non facili da dare. Ma, se si corre il rischio di rimanere senza identikit, si è destinati a svanire nel quasi nulla… Che si parta quindi con decisione nella definizione dell’identità calata nel particolare-duro-strano-sfidante-difficile momento, poi le sigle e i leader convinti a buttarsi nella mischia e a trascinare gli elettori seguiranno.

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