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Alle radici del ‘malandazzo cantonticinese’

Scrive bene lo storico Andrea Ghiringhelli ricordandoci che chi, nel nostro cantone, andava al potere, in particolare fin verso il 1890, sistemava quasi esclusivamente i suoi, mentre agli altri, agli avversari, era indicata la via degli oceani. Il Ticino si sa è relativamente piccolo, mentre la "solidarietà" fra amici, parenti e conoscenti sembra talvolta essersi ancora saldamente inserita nel Dna di certi politicanti. Nel 1844, Carlo Battaglini, scriveva che "le cariche e gli impieghi sono la piaga della nostra Repubblica", ma il fenomeno non sembra proprio estinguersi nei secoli successivi. Va da sé che la quasi ereditarietà di certi "impieghi" va evidentemente a scapito della competenza, della credibilità e dell’efficacia dello Stato. Purtroppo, "il despotismo delle maggioranze è il più detestabile perocché riveste le forme e le apparenze della legalità" (Battaglini, 1839). Di fronte all’evidenza del malandazzo cantonticinese, sarebbe da ingenui voler negare di essere noi stessi gli eredi di quel relativamente lontano passato di intolleranza, di lotte fratricide e tutto sommato di gravi precarietà dello stato di diritto. Sarebbe come negare la nostra stessa storia! Lo stesso fenomeno, ancora ben presente nel territorio, non si limita tuttavia ai vari Dipartimenti statali, comunali non esclusi, ai tanti amministratori della cosa pubblica, ma tocca altresì tutti gli organismi parastatali come la radiotelevisione e la stampa. Ma per tornare a chi viene prescelto per guidare il paese, non conosciamo forse il potere della cosiddetta "raccomandazione"? Il Ticino, dopo centosettant’anni di proporzionale, si trova ormai alla resa dei conti, mentre sarebbe opportuno per il bene comune "rimescolare le carte" permettendo un po’ a tutti di giocare e magari dividere meglio la torta del potere.

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