I dibattiti

Cronache giovanili bellinzonesi: il fallimento 45 anni dopo

Da un documentario televisivo del 1979 alcune riflessioni sulla situazione odierna, che stenta a far maturare soluzioni

Demolita dalla Città nel 2016
(Ti-Press)

Nelle festività è tornato a circolare sui canali sociali un interessante servizio dedicato ai giovani bellinzonesi: realizzato da Sandro Briner e Renato Reichlin, era andato in onda la prima volta nel febbraio 1979 nel programma televisivo ‘Ora G’. La valenza del documentario di 40 minuti è antropologica, ma anche politica. Porta infatti inevitabilmente a chiedersi quali siano oggi i luoghi e gli spazi pubblici con una funzione sociale fruibili dai giovani nel loro tempo libero e che cosa sia cambiato negli ultimi 45 anni.

L’inchiesta tratta del tempo libero, dei passatempi nei fine settimana e dei rapporti con la famiglia in un contesto dove il modello proposto da John Travolta in ‘La febbre del sabato sera’ aveva trovato anche da noi le condizioni per prosperare, nonostante le scarse disponibilità finanziarie dei giovani e la reticenza dei genitori.

Luoghi di culto dell’epoca furono discoteche come ‘La Palma’ a Monte Carasso, inserita in un contesto locale e aperta di domenica pomeriggio, o come ‘Le Stelle’ ad Ascona frequentata di sera da giovani di tutto il cantone. Erano luoghi dedicati al bisogno dei ragazzi e delle ragazze di stare insieme per divertirsi e vivere tutta la fisicità propria della loro età, anche se spesso erano visti con diffidenza dai genitori.

Tra gli spazi giovanili che hanno forgiato intere generazioni di bellinzonesi vengono evocati anche il bagno pubblico, allora vera istituzione popolare (quando i corsi di nuoto erano accessibili a ogni portafoglio e frequentati direi da tutti) e la pista di pattinaggio quando era ancora un luogo sociale (dotata di spogliatoi, bar e buvette dai prezzi veramente popolari) e non un deserto com’è ridotta attualmente dopo la costruzione del centro sportivo. Si trattava di due luoghi stagionali dove centinaia di giovani trascorrevano il loro tempo libero in maniera autogestita, spendendo poco o niente, con un inquadramento di persone adulte veramente minimo.

Il servizio termina con le parole di diciottenni all’interno del loro ‘locale’, un’altra istituzione degli anni 70. Il locale era uno spazio arredato e gestito dai giovani stessi all’interno di case sfitte o in piani seminterrati dove non si dava fastidio. Era un luogo nel quale solitamente gli adulti non erano ammessi, dove ci si trovava tra amici per stare insieme, parlare, ascoltare o fare musica. I giovani intervistati parlano della loro difficoltà a vivere a casa dai genitori e affermano di avere bisogno di uno spazio di vita loro. Per alcuni, il locale era già la loro nuova casa, per altri era un luogo intermedio, dove sperimentare, prima di partire da casa. Riferiscono anche di un progetto di ‘centro [giovanile] autonomo’ finito già allora con un nulla di fatto.

Ancora oggi, 45 anni dopo, di centro giovanile non c’è nemmeno l’ombra, a parte la breve parentesi di casetta ex Zoni all’ex campo militare abbattuta nel 2016 per motivi di sicurezza e per procedere alla realizzazione del parco urbano. Se ne progetta uno nell’ex Stallone, ma l’iter per la sua realizzazione sarà ancora lungo. Chissà se sarà finalmente la volta buona, con l’auspicato coinvolgimento dei giovani della regione? Intanto i giovani, che durante e dopo la pandemia si sono rinchiusi molto e pericolosamente su sé stessi, continuano a incontrarsi nelle case private oppure si raggruppano ai margini della città, fuori dall’abitato, in golena o ai castelli, per non disturbare e per non essere importunati. Personalmente considero questa situazione un fallimento, non solo per la politica ma per l’intera società.

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