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Ex Macello: macerie su cui si può costruire

In Svizzera, e anche in Ticino, fortunatamente non esiste il Lodo Alfano, uno fra i provvedimenti che nella vicina Penisola il “Cavaliere” di recente scomparso aveva pensato subito di istituire come scudo penale per le più alte cariche governative e che garantiva una sorta di immunità volta a passare il messaggio, “se si ha il potere politico, si può fare ciò che si vuole”. Qualcosa che ovviamente ogni cittadino e ogni cittadina che abbia a cuore il bene pubblico e il corretto funzionamento della democrazia dovrebbe aborrire e respingere con forza.

Che il Lodo Alfano o la sua trasposizione metaforica (le metafore a volte sono subdolamente peggiori delle azioni) non esista lo ha dimostrato di recente la riapertura del caso ex Macello, con l’accoglienza, da parte della Corte dei reclami penali, del ricorso presentato da Addio Lugano Bella Associazione C.S.O.A. il Molino. Non voglio entrare nelle sottigliezze di una materia giudiziaria che non mi compete, e che dovranno accertare le autorità preposte, ma in un Paese dove si rischia la multa se si butta la differenziata di domenica, fa strano, molto strano, che si possa abbattere un edificio di notte, senza permessi, mettendo a rischio la popolazione da più punti di vista (la sicurezza! quello che i politici che i cittadini votano dovrebbero garantire più di ogni altra cosa), distruggendo quella che per alcune persone era una casa, un luogo di aggregazione, un’ipotesi di famiglia, e fa strano per non dire fa rabbia che una cosa del genere venga liquidata in modo quantomeno affrettato, senza che sia fatta luce sulle responsabilità, anche se esse fossero diluite e distribuite fra più persone. E che queste responsabilità comportino una sanzione, atta in questo caso a uno spunto di riflessione anche più ampio di quello che riguarderebbe i soli autori del reato.

Una cosa mi ha urtata dell’intera vicenda: c’è stato uno schieramento di persone a favore e persone contro questa faccenda, che più o meno è coinciso con lo schieramento di persone a favore o contro lo sgombero, come se le due azioni – sgombero e abbattimento dell’edificio – fossero più o meno sovrapponibili. Lo sgombero, per quanto un’azione violenta, potrebbe essere vista come legittima, da parte del Municipio, mi stupisce invece che ci sia chi, per mantenere la parte allo schieramento politico vicino e amico, accetti e sottoscriva un’azione non solo violenta, ma che si pone al di fuori della legalità. I Molinari possono stare antipatici quanto si vuole, ma uno spazio che per anni è stato un punto di riferimento per una cultura non istituzionalizzata e partecipativa, che, ancora una volta, è utile a tutt*, fa bene a tutt*, è stato abbattuto violentemente e senza permessi da parte di chi dovrebbe garantire che queste cose non avvengano. Oltre a questo, non è bello mettere a tacere il dissenso, silenziare, e pensare al territorio unicamente come a uno spazio da monetizzare.

Restano le macerie, macerie su cui si può ricostruire – e i recenti avvenimenti in questo senso lasciano spazio all’ottimismo – ma solo a patto che giustizia sia fatta. Un passo, dopo un passo falso, ora è stato fatto anche in ambito giudiziario, grazie alla tenacia di chi chiede giustizia. Speriamo ora che i giudici facciano finalmente chiarezza su chi e cosa. Sarebbe un bel passo per un territorio che, quando conviene, dimentica le basi della cultura democratica.

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