TRIBUNA LIBERA

La lobby per i diritti dell'uomo

L’Istituzione Nazionale per i Diritti Umani segna un passo avanti per la Svizzera, nonostante i fondi scarsi. Ora è urgente risvegliare l’empatia

(Keystone)

Di lobby nel Parlamento svizzero non ne mancano. Quella che manca ancora è la lobby delle vittime, delle persone di cui sono violati i diritti fondamentali. Ovviamente, il nostro sistema giudiziario dispone di Tribunali che devono applicare le convenzioni internazionali, in particolare la Convenzione europea della salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (Cedu, quella stessa Convenzione che il Mattino della Domenica ha recentemente chiesto di denunciare, affinché i Tribunali svizzeri non la debbano più applicare). Ma tutti sappiamo che i gradini degli scaloni dei palazzi di giustizia sono molto alti, per cui ci vuole parecchio denaro per accedere alla giustizia. Ed è anzitutto alle vittime delle violazioni dei diritti fondamentali che manca questo denaro.

23 maggio 2023: una data fondamentale per la protezione dei Diritti dell’Uomo in Svizzera. Infatti, quel giorno, a Berna si è riunita l’assemblea costitutiva dell’Istituzione Nazionale per i Diritti Umani (Indu), come corporazione indipendente di diritto pubblico. La sua missione è molto chiara. Nella sua qualità di istituzione svizzera indipendente per i Diritti Umani, ha per scopo di contribuire alla protezione e alla promozione dei Diritti Umani in ogni settore della vita e a tutti i livelli dello Stato. Ecco il suo preambolo: “I Diritti Umani fanno parte dei fondamenti dell’ordine pubblico e della vita nella società. La Costituzione federale e le Convenzioni ratificate dalla Svizzera obbligano tutte le autorità federali, cantonali e comunali a rispettare, proteggere e mettere in opera i diritti fondamentali e i diritti umani. I Principi di Parigi, adottati dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite (Risoluzione 48/134) nel 1993, come pure le Raccomandazioni formulate dal Consiglio d’Europa nel 1997 n. R (97) 14) e nel 2021 (CM/Rec (2021) 1) precisano che le istituzioni nazionali indipendenti per i diritti umani (Indu) possono apportare un contributo essenziale per la promozione e la protezione dei diritti umani. Questi testi stimolano gli Stati membri a creare simili istituzioni e a dotarle delle risorse e delle competenze necessarie. Adottando gli artt. 10a, 10b, 10c della Legge federale per le misure di protezione civile della pace e per il rafforzamento dei Diritti dell’Uomo, in vigore dall’1.1.2023, il Parlamento federale ha deciso di creare una simile istituzione. Queste disposizioni costituiscono la base legale per l’Istituzione svizzera indipendente per i Diritti Umani”.

Ma i fondi sono minimi

Una missione titanica: informazione e documentazione, ricerca, consulenza, promozione del dialogo e della cooperazione, educazione ai Diritti dell’Uomo e sensibilizzazione, scambi a livello internazionale. Tutto ciò rappresenta un considerevole impegno a favore delle vittime delle violazioni dei Diritti dell’Uomo residenti in Svizzera, in particolare i bambini, i malati, le persone in situazione di handicap, i poveri, le vittime di discriminazione razziale ecc. Si tratta di compiti d’importanza inversamente proporzionale all’importanza dei finanziamenti. Infatti, il preventivo annuale di un milione di franchi corrisponde appena al contributo federale che era stato stanziato precedentemente al progetto pilota dell’Istituto. Un preventivo di cinque milioni di franchi all’anno costituirebbe una base minima per finanziare il lavoro dell’Istituto, con sede a Friburgo.

Nel 2023, in occasione del recente Esame Periodico Universale (Epu) della Svizzera davanti al Consiglio per i Diritti dell’Uomo dell’Onu (quello che il Mattino della Domenica definisce il BidOnu), numerosi Stati hanno criticato questo finanziamento insufficiente. Bisognerà quindi convincere i cantoni, le città, le fondazioni e le associazioni private della necessità di finanziare questo nuovo Istituto. Anche l’economia privata dovrà capire che ne potrà trarre un profitto incommensurabile, allo scopo di rispettare i propri obblighi che derivano dai principi di responsabilità sociale dell’impresa, fra i quali, fino a oggi, a fianco dei settori “ambiente” e “buon governo”, il settore dei Diritti dell’Uomo figura ancora come il parente povero.

Un patrimonio d’esperienza

Fortunatamente il nuovo Istituto potrà contare sul formidabile patrimonio di esperienza della piattaforma delle Ong svizzere per i Diritti Umani, in modo da evitare che la sua attività rimanga una riserva di caccia per poche categorie di giuristi. A questo scopo la lobby dei Diritti Umani dovrà trasformarsi nella “lobby dell’empatia”. Ci si preoccupa della mancanza di energia, di materie prime, di competenze, ma la preoccupazione maggiore è in realtà la mancanza di empatia. Se i nostri parlamentari, uomini e donne, dimostrassero maggiore empatia con i genitori dei bambini ucraini deportati in Russia e dei bambini imprigionati nelle caserme del Partito Comunista Cinese nello Xinjiang e in Tibet, non avrebbero ratificato quell’Accordo di libero scambio con la Cina, dal quale vennero cancellate le clausole di protezione dei Diritti Umani e contro i lavori forzati. Altro esempio: maggiore empatia da parte dei funzionari della Segreteria di Stato per la Migrazione (Sem) limiterebbe il numero delle deportazioni nei Paesi dittatoriali e farebbe comprendere che il visto umanitario non è sottoposto a condizioni burocratiche, ma, al contrario, deve aiutare persone in pericolo di vita che continuano a credere alle tradizioni umanitarie del nostro Paese, benché siano ormai sempre più sbiadite.

Articolo pubblicato in francese sulla Tribune de Genève

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