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La domenica non si vende

Il Primo gennaio 2020 sono entrate in vigore nuove norme sulle aperture dei negozi, esito degli accordi raggiunti tra sindacati e datori di lavoro, con la collaborazione del Consiglio di Stato. Secondo tali accordi, i sindacati accettavano un grande ampliamento della possibilità di aprire i negozi, in cambio di un contratto collettivo dichiarato di forza obbligatoria. E così i negozi possono restare aperti per una settantina di ore alla settimana, finestra temporale in cui chiunque può trovare la possibilità di fare i propri acquisti.

Ho respinto in parlamento l’iniziativa parlamentare Plr sulle ulteriori aperture, e invito la cittadinanza a fare altrettanto, in particolare perché non è vero che si tratta semplicemente di una domenica in più di lavoro per il personale: infatti, oltre alla domenica e all’oretta in più di lavoro nei 5 festivi non parificati e nelle 3 domeniche prenatalizie, a preoccupare maggiormente è la modifica della metratura massima dei punti vendita (da 200 a 400 m2) dove sarà possibile tenere aperto il negozio in zone turistiche dal lunedì alla domenica e dalle 6 sino alle 22.30.
E non si pensi che le zone turistiche siano solo Ascona e Morcote: ci ha pensato il Governo, per decreto, a considerare i due terzi del territorio cantonale come zona a vocazione turistica.
Avremmo così una apertura 7 giorni su 7 per gran parte dei negozi: è questo che vogliamo? Una società in cui non esistano giorni di pausa comuni? Niente festa?
Io ritengo importante, per la società tutta, che vi sia un giorno comune libero per tutti (salvi i servizi essenziali).
Non solo: si andrebbe a favorire esclusivamente la grande distribuzione a discapito dei piccoli negozi che, già ora, non riescono con i pochi collaboratori a garantire la copertura di tutti gli orari di apertura. Quei piccoli negozi che, per paradosso, la nuova legge pretendeva di sostenere.
Ma, almeno, il personale guadagnerà di più? Niente affatto: semplicemente finirà più tardi la sera, con le stesse ore di lavoro di prima, grazie agli orari spezzettati.
Fa piacere che il Plr, autore della iniziativa parlamentare per l’aumento delle ore di apertura dei negozi, ora venga a sottolineare l’importanza della concertazione, e l’importanza dei contratti collettivi di lavoro frutto di tale concertazione: ricordo però che l’iniziativa parlamentare su cui voteremo il 18 giugno, è proprio giunta fuori dalla concertazione tra le parti sociali, (che come detto avevano raggiunto un accordo sulle aperture): anzi, i sindacati e il personale del settore della vendita si sentono presi in giro: prima si raggiunge, a fatica, un accordo, e poi lo si cambia unilateralmente con un’iniziativa del Parlamento. Mah!
Chiedo dunque a chi tiene alla pace sociale, “colonna portante del nostro stare insieme”, “valore capitale del nostro sistema-Paese” (come scritto lunedì su questo quotidiano dal già presidente Plrt) di respingere questa modifica di legge mettendo un bel No nell’urna: la domenica non si vende.

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