I dibattiti

La Svizzera e l’origine della neutralità

La Russia è stata fondamentale nel riconoscimento di un principio che oggi revoca

Marco Bernasconi
(Ti-Press)

È notizia di questi giorni che la Russia non riconosce più la neutralità della Svizzera sancita dall’articolo 173 della Costituzione federale. Dopo l’apertura delle ostilità tra la Russia e l’Ucraina, la Svizzera ha adottato quasi integralmente le sanzioni messe in atto contro la Russia da parte della maggior parte dei paesi occidentali. Quasi tutti i partiti consentono con la linea del Consiglio federale, con l’eccezione dell’Udc che dissente osservando che con l’adozione delle sanzioni in Svizzera è venuto meno il concetto di neutralità.

Non intendo prendere posizione sul dibattito in atto che certamente occuperà la politica elvetica nei prossimi anni. Tuttavia, è a mio modo di vedere interessante conoscere per quali ragioni e quando la comunità internazionale ha deciso di considerare la Svizzera come un Paese neutrale. Bisogna risalire al congresso di Vienna tenutosi nel 1815, alla caduta di Napoleone, dove le nazioni vincitrici, Inghilterra, Russia, Prussia e Austria hanno predisposto il nuovo ordinamento europeo. In tale circostanza la Svizzera è stata riconosciuta come Stato indipendente, composto da 22 Cantoni, e neutrale.

Questo è accaduto per una serie di considerazioni che riguardano in particolare il rappresentate della Svizzera Fréderic-César De La Harpe e il capo della delegazione degli Stati vincitori, lo Zar Alessandro I. I legami tra queste due personalità sono alla base, almeno secondo la linea storica prevalente, del riconoscimento della neutralità della Svizzera a conclusione del Congresso di Vienna. De La Harpe, nato nel 1744 nel Canton Vaud, conseguì il dottorato in diritto a Tubinga e aderì agli ideali della Repubblica francese. Conobbe Caterina II di Russia la quale lo designò quale precettore per i suoi nipoti Alessandro e Costantino. Egli esercitò questa sua funzione educativa dal 1782 al 1795 e influì quindi direttamente sulla formazione, facendo spesso riferimento alle opere di Rousseau e probabilmente sulle ideologie, del futuro Zar Alessandro, per un periodo di circa 10 anni.

Gli stretti rapporti intellettuali e i vincoli di amicizia tra i futuri responsabili delle rispettive nazioni al Congresso di Vienna ebbero molto probabilmente un’influenza sulle decisioni riguardanti la Svizzera. A tal fine è utile citare l’opinione dello storico Oliver Meuwly che nel corso di un’intervista rilasciata a swissinfo.ch affermò quanto segue: "È sempre delicato attribuire fenomeni storici a singole persone. Ma in questo caso, credo che il ruolo delle persone sia stato considerevole. Se non ci fosse stata un’amicizia molto solida e un reciproco rispetto tra De La Harpe e Alessandro I, lo Zar avrebbe ugualmente dato seguito alle rivendicazioni del vodese? Non è escluso, ma l’esistenza di un legame personale ha certamente favorito questa scelta". E poi ancora: "De La Harpe è sempre fra gli intimi dello Zar, dall’arrivo dei russi in Francia fino al termine del congresso di Vienna. È il capo dell’anticamera, il segretario privato. È uno dei veicoli di contatto tra lo Zar e il resto del mondo". La neutralità della Svizzera è stata riconosciuta quindi nel 1815 anche per un sostegno diretto da parte della Russia. Oggi la Russia sembra aver disconosciuto la neutralità svizzera quale conseguenza per l’adozione delle sanzioni nei suoi confronti. La Russia è stata fondamentale nel riconoscimento di un principio che oggi revoca.

Il Consiglio federale aveva definito, in due circostanze drammatiche per il nostro paese, il criterio di neutralità. In occasione della prima guerra mondiale così si espresse: "Non ci può essere alcun dubbio sull’atteggiamento che la Svizzera deve adottare in questo conflitto. La linea di condotta politica che il nostro paese ha scelto liberamente, il riconoscimento della nostra neutralità stabilita dai trattati internazionali, infine tutto il percorso della nostra storia non permettono in nessun modo di dubitare che il nostro Paese vuole osservare la più stretta neutralità. Noi vi chiediamo di autorizzarci a notificare alle potenze straniere questa decisione di neutralità della Confederazione svizzera. Tutte le misure necessarie saranno adottate in vista di assicurare il rispetto e la stretta osservazione di questa neutralità".

Il medesimo principio venne riaffermato dal Consiglio federale, dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, in un messaggio all’Assemblea federale nel quale, tra l’altro, si affermava quanto segue: "Il popolo svizzero è risoluto a mantenere la neutralità poiché è cosciente che un piccolo Paese, circondato da Stati potenti, non deve immischiarsi nelle controversie che separano i diversi Stati; ma deve, in caso di guerra, assolvere la sua missione storica, che è quella di attenuare le sofferenze dei malati e dei feriti e di servire la causa della pace e le opere per la pace". Altri tempi, ma anche altri governi federali. Il criterio di neutralità è stato oggetto, specie in questi ultimi anni, di diverse considerazioni, a volte tra loro contrastanti, tra chi affermava che lo stesso principio doveva essere rispettato rigidamente e coloro che consideravano invece prevalente la necessità di adeguare il criterio di neutralità all’evoluzione dei rapporti internazionali. Il dibattito è tuttora aperto.

Comunque la decisione della Russia che mette seriamente in discussione a livello internazionale la neutralità della Svizzera è un fatto politico rilevante, che deve per forza di cose – e anche considerata l’importanza che la Russia riveste a livello internazionale – essere compiutamente valutato da parte delle autorità politiche del nostro paese. Le conseguenze potrebbero essere molteplici, e aprire nuovi scenari inquietanti.

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