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Questa (non) è la normalità

Diversi fenomeni estremi come ondate di calore, piogge intense e tempeste (tra cui un downburst a La-Chaux-de-Fonds e la grandine nel Locarnese) hanno caratterizzato l’estate sia a livello locale che globale. Disastri ‘naturali’ che diventano sempre più frequenti e intensi a causa del surriscaldamento climatico, condizioni meteo sempre meno ‘normali’. Il mese di luglio è stato il più caldo nella storia dell’umanità, agosto tra i 10 più caldi a livello nazionale, mentre settembre è stato il più caldo dall’inizio delle misurazioni nel 1864.
Un altro mese di temperature estreme e record infranti ha lasciato il mondo della scienza senza parole nel tentativo di descrivere ciò che sta accadendo. Le anomalie di temperatura giornaliera (allontanamento dalla norma) hanno stabilito un nuovo record nel corso della prima settimana di ottobre con circa 1,9°C in più rispetto al periodo pre-industriale. Ciò sta succedendo in Europa, nel Medio Oriente, in Africa meridionale, nel Sud-Est asiatico, in Australia e in tutto il continente americano.
La scienza lo ha previsto da tre decenni, ma sta accadendo ancor più velocemente di quanto ipotizzato. Non abbiamo ancora superato il limite ultimo di non ritorno, ma ci stiamo avvicinando. Mai come quest’estate è diventato palese quanto sia urgente un’azione politica climatica che sia al contempo coerente, ma anche concreta.
Finora le azioni da parte della politica non sono state all’altezza delle promesse fatte con la ratifica dell'accordo di Parigi per limitare il surriscaldamento climatico a 1,5°C. Manca completamente la volontà (politica) di affrontare qui e ora la crisi climatica, così come le disuguaglianze che essa continua ad aggravare. Si rinvia sempre a causa di crisi considerate più ‘urgenti’ e dal peso di interessi politici ed economici consolidati.
L'attuale situazione evidenzia la nostra vulnerabilità, sia a livello collettivo che singolo, mettendo in discussione l’intero sistema, a partire dal capitalismo fossile. Mentre il Pianeta brucia e la società zoppica dopo anni di neoliberismo sfrenato, c’è un chiaro bisogno di un’alternativa. L’equazione tra progresso e crescita illimitata, così come l’ingannevole convinzione che la tecnologia potrà risolvere ogni nostro problema, vanno accantonate. Troppo spesso idee collegate a sviluppo e progresso sono state strettamente legate a una forma di dominio e sfruttamento, sia delle persone che della natura. Serve un cambiamento di paradigma che ci permetta di ripensare radicalmente il nostro modo di interagire con l’ambiente.
Una politica verde è caratterizzata da uno spirito coraggioso e ambizioso, così come dalla volontà di immaginare un mondo migliore, di sperimentare e pianificare modi di organizzare società ed economia, al fine di non superare i limiti biofisici del nostro Pianeta. Per questo bisogna andare a votare il prossimo 22 ottobre, perché il domani si decide oggi.

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