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Dalla Russia col pancione: un bebè, tre passaporti

Oltre diecimila donne incinte sono andate a partorire nel Paese sudamericano, dove vige lo ‘ius soli’. Ma dietro ci sono anche agenzie senza scrupoli

Una coppia russa con il figlio argentino in un parco di Buenos Aires
(Keystone)
2 marzo 2023
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La mamma degli argentini è sempre incinta. Ed è russa. Ma spera di diventare presto argentina anche lei, e pure il padre.

Sono infatti almeno 10’777, nell’ultimo anno, le donne arrivate dalla terra di Putin con l’intento di far nascere i propri figli nel Paese sudamericano. Circa la metà è arrivata negli ultimi tre mesi.

I motivi sono più d’uno, tutti semplici: chi nasce sul suolo argentino prende automaticamente la nazionalità, e anche l’iter per i genitori è meno impervio che altrove; la sanità, pubblica e gratuita, offre i suoi servizi anche agli stranieri; inoltre chi ha il passaporto russo può entrare in Argentina senza bisogno del visto.

In soldoni (in alcuni casi, parecchi soldoni, e anche chiesti in modo truffaldino, ci arriviamo), scappare da una guerra con un marito o un compagno a rischio di essere richiamato sotto le armi e ritrovarsi dall’altra parte del mondo con una nuova nazionalità non è così difficile se stai aspettando un figlio.

Il potere dei numeri

Inoltre, il passaporto argentino offre diversi vantaggi rispetto a quello russo: è accettato senza visto in 171 Paesi, quello russo in 87 (quello svizzero in 174 è il secondo ad aprire più porte dopo quello degli Emirati Arabi Uniti, con 181). Insomma, se ne hai la possibilità, andare dall’altra parte del mondo – nella terra di Borges, Che Guevara e Maradona – può essere una scommessa vincente sul lungo periodo.

Questi movimenti di pance sospette però non potevano non dare nell’occhio. Poche settimane fa, su un volo della Ethiopian Airlines diretto a Buenos Aires c’erano addirittura 33 donne russe incinte: tutte con un visto turistico, quasi tutte avrebbero partorito entro i 90 giorni della durata del visto. Sei sono state fermate. Chi ha oltrepassato le porte dello scalo internazionale di Ezeiza partorirà un argentino o un’argentina.


Lev Andrés con la mamma (Keystone)

Le storie si somigliano un po’ tutte, alcune restano, altre ottenuto il passaporto per il bambino se ne vanno. Quella di Veronika Semenova l’ha raccontata El País: partita dalla gelida Vladivostok, dopo 9 ore di viaggio è atterrata a Mosca. Non era nemmeno l’inizio: uno scalo in Armenia, uno in Grecia, poi Polonia e Germania. Quattro giorni dopo era finalmente a Buenos Aires, con una figlia di sei anni per mano e uno di otto mesi nella pancia. Non era mai stata in Argentina in vita sua e lì non conosceva nessuno, ma conosceva la legge locale che prevede lo "ius soli" (nella Costituzione dal 1853), ovvero la cittadinanza automatica per chiunque nasca in Argentina. Era il maggio del 2022.

Ora che è nata anche Aurora, russa d’Argentina, si guarda indietro e pensa che "sia stata la decisione migliore". Non è la sola, dei circa 22mila russi arrivati nell’ultimo anno nel Paese, in 9mila si sono fermati e ben 2’400 hanno avviato le pratiche per restare. Veronika ha appena ricevuto il permesso permanente, e il marito l’ha raggiunta, finendo a lavorare – come in Russia – in una concessionaria di auto. Hanno problemi a far arrivare il denaro che avevano a casa e si devono arrangiare. Ma per le donne che hanno scelto di partorire in Argentina ci si arrangia da subito: quasi nessuna sa lo spagnolo, e partorire in un Paese con una lingua diversa, un modo di pensare diverso, non è facile. In alcuni ospedali, nei reparti maternità, sono iniziati a spuntare cartelli e scritte in cirillico.

Il business

A complicare le cose ci sono le agenzie di viaggio che hanno fiutato il business delle donne incinte e si sono buttate sul mercato proponendo pacchetti costosi e bugiardi a chi, a differenza di Veronika, non si è mosso in autonomia: si parte da 5’500 dollari (consulto medico, parto in ospedale pubblico e prime esigenze) fino a 35’000 dollari se ci si affida a un ospedale privato.

Il problema è che alcune di queste agenzie, tra cui RuArgentina (che non risponde alle richieste di contatto dei giornalisti, che ha come logo un pinguino che culla un passaporto argentino), danno informazioni sbagliate, ad esempio dicendo che l’iter per la naturalizzazione dei genitori è ultrarapido (si pubblicizzano con frasi come "il secondo passaporto più veloce da ottenere per un papà") e invece non è proprio così, oppure che non c’è "nessun bisogno di vivere nel Paese per avere la nazionalità", e non è affatto così.

Le donne russe però non smettono di atterrare e a Buenos Aires stanno iniziando a cercare contromisure. A metterci la faccia è Florencia Carignano, responsabile nazionale dell’Immigrazione, che va ripetendo: "Il nostro è un Paese aperto all’immigrazione, è nel nostro Dna e nella nostra storia, accogliamo chiunque stia cercando un futuro migliore, ma qui ci sono troppi casi sospetti e un traffico gestito da persone che ingannano chi è in buona fede, chiedendo decine di migliaia di dollari, promettendo in cambio cose che non possono ottenere", come un nuovo passaporto facile per tutta la famiglia.


Il logo di RuArgentina per pubblicizzare i viaggi per donne incinte (Twitter)

L’inchiesta

Dopo, che nel giugno scorso, ci si era resi conto dell’impennata di russi in arrivo, è partita un’inchiesta, che per ora ha ancora troppi lati oscuri. Per Carignano bisogna insistere: "Le naturalizzazioni di persone con passaporto russo sembrano avere una corsia preferenziale. C’è chi ottiene la cittadinanza argentina in meno di un anno, per i venezuelani di anni ne servono due o tre". Nel mirino, oltre a dipendenti statali, ci sono avvocati, affaristi e le famose agenzie di viaggio russe per donne incinte. Carignano non è avara di parole, fino a spingersi a dire che "ci sono organizzazioni mafiose che stanno lucrando sui nostri passaporti".

I rischi sono tanti, un esempio l’ha dato la stessa responsabile dell’Immigrazione: "Un russo con i giusti contatti può ottenere la nazionalità argentina in meno di un anno, buttare il passaporto russo e poi mettersi a fare spionaggio per Mosca in un altro Paese, formalmente da argentino". Insomma, non è solo una questione di latte, ciucci e pannolini.

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