Estero

L’Iran non cede sul velo e minaccia di bloccare i conti

Via la polizia morale nel piano di Teheran: ‘Misure punitive più moderne’. La protesta continua

Una donna iraniana con il velo in fuga dalla polizia durante una manifestazione (Keystone)
6 dicembre 2022
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"Il velo tornerà a coprire il capo delle donne" ma chi trasgredisce non sarà più punita dalle "pattuglie della polizia morale". La protesta anti governativa in corso da quasi tre mesi in Iran non ha convinto il regime degli ayatollah a mettere in discussione l’obbligo sull’uso dell’hijab ma la Repubblica islamica, almeno secondo gli annunci, sarebbe sul punto di ridimensionare i metodi di controllo nella legge che impone alla donne di coprirsi.

Una delle punizioni per chi non osserva la legge sarà il blocco dei conti bancari, "non immediatamente ma dopo notifiche via sms e altri avvertimenti", ha annunciato Hossein Jalali, membro della commissione Cultura del parlamento iraniano che già ieri aveva tuonato contro le ragazze che non indossano il velo, di fatto ammettendo un fenomeno sempre più diffuso, almeno in alcuni quartieri di Teheran, non solo durante le dimostrazioni di piazza di questi mesi dove in molte hanno sfidato il divieto.

Il piano ‘Efaf e hijab’

Il piano dell’Iran chiamato ‘Efaf (castità) e Hijab’ sarà pronto in due settimane e prevedrà "misure punitive più moderne e precise contro l’abbigliamento improprio" che andranno a sostituire i Gasht-e Ershad, i famigerati agenti della polizia morale che da quando è esplosa la protesta si sono visti sempre meno per le strade.


Il nome di Mahsa Amini compare sugli spalti di una partita dell’Iran a Qatar 2022 (Keystone)

Lo scioglimento delle pattuglie trova quindi le prime conferme ufficiali dopo la frase lasciata cadere sabato scorso dal procuratore generale iraniano Mohammad Jafar Montazeri e va a toccare direttamente la causa scatenante delle dimostrazioni anti governative esplose dopo la morte della 22enne Mahsa Amini, che ha perso la vita il 16 settembre in seguito all‘arresto proprio da parte della polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. Da allora le dimostrazioni non si sono mai fermate e oggi un sostegno ai manifestanti è arrivato dall’ex presidente riformista Mohammad Khatami, al potere per due mandati tra il ’97 e il 2005, che in un raro commento pubblico ha chiesto alle autorità di dare ascolto alle richieste della piazza, riconoscendo "gli aspetti sbagliati del sistema prima che sia troppo tardi" e definendo "bellissimo" lo slogan che accompagna la protesta: ’donna, vita, libertà’. Dopo che nella notte ci sono stati blocchi del traffico e sfilate di persone che hanno cantato slogan in alcune città, durante la giornata è continuato in varie parti del Paese lo sciopero indetto dagli attivisti che chiedono un cambio di regime.

Scioperi pro-dimostranti

Nonostante le minacce per convincere i negozianti a tenere aperto da parte di agenti dell’amministrazione locale, lo sciopero ha coinvolto almeno 40 città, tra cui Teheran, Kermanshah, Rasht, Tabriz e Sanandaj, mentre l’agenzia governativa Irna ha parlato di "propaganda dei media di opposizione" pubblicando un video in cui si vedono mercati aperti e persone che fanno la spesa. L’iniziativa è in programma fino a domani, quando in Iran si festeggia ‘il giorno dello studente’ e, mentre gli studenti continuano a manifestare, è già stato annullato il discorso che il presidente Ebrahim Raisi avrebbe dovuto tenere per l’occasione in un ateneo. Le proteste insomma non si placano e le condanne, anche alla pena capitale, per chi ha preso parte alle dimostrazioni aumentano giorno dopo giorno. Oggi è stato annunciato che saranno mandate al patibolo cinque persone ritenute colpevoli di aver ucciso ucciso a pugnalate un membro delle forze paramilitari Basij il 3 novembre a Karaj, e sono stati ordinati 18 anni di reclusione per altri 11 imputati nello stesso caso, tra cui tre minorenni. Secondo i dati dell’agenzia degli attivisti per i diritti umani iraniani Hrana, 473 persone sono morte negli scontri durante le proteste mentre gli arrestati sono oltre 18mila. Un appello per la loro scarcerazione, e per la fine incondizionata delle condanne a morte, è arrivato da parte della nota avvocata e prigioniera politica Nasrin Sotoudeh, che ha definito illegali i processi condotti contro i manifestanti; mentre Narges Mohammadi, anche lei prigioniera politica, ha inviato una lettera al relatore delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Javid Rahman chiedendo un’indagine sui molti casi che riguardano stupri e abusi sessuali contro le manifestanti messe in custodia.

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