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‘La pulce nell’orecchio’, leggero ma non troppo

È Georges Feydeau secondo Carmelo Rifici, nel capolavoro del vaudeville con annessa satira sull’ipocrisia borghese. Debutta il 7 novembre, poi Milano

In Sala Teatro, in replica mercoledì 8 novembre. Da martedì 14 a domenica 26 novembre al Teatro Strehler, nel capoluogo lombardo (in coproduzione con il Piccolo Teatro)
24 ottobre 2023
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È il secondo appuntamento del focus ‘Il libro dei sogni’, titolo con il quale è identificata l’intera stagione 2023-24 del Lac. È, insieme, la terza produzione del Lac stesso con il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, con Carmelo Rifici alla regia come nei precedenti episodi. ‘La pulce nell’orecchio’ di Georges Feydeau – una “farsa sul linguaggio, o meglio una farsa di linguaggi”, come da note di scena del regista – debutterà martedì 7 novembre in Sala Teatro con replica mercoledì 8 novembre, per poi spostarsi al Teatro Strehler di Milano da martedì 14 a domenica 26 novembre.

La nuova sfida registica di Rifici – «Una sfida che mi sono lanciato da solo. Ogni sera torno a casa e mi chiedo chi me l’ha fatto fare», dall’incontro di presentazione dello spettacolo – giunge sulla scia dell’entusiasmo per la sua Anna Bolena, l’opera lirica alla maniera del Lac, una delle molte coproduzioni «che aprono alle tournée» (qui è il vicesindaco Badaracco che parla). Gli spettacoli attualmente itineranti sono dodici e con quello nuovo «ci sarà molto da divertirsi», dice ancora il vicesindaco. Rifici risponde con uno scaramantico «speriamo».

Salvare il salvabile

‘La pulce nell’orecchio’ è l’immersione nella ‘matematica dell’effetto comico’ propria di Georges Feydeau, maestro del vaudeville, genere basato su qui pro quo, malintesi e scambi di persona. Tra i grandi autori della commedia francese, Feydeau riservava alla sua ‘leggerezza’ una messa in scena accuratissima e ritmi serrati, pressoché frenetici, suscitando il riso anche tramite la gestione dell’entrata e dell’uscita degli attori da porte, finestre e armadi. Una commedia leggera ma non troppo, il cui contenuto satirico, di norma indirizzato a smontare l’ipocrisia borghese, è stato solo recentemente evidenziato e rivalutato.

Scritta nel 1907, ‘La pulce nell’orecchio’ è la storia di Raimonda, moglie preoccupata dall’atteggiamento freddo e distaccato del marito Vittorio Emanuele; convinta che egli abbia un’amante – galeotto è un paio di bretelle che ella presume appartenere al fredifrago, ritrovate all’interno dell’Hotel Feydeau, posto non esattamente edificante nei pressi di Parigi –, la donna testa la fedeltà del coniuge facendogli recapitare, tramite un’amica, una provocante lettera anonima con tanto di appuntamento in quello stesso albergo a ore, nel quale la moglie sarà ad aspettarlo. Ma Vittorio Emanuele crede che la lettera sia destinata all’amico Tornello e non a lui, e gliela consegna. Per il gioco dei fraintendimenti, all’Hotel Feydeau si ritroveranno tutti i personaggi della commedia, intenti a salvare il salvabile delle proprie vite di coppia. In un luogo, l’albergo, che ospita «la macchina scientifica» che dalla comicità conduce al surreale.

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Messo all’indice, in vita, dal teatro ‘che conta’, inviso (e consapevole di esserlo) all’Académie Française e la Comédie Française, Georges Feydeau (1862-1921) è stato ‘riabilitato’ solo molto tempo dopo la morte. «La commedia è importante, fondamentale. Fa parte delle sfide che danno un significato a un centro di produzione come è anche il Lac», spiega Rifici. «È fondamentale non limitarsi a quei titoli per i quali si può rischiare di essere etichettati per sempre». Nel parlare come regista prima che come direttore artistico, Rifici parla di «testi che per spiacevoli accadimenti si decide che, improvvisamente, debbano essere presentati solo in determinati contesti, e il vaudeville è finito in questa categoria. Feydeau se ne lamentava già ai suoi tempi, specificando il suo rifiuto a voler utilizzare il teatro come “pulpito ideologico”, intendendolo invece come rispecchiamento della vita. “Dipende da come la rispecchio”, diceva».

Nel sottolineare il ruolo storico di Feydeau, Rifici ricorre a parole di Luca Ronconi (1933-2015), al quale il direttore artistico del Lac è stato legato da lunga collaborazione: «Diceva che se un attore è capace di fare Georges Feydeau e Arthur Schitzler, allora è capace di fare tutto, perché si tratta di testi che mettono alla prova le capacità interpretative». E del ‘Doppio sogno’ di Schnitzler (da cui la versione cinematografica di Kubrick), Rifici parla come di un’altra faccia della stessa medaglia, dove la medaglia è per entrambi i testi la coppia di coniugi, «due persone che devono ritrovare l’eros perché il mondo, senza, è privo d’interesse».

Manicomi

Gli accadimenti e l’ambientazione de ‘La pulce nell’orecchio’ inviano rimandi alla vita tormentata dell’“ingegnere della comicità”, come la critica ha amato definire Feydeau, ‘cultore’ della vita notturna, del gioco d’azzardo e, più in generale, dell’eccesso in quanto tale. Se è vero che l’Hotel che porta il suo nome “non è un albergo, è un manicomio’, come si dice in scena, è almeno sorprendente scoprire come il drammaturgo sia morto proprio in una clinica psichiatrica, vittima della propria sregolatezza e della malattia mentale provocata dall’aver contratto la sifilide. «Questo suo destino produce un’ombra nel cuore», commenta Rifici. «Chissà, è possibile che Feydeau si augurasse una fine di quel tipo, per il rifiuto di vedere la propria vita imprigionata nello schema che l’umanità si è data per camminare su strade diverse da quelle sulle quali la fantasia, il teatro, l’arte, la vita reale sono in grado di portare. Perché l’umanità ha deciso che l’unico modo di potersi pensare è quello razionale e organizzato, incapace com’è di vivere il caos».

No museo

Carmelo Rifici ha lavorato alla traduzione, all’adattamento e alla drammaturgia con Tindaro Granata, che è in scena nel ruolo di Camillo e di Zia Theresine, in un doppio ruolo che riguarda anche altri attori. Il cast completo include Fausto Cabra, Alfonso De Vreese, Giulia Heathfield, Ugo Fiore, Christian La Rosa (Vittorio Emanuele), Marta Malvestiti (Raimonda), Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Alberto Pirazzini, Emilia Tiburzi e Carlotta Viscovo. Il resto è affidato alla squadra che vince e, pertanto, non si cambia: la scenografia di Guido Burganza, i costumi di Margherita Baldoni, le luci di Alessandro Verazzi, le musiche di Zeno Gabaglio.

Prima che il caos abbia inizio, il regista illustrerà la produzione al pubblico poche ore prima del debutto, sempre il 7 novembre ma alle 18.30 nella Hall del Lac. Sarà in dialogo con Maddalena Giovannelli, docente di Storia del Teatro e Comunicazione teatrale all’Usi. Un’ultimo particolare: la sfida di Rifici sta anche nel rinunciare al suddetto meccanismo di porte, finestre e armadi, e al letto girevole che è uno dei segni distintivi della ‘Pulce nell’orecchio’. Salvo alcuni elementi di gommapiuma colorata (comunque funzionali all’esito del tutto), Rifici rinuncia in pratica all’intera scenografia: «Mi sono complicato la vita (ride, ndr). Guardo ai classici non per creare un museo, ma per sperimentarli con la sensibilità dell’oggi. Poco m’interessava l’aspetto filologico: ho voluto provare a capire, invece, se ancora qualcosa di quei grandi testi ci possa riguardare».

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