laR+ Il ricordo

Renzo Balmelli, ‘un innamorato dell’attualità’

‘Globetrotter’ dell’informazione dalla calma olimpica: i giorni di Zurigo e quelli di Comano raccontati da Marco Filippini e Franca Verda Hunziker

‘Signore e signori buonasera, eccoci qui a fare informazione in casa’
(Ti-Press)
27 febbraio 2024
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Sabato 20 gennaio 2018, studi Rsi di Lamone. Enrico Mentana ha appena concluso le registrazioni di ‘Politicamente scorretto’, puntata a lui dedicata; con fretta da scoop televisivo deve prendere un treno per Roma, ma a Renzo Balmelli, lì in veste di ospite in studio, non nega il più caloroso degli abbracci da direttori di Tg: “Ma tu adesso quanti anni hai?”, chiede quello de La7; “Tanti”, risponde quello in pensione. La loro conoscenza, si era venuti a sapere durante la registrazione, risaliva al 1986, al vertice di Reykjavik tra Reagan e Gorbaciov, storico passo verso la fine della Guerra fredda. Parlando del giorno in cui sarebbe andato in pensione, con Balmelli in studio, Mentana lo aveva immaginato così: “Come i bambini tifano la squadra che vedono per prima allo stadio e poi sognano di finire la carriera lì, avendo io cominciato ad abbeverarmi di informazione alla Rsi”.

Quel momento di televisione dietro le quinte ha un trait d’union che di nome fa Marco Filippini, che di ‘Politicamente scorretto’ era il produttore. E quello regalatoci da Filippini su Renzo Balmelli, morto ieri all’età di 86 anni, è un ricordo breve perché doloroso, dunque più ‘strappato’ di altri. «Abbiamo perso in poco tempo Edoardo Carlevaro, poi Tiziana Mona, il mio stato d’animo si può immaginare…», dice Filippini. Mona che proprio Balmelli, su queste pagine – era il 6 aprile del 2022 – aveva ricordato intitolando il suo contributo ‘Una pioniera’, per l’essere lei stata la prima donna a condurre un telegiornale in Europa e anche perché pionieristico si può definire quel ruolo per tutti coloro che hanno fatto la storia del piccolo schermo in ambiti di informazione, in tempi assai meno tecnologici. ‘Pionieristico’ è applicabile anche a Balmelli, che aveva cominciato a lavorare al Tg una volta che il programma era approdato a Zurigo, per poi divenirne, alla fine degli anni 70, direttore. Ancora Filippini: «A Zurigo, Eros Costantini e Tiziana Mona ci hanno insegnato il lavoro, e quella sede mi è sempre piaciuto definirla ‘isola felice’, niente di meglio per imparare quel mestiere. E poi era la situazione migliore, perché all’estero si andava sempre in tre, un giornalista per lingua nazionale». Balmelli è stato anche una delle figure chiave del trasferimento del Telegiornale negli studi di Comano, passaggio completatosi nel 1988. «Era un po’ di tempo che non lo sentivo – chiude Filippini –, l’ultimo invito che gli feci fu proprio in occasione di ‘Politicamente scorretto’, e la sua apparizione fu brillante. Quel giorno lo ricordo garbato, ironico, come è sempre stato».

Una breve testimonianza del trasferimento dell’informazione Rsi dalla Svizzera tedesca al Ticino è su YouTube: “Signore e signori buonasera, eccoci qui a fare informazione in casa. Preceduti, come avete visto, da una sigla modernissima, marchio distintivo dei nuovi programmi che iniziano proprio in questo momento”. Sono gli istanti che precedono il primo Telegiornale da Comano: “L’anzianità e i capelli grigi – continua Balmelli – mi valgono l’onore, nel segno del rinnovamento ma anche nell’ideale continuità del passato, di accogliervi nel nuovo centro dell’attualità. Sullo sfondo potete vedere i giornalisti al lavoro che sentono come noi l’emozione di questo momento”. L’apertura sarebbe stata di lì a poco sul via libera del Consiglio federale al nuovo aereo da combattimento, “un F/A-18 di fabbricazione americana, più caro ma, si dice, più potente dei suoi concorrenti”.

‘Un innamorato dell’attualità’

Insieme a Balmelli, anche Franca Verda Hunziker, ex giornalista Tsi, scrisse su queste pagine di Tiziana Mona, e in un certo senso il cerchio è chiuso. «Se devo trovare una caratteristica di Renzo – dice l’ex collega – allora scelgo quella sua calma olimpica che gli permetteva di gestire qualsiasi emergenza, che si trattasse di un colpo di Stato o di un terremoto: si fiondava sulla notizia ed era in grado di reggere dirette incredibili, grazie a un eloquio per il quale aveva pochi rivali e soprattutto grazie alle solide competenze acquisite sul campo». Nel team zurighese, Franca era arrivata nel 1974: «Ero ancora una studentessa, avevo lavorato per la radio ai tempi del liceo e scrivevo per Il Dovere. Renzo all’epoca era il n.2 dell’informazione, davanti a sé aveva Dario Robbiani, nostro timoniere indiscutibile. Renzo fu la prima persona che incontrai una volta arrivata a Zurigo per presentarmi: ebbi subito l’impressione del tipo fidato, quello al quale avresti potuto parlare e che ti avrebbe aiutato, disponibile e aperto. Forse saranno stati i suoi capelli ricci, ha sempre avuto un’aria da eterno ragazzino». E ancora: «Ci univa la passione per gli Esteri, a Zurigo lui ne era il capo ed era un globetrotter: c’era una conferenza in qualche parte del mondo? Prendeva e andava, un’intraprendenza che a Zurigo non conoscevano. Lo aiutavano anche una innata facilità nel gestire i rapporti umani, e la credibilità, l’autorevolezza data dalla preparazione». Il tutto in anni di giornalismo, come si diceva in precedenza, pionieristico: «Da Zurigo a Comano siamo passati dalla macchina da scrivere meccanica al pc; le fonti principali erano il telefono, il telex dell’Agenzia telegrafica svizzera e l’Associated Press e un paio di altre agenzie per quei pochi di noi che conoscevano l’inglese. Zurigo è stato un vero banco di prova».

Ed è a Comano che, alla fine, torniamo. «Sono stati anni durissimi. Non tutti di quelli che lavoravano a Zurigo vedevano favorevolmente l’idea trasferirsi. Per quanto a Berna bisognasse fare molta attenzione a non dire nulla che fosse fuori posto, del Ticino si temeva che la politica potesse interferire sulla completa libertà d’informazione». Ma le cose funzionarono, grazie anche alla sopraccitata calma olimpica, che serve sempre. «E il gran senso dell’umorismo, una qualità che nel nostro mestiere è importante». Del Balmelli radiofonico pre-pensionamento, passato al Radiogiornale dopo avere condotto il Telegionale sino alla metà degli anni 90, l’ex collega dice: «Fu una sensazione incredibile per noi che eravamo abituati a vederlo in Tv, ma fu bellissimo, perché quell’autorevolezza aveva semplicemente acquisito un’altra forma. Inoltre, ho visto il suo passaggio alla radio come un atto di generosità che rifletteva la sua passione per un mestiere che era la sua vita». Ecco perché, parlando degli ultimi giorni, per Franca quel Renzo Balmelli «che non se la tirava mai», come lo ricorda lei, «non è mai andato in pensione». Il riferimento è ai suoi scritti, per la carta stampata e i portali, ma anche all’impossibilità di lasciare l’informazione per sempre che è propria di «un innamorato dell’attualità».

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