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Tesori musicali a Villa dei Cedri

Mentre i suoni della Festa federale inonderanno le strade del centro, mandolini e pive, silenziosi, si racconteranno nel Museo a poca distanza

Fino a domenica 24 settembre a Bellinzona. Orari su www.villacedri.ch
21 settembre 2023
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«Mi hanno chiesto di fare qualcosa sulla musica, ma che non suonasse». Perché non una mostra di strumenti musicali, deve aver pensato Mireille Ben, arrivata in Ticino tanto tempo fa alla ricerca di violini, cantante e anima di Slow Music, rassegna di musica senza etichette, ora curatrice della mostra temporanea allestita al Museo Villa dei Cedri di Bellinzona, parte della più generale Festa federale di musica popolare al via oggi. Le sale al pian terreno ospitano preziosi mandolini e pive, due strumenti che occupano un posto importante nella tradizione della musica popolare, pur nella loro collocazione agli antipodi: la piva strumento pastorale – non esattamente il sinonimo dell’allegria, e dalla collocazione prettamente natalizia – e il mandolino ‘di città’, duttile e festaiolo quanto basta.

Al principio fu Vinaccia

Parafrasando la cultura popolare italiana, tutti i mandolini, direttamente o indirettamente, portano a Napoli. Alla famiglia Vinaccia, una dinastia di liutai durata cinque generazioni. Porta quel cognome l’esemplare più antico di mandolino esistente, datato 1752. Gaetano Vinaccia I, che dello strumento è considerato l’inventore, ne avrebbe costruito il prototipo nel 1744; suo anche uno dei primi esemplari di chitarra a sei corde risalente al 1798, così come riportato dall’etichetta in esso ritrovata. Di generazione in generazione, i mandolini Vinaccia sono entrati nelle case dei reali o nei musei (un esemplare della terza generazione di liutai si trova oggi al Victoria e Albert Museum di Londra), ma soprattutto sono oggetti ambiti dagli odierni mandolinisti quanto uno Stradivari per gli odierni violinisti.

Sono quattro i Vinaccia della prima sala, che vanno da un pezzo non esattamente databile costruito da Antonio in via Costanti (1770 circa) al più ‘nuovo’ che viene da Rua Catalana, opera di Gaetano, anno 1909; i Vinaccia si aggiungono alla copia di un mandolino barocco del suddetto Antonio, costruito da Federico Gabrielli a Milano, e a un mandolino del 1800 di Giovanni Battista Fabricatore (napoletano).

Tra gli strumenti in mostra ci sono anche dei ‘Calace’, da Raffaele Calace, capostipite di un’altra generazione di liutai, anche in questo caso napoletani (ma acquisiti, provenienti dalla provincia di Potenza). Raffaele Calace era anche compositore, a lui si devono opere pedagogiche, tra cui un antico metodo per mandolino e uno per suonare il liuto cantabile, variante di basso della famiglia del mandolino che gli studiosi attribuiscono comunque alla famiglia Vinaccia, perfezionata più tardi dai Calace. «Gli strumenti arrivavano da fuori, la maggior parte da Napoli. Non c’era una scuola di liutai in Ticino», ci spiega Mireille nell’introdurci in un mondo di intarsi, filettature d’avorio e madreperla. «Oggi gli strumenti sono cambiati, a partire dai materiali. Tartaruga e avorio, per esempio, non si possono più usare». L’ampio arco di tempo coperto dagli strumenti in mostra evidenzia anche l’evoluzione dello strumento: «Qualcuno disse ai costruttori che sarebbe stato bello aggiungere più note, e così la tastiera si spinse sino alla cassa armonica, facendo diventare il mandolino uno strumento solista, cosa che prima non era».

La curatrice ha voluto una seconda sala «più popolare»: insieme agli strumenti, ecco dunque una carrellata di fotografie quale ringraziamento ai suonatori di oggi o ai loro discendenti, ticinesi e non. In evidenza è una fotografia del 1937 di Gino Pedroli, che ritrae Brenno Brenna alla chitarra e al mandolino Dorino Frigerio, «il più grande di tutti, il padre di tutti i mandolinisti in Ticino. Modesto ed efficace, ha insegnato a tutti, sapeva quel che faceva». Con le foto, altri mandolini, nella vetrina con specchio sul fondo che, degli stessi, mostra le splendide decorazioni.

Carbonio 14

Una stanza transitoria conduce poi dal mandolino alla piva, non prima di aver mostrato una foto d’epoca di mandoliniste svizzere: «Ai tempi in cui chiedevano il diritto al voto – dice Ben –, per le donne suonare uno strumento era una specie di atto dimostrativo». Del ‘cold case’ del presunto flauto trovato a casa del pittore sonognese Cherubino Patà (1827-1899) – braccio destro di Gustave Courbet, ma anche ultimo suonatore di piva ticinese – lasciamo alla curiosità dei visitatori, confrontati agli studi di esperti francesi a base di carbonio 14, radiografie e ricostruzioni digitali. Sempre parlando di pive, nella teca che corre parallela alle finestre stanno ‘le cugine’, che arrivano dalle Quattro province in cui venivano suonate, la regione tra Piacenza, Genova, Piemonte e Lombardia; da Bergamo arriva il baghètt, che verrà suonato domenica in città. C’è anche una piva emiliana.

L’ultima stanza è un’altra isola del tesoro, con – su tutti – una mandola bresciana di cent’anni fa e un mandolino Calace nella custodia originale, una specie di opera d’arte che – ci scommettiamo – farebbe perdere il sonno a Marco Zappa (www.villacedri.ch). B.D.

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