L’intervista

Le cinque isole di Beth

Essere giovani autrici e autori in Ticino: lo spiega Elisabeth Sassi, con Joshua Babic, Alessandro Mariani e Serena Travaglini nell’atto finale di Babel

Domenica 17 settembre alla Tenda Babel: ‘È successo tutto facendo rete, cosa importante in un territorio piccolo come il nostro’
15 settembre 2023
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Per rilanciare il weekend di Babel, declinazione ‘Isole’, partiamo dalla fine. Tra gli affermati del 18esimo Festival di letteratura e traduzione (anche affermatissimi, il Werner Herzog di sabato 16 settembre al Sociale con Fabio Pusterla, per esempio) ci sono anche gli emergenti di ‘Coming Soon!’, spazio dedicato ai/alle giovani autori e autrici ticinesi, che domenica alle 18 a Bellinzona illustreranno lo stato dei propri lavori in un incontro con il pubblico fissato per le 18 alla Tenda Babel. Sarà il punto d’arrivo di ‘The Podcast Lab’, progetto sviluppato in collaborazione con Rec e Radio Gwen che li sta impegnando (seguiti da Olmo Cerri) nella realizzazione di un podcast a tema libero, che per decisione nemmeno troppo concertata dei quattro protagonisti – Joshua Babic, Alessandro Mariani, Elisabeth Sassi e Serena Travaglini – avrà come tema le isole. Il podcast ha vita propria, ingloba Babel in funzione di cornice narrativa e arriverà a evento concluso; sotto la Tenda se ne parlerà, ma soprattutto si ascolteranno le parole dei protagonisti, una dei quali – Elisabeth Sassi, più brevemente detta Beth – è stata da noi ‘obbligata’ a diventare – da collaboratrice di queste pagine – intervistata.

Luminanti

Classe 1995, nata a Mendrisio, Beth ha studiato Editoria e Comunicazione all’Università di Milano. Nel 2022 ha pubblicato il libro-gioco ‘In volo con Ayron’ (Esg) ed è fresca di ‘Luminanza’, il ‘reattore per la drammaturgia contemporanea’, che avrà una finestra propria il 9 ottobre all’interno del Fit Festival (a Elisabeth, in quel caso, si uniranno Chiara Gallo, Lea Ferrari e Branislava Trifkovic). «Esco da un anno molto serrato di formazione», dice Beth, «un anno in cui ho scritto con tanti drammaturghi e drammaturghe differenti. Ora sono in una fase in cui sto andando a ripescare i molti testi scritti, con il tempo finalmente dalla mia parte per rileggere tutto quello che ho scritto. Alcune cose le cestinerei, altre le sto vedendo come non le avevo viste».

Alla Tenda Babel, Beth e gli altri tre avranno a disposizione un’ora di tavola rotonda per discutere di cosa significa essere giovani autori e autrici emergenti in Ticino. Domanda che le giriamo pari pari: «Mi sto muovendo ora, non ho grandi esperienze. È successo tutto facendo rete, cosa importante in un territorio piccolo come il nostro». L’oggetto del suo cimentarsi è nato da contatti, scambi, dal lavorare insieme. «Anche Babel è arrivato così, da Josephine Bohr e Marta Pizzagallo, anch’esse ex ‘luminanti’». Dal punto di vista della drammaturgia, dice ancora Beth, «il Ticino non ha una grande tradizione, che è legata più al teatro performativo. Quello della drammaturgia è un settore che ci stiamo ritagliando, è uno spazio che ci stiamo prendendo, che stiamo costruendo ora. Essere giovani autori e autrici in Ticino oggi, e questo conquistarsi spazi ne è una parte, significa anche rivendicare che tutto il tempo della ricerca è lavoro, anche una residenza, anche lo stare in mezzo al nulla, anche il rinchiudersi in casa e pensare. A qualcuno potrà sembrare tempo sprecato o inutilizzabile, e invece serve. Servono gli incontri, l’esercizio, la formazione: poi serve anche staccare e fare mente locale. Tutto è parte della scrittura».

Oltre lo stereotipo

Il podcast di Beth sarà una miniserie da cinque puntate con sei voci femminili e avrà lo scopo di dare «una narrazione differente da quella stereotipata di isola». Lei è figlia di una coppia mista, madre nata e cresciuta su un’isola delle Filippine, concetto che si riallaccia a Babel, a Herzog che a Bellinzona si racconterà a partire da ‘Il crepuscolo del mondo’ (Feltrinelli 2021), storia del soldato giapponese Hiroo Onoda, che per quasi trent’anni, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, difese un’isola delle Filippine convinto che il conflitto fosse ancora in corso. «Oltre che mia madre, intervisterò Rossana Marangoni, esperta di Giappone che ho incontrato al Japan Matsuri, che ha dissipato i miei timori e si è dimostrata persona con sguardo non parziale su una nazione che non ha ancora fatto i conti col proprio passato coloniale. Marangoni mi ha parlato delle donne portate dall’esercito giapponese su altre isole per creare un gap linguistico che aprisse al controllo, con finalità di prostituzione, per esempio».

Il podcast si sposterà poi nella Repubblica Dominicana, «per parlare del tour decoloniale tenuto da un’antropologa che ti porta nei luoghi del colonialismo, che spesso coincidono con quelli battuti dai turisti, dalle narrazioni differenti». Poi a Milano, da una ragazza cinese che parlerà delle isole virtuali del videogioco Nintendo ‘Animal Crossing’, che è spopolato durante il lockdown; la Cina del Covid sarà lo spunto per parlare della caccia all’untore nei giorni europei della clausura. Per la quinta puntata, una signora siciliana nata e cresciuta nell’entroterra, che ha visto il mare per la prima volta a 17 anni.

Mixedracefaces

Alla tavola rotonda, Beth porterà un dialogo tra autrici. «Ho conosciuto Sara Chia-Jewell a inizio anno, provando a candidarmi per una residenza alla Brixton House. In occasione dell’application abbiamo messo insieme nostri testi già scritti. Anche lei è figlia di una coppia birazziale, abbiamo temi in comune: partendo da testi scritti in momenti differenti ci siamo accorte che dialogavano tra loro». La conoscenza con l’autrice inglese ha portato Beth a conoscere il progetto Mixedracefaces, piattaforma che ha il multirazziale come fulcro dell’azione.

«Chi va a teatro a Londra sa bene cosa significhi avere un’identità biculturale, crescere tra due culture già sotto lo stesso tetto, con persone di etnie diverse che, per amore, decidono di avere dei figli e si devono poi relazionare col mondo. Parlando con altre persone birazziali, riscontro sempre quel momento dell’infanzia in cui ti ritrovi con le domande che gli altri ragazzini non si fanno. Solo in età adulta inizi ad accettare entrambe le culture e a riappacificarti». Non è tutto: «Il disagio nasce quando uno dei due genitori proviene da una parte del mondo che l’Occidente considera subordinata. Se sei figlio di una donna svizzera e di un padre inglese, a scuola ti diranno “Wow! Sei bilingue!”; se invece sei figlia di un genitore occidentale e di qualcuno che viene dal sud del mondo, visti i pregiudizi che la cosa subito genera, il rapporto con la tua identità è del tutto diverso».

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