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La linda Svizzera e i ‘Milioni pericolosi’

Un podcast, ‘Dangereux Millions’, e un sito, ‘Gotham City’, che tratta la criminalità economica sulla piazza elvetica. A colloquio con François Pillet

Ascoltando ‘Dangereux Millions’, sei storie di truffatori, trafficanti di droga, criminali, terroristi o politici corrotti
(Depositphotos)
19 luglio 2023
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Cos’hanno in comune Lucky Luciano, il fratello narcos di un presidente del Messico, Licio Gelli o un truffatore della Malaisia? La risposta è scontata: tutti hanno usato la Svizzera e le sue banche per nascondere i loro sporchi soldi. ‘Dangereux Millions’, milioni pericolosi, come il titolo di un podcast realizzato dai giornalisti d’inchiesta romandi Marie Maurisse e François Pilet. I due, colleghi di lavoro e coppia nella vita, sono i fondatori di Gotham City, sito basato a Losanna che settimanalmente fornisce a un pubblico di specialisti notizie esclusive su casi di criminalità economica che toccano la piazza elvetica. Il loro primo podcast, disponibile in francese e coprodotto da Swissinfo e Europe 1, ci porta sulle tracce di quei pericolosi e insozzi denari che, da tutto il mondo, hanno raggiunto i sicuri e discreti forzieri delle banche elvetiche. Sei storie di truffatori, trafficanti di droga, criminali, terroristi o politici corrotti che, a prima vista, non hanno nulla in comune. Sei episodi, distanti tra loro, nel tempo e nello spazio, ma che hanno proprio come unico denominatore comune la linda Svizzera.

Il podcast su affari criminali passati va di moda. In questo caso, però, non si parla di efferati fatti di sangue (anche se in un episodio si parla, ad esempio, dell’attentato di Bologna), ma si affrontano temi meno pulp e più freddi come il vil denaro e i complicati meccanismi che ne permettono il riciclaggio. Marie Maurisse e François Pilet, coadiuvati da esperti in scrittura radiofonica, sono stati abili a catturare l’attenzione di chi ascolta facendolo atterrare nel cuore dell’azione, ricreando situazioni, descrivendo nel dettaglio luoghi e fatti nel contesto attuale e di quelli in cui sono avvenuti i fatti. Un viaggio intrigante, attraverso anche inedite fonti d’archivio e testimonianze di avvocati, ex magistrati, storici e giornalisti, che ci fa rivivere alcuni dei casi che hanno marcato la storia della criminalità dei colletti bianchi in Svizzera. Anche se in fondo, come ci dice uno dei due autori – François Pilet – non si tratta solo di storia.


Il podcast, co-prodotto da swissinfo.ch ed Europe 1 Studio

I sei episodi partono dagli anni cinquanta fino agli anni 2010, un periodo piuttosto ampio. Oggi si dice che la Svizzera ha adattato le norme, che il segreto bancario è caduto. François Pilet, quei pericolosi milioni, sono quindi storie del passato?

Certo che no. Lo vedo ogni giorno con il lavoro che faccio con Gotham City. Con regolarità raccontiamo di casi dove milioni di dollari sporchi, a volte persino miliardi, vengono nascosti in Svizzera. L’idea del podcast è proprio quella di ricostruire nel tempo la successione di questi casi per mostrare che, in fin dei conti, nulla è cambiato: i meccanismi e le tecniche che permettono il riciclaggio di capitali sporchi nella Confederazione sono sempre gli stessi.

In questo ambito, quindi, tocca ancora parlare male della Svizzera?

Purtroppo sì. Poi ci viene spesso rimproverato di parlare male della Svizzera e che il riciclaggio avviene anche a Londra, a Dubai o nel Delawere. È vero. Ma è vero anche che la Svizzera resta un centro permanente di questi affari opachi. E quindi noi, in quanto giornalisti elvetici, ci dobbiamo interessare a quello che succede qui.

Il vostro lavoro si basa su ricerche inedite dagli archivi, ma anche sui racconti di alcuni protagonisti, come avvocati o ex magistrati. È stato facile far parlare questi testimoni?

No, anzi: è stato molto difficile. Nel lavoro quotidiano ci succede spesso che le persone non abbiano voglia di parlare con la stampa. Credevo però che fare parlare i protagonisti di casi vecchi potesse essere più facile. In realtà abbiamo ricevuto diversi rifiuti. A conferma che la segretezza è qualcosa di culturale in Svizzera.

Nei sei episodi ci sono storie sorprendenti e poco note. Partiamo dal primo caso, quello forse meno conosciuto: Meyer Lansky. Chi era costui?

Tutti hanno già sentito il nome del mafioso Lucky Luciano. In pochi sanno però che il grande ingegnere della sua macchina di riciclaggio era un discreto uomo d’origine polacca: Meyer Lansky. Negli anni cinquanta, approfittando dell’apertura dei voli commerciali tra gli Stati Uniti e Ginevra, Lansky organizza un sistema di corrieri che trasportano valige piene di biglietti verdi. Il sistema funziona grazie alla collaborazione con la una banca ginevrina, la Banque de Crédit International, e il banchiere Tibor Rosenbaum. Lansky è quindi una sorta di precursore del riciclaggio internazionale.

Nel 1967, la rivista Life svela nel dettaglio questo impero del crimine e il ruolo della banca. Non è l’unico caso in cui una vicenda scoppia grazie al quarto potere…

Nella metà dei casi che abbiamo trattato la stampa ha giocato un ruolo decisivo. Nell’affare del fondo sovrano malese 1MBD, che ha portato alla caduta della banca ticinese BSI, tutto è nato dal lavoro della giornalista Clare Rewcastle Brown. Nel caso Mayer Lansky fu la rivista Life a svelare tutto, compresi i nomi della banca e dei banchieri. Ciò che suscitò un enorme scandalo.

In quel caso, in Svizzera, la stampa fu messa a tacere. Cosa successe?

Quando l’articolo di Life uscì, la rivista l’Illustré avrebbe voluto tradurlo e pubblicarlo in francese. Dagli archivi federali abbiamo scoperto che la banca svizzera di Mayer Lansky ha pagato 50mila franchi all’editore Ringier per fare in modo che l’articolo venisse cestinato. Ciò che è poi avvenuto. Questa vicenda è emblematica: ieri come oggi, per i criminali in colletto bianco affossare la pubblicazione di un articolo esplosivo è primordiale. Spesso, infatti, è solo quando l’affare diventa di dominio pubblico che le autorità, in Svizzera in modo particolare, sono costrette ad agire.

Un accordo di questo tipo, sarebbe attuabile oggi?

Voglio credere che oggi un grande editore non accetterebbe 250.000 franchi per cestinare un articolo. Ciononostante, gli avvocati delle persone implicate in casi di criminalità finanziaria utilizzano spessi altri mezzi di pressione per bloccare la pubblicazione di articoli a loro sfavorevoli.

Un altro episodio ripercorre uno dei casi più gravi della storia recente d’Italia: l’attentato di Bologna. Cosa centra la Svizzera?

Nuovi elementi emersi negli ultimi anni hanno permesso di scoprire il legame tra il denaro rubato dal grande burattinaio Licio Gelli al Banco Ambrosiano – soldi finiti in Svizzera – e il finanziamento dell’attentato. Gli esecutori materiali della strage sono stati pagati da conti svizzeri e su conti svizzeri. Questo si è saputo anche analizzando un documento ritrovato su Licio Gelli al momento del suo arresto a Ginevra nel 1982: un bigliettino con indicati un numero di conto e delle date – poco prima e poco dopo quel tragico 2 agosto 1980 – e la dicitura “Bologna”. Questa prova era persa nei fascicoli giudiziari italiani e ha potuto essere scovata solo di recente, anche grazie al contributo dell’associazione delle vittime dell’attentato.

Nel caso Gelli avete intervistato Marc Bonnant, il suo avvocato svizzero che non è stato avaro di dettagli…

No, a differenza di altri ci ha confidato alcuni fatti sorprendenti. Come quando lo stesso Bonnant ha riportato clandestinamente Gelli in Svizzera. Un gesto che per il grande burattinaio significò la salvezza.

Come mai?

Su Gelli, arrestato a Ginevra, pendeva un’estradizione in Italia che lo avrebbe portato ad una lunga pena di prigione. Nel 1093 il burattinaio, però, riuscì a evadere corrompendo una guardia e ritornò in Italia dove si sentiva sicuro ma era pur sempre latitante. Nel frattempo, però, Marc Bonnant era riuscito a ottenere dal Tribunale federale che Gelli potesse essere estradato e giudicato in Italia per soli i capi d’imputazione più insignificanti e meno gravi. Così, andò a prenderlo a Roma, lo trasportò nella sua auto in Svizzera e lo fece costituire a Ginevra nel 1987. Estradato ufficialmente in Italia, poco dopo ottenne la libertà provvisoria per motivi di salute. In sostanza, Licio Gelli è riuscito a sfuggire a buona parte delle accuse più gravi della giustizia italiana grazie … alla giustizia svizzera.

Un’ultima domanda. Alcuni dei casi raccontati nel vostro podcast, dai narcodollari messicani al Kremlin Gate, si sono conclusi con un nulla di fatto da un punto di vista giudiziario. È un caso, oppure la giustizia svizzera ha un problema nel perseguire la criminalità dei colletti bianchi?

Tutto ciò mostra che la giustizia svizzera è totalmente inefficace in materia di lotta alla criminalità economica. È non è uno slogan di un giornalista o un attacco politico della sinistra. Lo dimostra il recente rapporto dell’Autorità di sorveglianza della Procura federale: soltanto il 10% delle inchieste di riciclaggio sfocia in un processo; le altre vengono abbandonate. Finire davanti ad un tribunale per un fatto di criminalità finanziaria è quindi una rarità in Svizzera.


Gli autori, Marie Maurisse e François Pilet

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