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Nicolò Govoni: ‘Il coraggio è il valore numero uno’

Scrittore, attivista, fondatore della onlus Still I rise, martedì 13 dicembre presenta a Lugano il libro ‘Ogni cambiamento è un grande cambiamento’

Nella Sala Cittadella in Corso Elvezia 35
11 dicembre 2022
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Tra le parole svizzere del 2022 ce n’è una che tanto mi garba e che risuona indissolubilmente con questa intervista. Quella parola è ‘coraggio’, e richiama istantaneamente il cuore. Il coraggio è una forza che tutti gli esseri umani hanno la capacità di sfoderare quando è l’anima a esprimersi. Facciamo un passo indietro. Nicolò Govoni è scrittore, attivista per i diritti umani, ha una candidatura al Premio Nobel per la Pace nel cassetto ed ha fondato Still I Rise (Ong che si occupa di aprire scuole per bambini e ragazzi più vulnerabili tra Grecia, Turchia, Siria, Kenya, Repubblica Democratica del Congo e Colombia). Il suo nuovo libro ‘Ogni cambiamento è un grande cambiamento’ – Govoni lo presenterà martedì 13 dicembre alle 18.30 nella Sala Cittadella in Corso Elvezia 35 a Lugano – è un’opera corale in cui l’autore racconta pezzetti di vita di giovani coraggiosi, un viaggio nei Paesi in cui Still I Rise è presente, portando l’educazione dove spesso è complicato arrivare.

Still I Rise è indipendente da fondi di governi, Nazioni Unite, Unione Europea e multinazionali poco etiche. Questa scelta vi rende liberi ma non è facile stare a galla...

È faticoso, specialmente quest’anno. Di norma, nella cooperazione i fondi più cospicui arrivano proprio da quegli enti da cui noi abbiamo deciso di non dipendere. Basarsi su donazioni private è possibile, non è un’impresa eroica, ma ogni mese ti metti il cuore in pace e ricominci, non da zero perché esistono le donazioni automatiche. Però c’è bisogno di rimboccarsi le maniche. La nostra filosofia è coinvolgere le persone che ci supportano e farle sentire parte di un cambiamento, che è la grande differenza tra come facciamo noi e altre realtà che si appellano a fondi di enti a cui invece non interessa far parte di "qualcosa". Perseguire questo modus operandi è, da una parte, la nostra gioia e, dall’altra, un grande sacrificio. Personalmente, non ci starei a fare cooperazione in un modo che non mi rispecchia. Soprattutto quando questi fondi provengono da enti che, in alcuni casi, sono parte del problema.

In che senso sono loro parte del problema?

Quando approdiamo in un nuovo Paese per aprire una scuola, ci confrontiamo con l’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ndr). Per esempio: in Kenya – era il 2020 – vennero a fare controlli di routine ed emerse la loro contrarietà all’avere sul territorio una scuola internazionale che offrisse ai profughi l’Ib (Baccalaureato Internazionale, ndr) gratuito. La loro retorica è che se qualcuno offre un’alternativa migliore a ciò che offre il governo che è incaricato, non ci sarà mai un passo d’integrazione. Teoricamente potrebbe funzionare, ma la verità dei fatti è che oggi nemmeno i bambini kenioti frequentano le scuole pubbliche, perché non sono accessibili, non funzionano o non ce ne sono abbastanza. L’agenda teorica di questo ente può essere valida, ma con una visione a 10 anni. Oggi – nel 2022 – significa che tutti questi bambini a scuola non ci vanno se non offri loro delle alternative non necessariamente non statali. Vale così in ogni luogo in cui operiamo.

Sembrerebbe che a qualcuno faccia paura offrire un’educazione di un certo livello...

Assolutamente sì! È comodo avere una società che più o meno si perpetua simile a se stessa. Se io sono in una posizione di potere e ho dei vantaggi da una situazione X, ambirò affinché le cose non cambino. L’educazione ha il potere di trasformare le persone e quindi è un fattore molto sovversivo che può cambiare gli equilibri di una società. A volte c’è una scarsa inclinazione a tentare vie educative innovative perché non si conosce il "prodotto finale". Noi di Still I Rise riprendiamo la citazione di Nelson Mandela: "L’educazione è l’arma più potente per cambiare il mondo", che è verissimo, ma ciò che vediamo nel mondo occidentale è che l’educazione è un’arma altrettanto potente per mantenere lo status quo. L’istruzione può essere un’arma a doppio taglio. Still I Rise cerca di portare il meglio del meglio ai più svantaggiati e nel contempo lancia un messaggio ai Paesi più ricchi – tipo l’Italia – dicendo loro che la scuola offerta non è adeguata. È una scuola che è politica di default, offrendo nozioni predefinite da più di 50 anni. Ci troviamo sempre di più in un sistema impermeabile e difficile da trasformare.

Nel tuo nuovo libro ‘Ogni cambiamento è un grande cambiamento’ mi ha colpita la frase: "Essere forti significa perdonare qualcuno, a cui nemmeno piaci".

Il perdono è attività molto complessa. Non sono un guru in materia perché sto imparando anche in questo senso. Il perdono nel libro si focalizza sull’individuo. Si parla di discriminazioni, tribalismo ecc. Gli esseri umani possono sbagliare e imparare dai propri errori. Non perdoni però il politico che aizza la comunità a uno scontro etnico per suo tornaconto personale. Non perdoni un sistema che vuole discriminare, controllare, manipolare o sopprimere. Forse tra una decina di anni ci sentiremo di nuovo e dirò che perdono tutto. Oggi non sono a questi livelli d’illuminazione.

Qual è il denominatore comune dei protagonisti del tuo nuovo libro?

Il coraggio. Questo è anche il valore numero uno nella mia vita e l’ho capito con il tempo. I protagonisti del libro sono tutte persone imperfette, come tutti noi; sbagliano, hanno dubbi, ma a un certo punto scelgono di essere coraggiosi, non tanto per loro stessi ma per un bene più elevato. Nelle scuole di Still I Rise insegniamo ai bambini a essere coraggiosi, a correre rischi ed essere audaci se si vuole raggiungere una meta. Questi due "ingredienti" trasformano un essere umano in un essere totale che riesce a guidare altre persone in un modo positivo.

Nelle pagine del libro chiedi al lettore: cosa è per te la famiglia? Per te cos’è?

Dove mi trovo io, una famiglia mia non ce l’ho, però ne sento raramente la mancanza. Per me è un senso di appartenenza. Frequento la scuola dalle otto di mattina fino alle sei di sera e mi sento semplicemente in famiglia. Ho tanti figli che mi dicono: "Nicolò, mi dimentico che tu non sei mio papà".


Guido Harari
Nicolò Govoni

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