Culture

Seicento in fuga: la versione di Bargniff

In diretta da un’infame bettola milanese, l’intervista al ‘protagonista assoluto’ (o così dice lui) dell’ultimo romanzo di Carlo Silini

L’autore Carlo Silini
21 maggio 2022
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Milano, Osteria Paternoster, sul finire del 1664. La bettola è infame, i tavolacci bisunti, la puzza di cipolle e formaggio stenderebbe un cavallo. Però col vino son generosi e poi mi hanno spedito qui per lavoro, quindi sarà meglio non fare troppo lo schizzinoso. Mi guardo intorno per distinguere il mio uomo tra queste facce da patibolo: ladri, puttane e lenoni, un oste che ne ha viste troppe e quella ragazzina nell’angolo che non dovrebbe nemmeno essere qui. Fissa tutti con gli occhi più grandi del mondo e la cosa sta diventando fastidiosa.

Comunque eccolo lì il Bargniff, guarda che razza di ghigna. Carlo Silini ci ha appena scritto un libro, su questo mezzo truffatore che fa sempre su e giù tra Milano, Mendrisio e la Vallemaggia. Si direbbe un tizio di lana grezza, di quelli che possono terrorizzarti o farti sentire subito al sicuro, a seconda di chi sei e soprattutto di cosa cerchi.

Salve, Bargniff, Silini mi ha detto che avrebbe tante cose da raccontarmi.

Oh, se è per quello, di balle da dire ne ho a badilate. Ma te chi sei? E soprattutto: io cosa ci guadagno, vaccaladra?

Quello lo discutiamo dopo, lontano da sguardi indiscreti. Piuttosto, cosa ci facciamo qui?

Guardas in gir, ciaparàtt. Ma non vedi che bella gente c’è qua dentro? Si beve all’ingrosso, si ride, si scherza. La cameriera ha due tette che… ma cosa te lo dico a fare che te vieni dal Nord e somigli a uno di quei pecorai diffidenti delle vostre valli scomode e pidocchiose? Però, niente, siamo qui perché sta per succedere qualcosa di importante nel libro ‘Le ammaliatrici’ di cui – senza metterla giù troppo dura – sono l’assoluto protagonista. Se vieni vicino te lo dico all’orecchio cosa sta per succedere… ma te, zitto e mosca, se no quel pesafümm del Silini mi sgrida, vaccaladra. Ma par già da sentill: fa cito, non anticipare niente della storia che se no gli rovini la sorpresa… Che rutüra! Sarò mica un pirla, io! Ta par che sun un pirla, a ti, ciaparàtt?

Per carità. Ma quella ragazzina lì che continua a fissarci, lei lo sa chi è?

Allora non sono l’unico, i disan che l’è pinina ed è vero che è un po’ secca per i miei gusti. Ma la g’ha ‘l diavul in di oeucc. Ti guarda e ti vien voglia di… Dì la verità: la ta pias anca a ti, purscell d’un ciaparàtt! Beh, si chiama Maria, ed è una delle due protagoniste del romanzo. Per sé non sarei tenuto a dirti nient’altro. Ma se il prossimo giro lo offri tu… potrei anche dirti che viene da un villaggio smarrito della Valle di Blenio, che è il Paradiso in terra. E che ha dovuto scappare con un sacco in mano ed è finita prima in Vallemaggia e poi a Milano. Con me. Qui, nell’osteria Paternoster… Ma dess fu cito, che l’è mej.

Qui in giro è anche pieno di preti. C’è da fidarsi?

Sculta, mi ma sa fidi de nisün per principio. Figüremas di prevat! Alla nobile Accademia dei Facchini della Val di Blenio alla quale mi onoro di appartenere c’è un detto sacro e incontestabile: i vertuos in omen de strapazz: i virtuosi sono gente da strapazzo (traduco che magari non capisci la lengua facchina). E perciò, in teoria, dal mio punto di vista, essendo virtuosi i preti sono gentaccia. D’altra parte chi giura di restar vergine tutta la vita qualcosa di balordo nella testa ce l’ha, o no? Però sta tranquillo che preti, frati e suore del libro (non tutti, ma quasi) sono zero virtuosi, alcuni sono peggio di me. E l’ho detta tutta.

Come quell’inquisitore che ho visto gironzolare qui attorno. Da quel che ho sentito dire le odia proprio, le donne.

Il Ciceri? Cosa posso dirti, ciaparàtt? La malerba l’è quèla che cress püssee. E quello lì è un concentrato di malerba: l’è vecc, brütt e cativ. S’è presa una strambata per una di Mendrisio, tale Maddalena de Buziis, che lo capisco anch’io, è una da far girar la testa. Solo che la vorrebbe morta e morta male. Dice che è una strega potentissima e siccome lui è uno che le streghe, di solito, le fa bruciare – perché c’ha dentro la testa e i piedi nell’Inquisizione – s’è impuntato di averla ad ogni costo e, pensa te (ma questo non si potrebbe dire), ha assoldato proprio me e la ragazzina della Val di Blenio per catturarla… Voi fate parte del mio esercito contro il Male. Siete i miei soldati, ci ha detto. E te disi ‘na roba: meglio essere dalla sua parte che suoi nemici.

Ma questa Maddalena, a me invece hanno detto che è una santa. È vero?

Eh, vai a capire. Se la vedi, Maddalena la par la Madona: è buonissima, dolce, non perde mai le staffe, ascolta tutti e, sì, è anche una che prega e prega tanto. Però è una crapa dura. Chi l’è potent l’è prepotent, come si dice. C’è chi giura che è una santa, altri che è eretica: una diavolessa, insomma. Certo che se la guardi bene ti fa venir voglie pochissimo spirituali, non so se mi spiego. Mica per niente gli muoiono dietro tutti e pare che gli altri protagonisti maschili del libro (minori, s’intende) se la contendano come due cani con una sola bistecca. Io l’ho incontrata nei prati di Santa Margherita, a Stabio, e attorno a lei si era formato un gruppo di veri e propri fedeli. Gente che l’adorava, direi, pronta a morire per lei se necessario… La Maestra, la chiamano, la Madonna dei campi. Roba de matt.

Non per tirare fuori questioni di genere, ma com’è che qua attorno vedete solo sante o streghe? Siete un po’ strabici, con le donne.

Se podi ditt, ciaparàtt? Strabico lo diventi anche te se ti mettono davanti quelle due. Non sai più chi guardare. Ammaliatrici, si chiama il libro. Ti pare un caso? Questioni di genere nel mio Seicento? Ma ta se föo di strasc? No, guarda, il Silini ti direbbe una cosa da crapa ingarbüjàda, che personalmente non ho mai capito: in quell’epoca la differenza tra una santa e una strega era di pochi millimetri. Andavi in estasi ed eri una santa, andavi al Sabba ed eri una strega. Ma in fin da la fera, erano pur sempre donne che a un certo punto vivevano la stessa cosa: l’anima si staccava dal corpo e in un caso si incontrava con Dio, la Madonna e i santi, nell’altro con Satana e i suoi tirapiedi cornuti… Se l’è no supa, l’è pan bagnà.

IL LIBRO

Trilogia ammaliatrice

Il romanzo ‘Le ammaliatrici’ (Gabriele Capelli Editore) è l’ultimo di una trilogia che include ‘Il ladro di ragazze’ (libro più venduto in Ticino nel 2015) e ‘Latte e sangue’ (analogo successo, nel 2019), ma si può tranquillamente leggere anche da solo. Racconta soprattutto di fughe: quella di Maria del Maté, musa ispiratrice dei carnevali di Milano, e di Maddalena de Buziis, forza creatrice che si muove per i baliaggi svizzeri. Sante prese per streghe o viceversa, più semplicemente donne oppresse da un mondo maschile violento e bigotto. Tra le fughe anche quella di Bargniff, finto medico col collo sempre a due dita dalla lama d’un boia. Un mondo di inquisitori e povericristi, in una storia che unisce Milano con le valli ticinesi. Lo ha scritto Carlo Silini, pluripremiato caporedattore (al Corriere del Ticino, d’altronde nessuno è perfetto) al quale il salto alla narrativa è ottimamente riuscito. Lo ringraziamo per essere stato al gioco di questa stramba intervista.

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