Culture

L’Archivio del Moderno guarda a Varese

Firmato l'accordo tra Università della Svizzera italiana e Comune di Varese per la risistemazione di Piazza della Repubblica, dove troverà sede l’Archivio del Moderno

La sede di Balerna dell'Archivio del Moderno (Ti-Press)
26 maggio 2021
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Un “non luogo” che l’Accademia di architettura di Mendrisio contribuità a trasformare in luogo, a renderlo uno spazio vivo e abitato: parliamo di Piazza della Repubblica a Varese la cui riorganizzazione, a partire dalle idee degli studenti, è stata oggetto di una conferenza stampa in cui si è parlato anche della nuova sede dell’Archivio del Moderno che occuperà parte del polo culturale che il comune sta realizzando nell’ex caserma Garibaldi.
La collaborazione tra Università della Svizzera italiana e Comune di Varese entra quindi nella fase operativa, con la firma dell’accordo per Piazza Repubblica. Collaborazione, ha ricordato il rettore dell’Usi Boas Erez, nato per risolvere un problema pratico dell’Archivio del Moderno, istituzione nata con l’Accademia di architettura di Mendrisio per conservare e valorizzare fondi e lasciti di architetti, designer e ingegneri legati, appunto, al moderno. «Un certo numero di archivi lasciati in custodia all’Archivio del Moderno provengono dall’Italia e ma, secondo la legislazione italiana, non potevano lasciare l’Italia: per diversi anni abbiamo quindi cercato una sede adeguata per conservare e valorizzare questi archivi». Dove con “sede adeguata” non si intendono unicamente le caratteristiche tecniche dei locali che devono conservare materiale spesso delicato, ma anche un luogo vicino al Ticino e, per il discorso di valorizzazione, non discosto. «Abbiamo valutato alcune ville nel Milanese, ma essendo irraggiungibili con i mezzi pubblici avrebbero reso l’archivio meno “pubblico”, mentre la sede di Varese, in centro città, è da questo punto di vista ideale» ha proseguito Erez.
Quelli che, dopo essere stati studiati a Mendrisio e Balerna – da l’Archivio del Moderno ha adesso sede –, torneranno in Italia sono i fondi di Emilio Battisti, di Giandomenico Belotti, di Giulio Minoletti, di Ignazio Gardella, di Angelo Invernizzi, del grafico Giorgio Upiglio, di Vittoriano Viganò, di Marco Zanuso. «Delle pietre miliari della storia dell’architettura che sappiamo essere importanti ma che l’archivio può far entrare nella storia per quello che rappresentano veramente» ha spiegato il direttore dell’Accademia Riccardo Blumer. Nella sede di Varese questi fondi saranno ovviamente accessibili agli studiosi e ci sarà anche la possibilità di una fruizione da parte del pubblico tramite mostre e altre attività.
Il Municipio di Varese non si è limitato all’Archivio del Moderno, come accennato ospitato in un polo culturale, ma ha “ampliato lo sguardo” su tutto il comparto di Piazza della Repubblica coinvolgendo l’Accademia di architettura per ripensare quel luogo o “non luogo”, come lo ha definito l’assessore ai lavori pubblici Andrea Civati. Del tema si è occupato Blumer insieme agli studenti. «Alla piazza abbiamo dedicato due atelier con gli studenti di master, affrontando un tema oggi particolarmente attuale: per anni nelle città storiche si è costruito attorno a dei vuoti, trascurando quei vuoti. Piazza della Repubblica è senz’altro figlia di questo atteggiamento in parte anche speculativo. Si è costruito dimenticandosi del progetto della città e questo ha portato a dimenticarsi del fatto che il vuoto non è una rimanenza, non è un avanzo, ma al contrario è il fulcro delle città. La città privata, della residenza e delle attività, si costruisce attorno ai luoghi pubblici come, appunto, la piazza».
Come accennato il Comune ha già iniziato una sistemazione della zona, «e mi sembra che la premessa sia molto interessante soprattutto per la presenza del mercato, dal quale si vede la potenzialità di questa piazza: il mercato è infatti un luogo di cultura, noi lo pensiamo come luogo di commercio ma il commercio è una fonte di cultura, di scambio, di presenza, di empatia» ha proseguito Blumer. C’è poi tutto il discorso della sostenibilità, con delle torri energetiche affinché l’illuminazione della piazza si autoalimenti.
Tre i punti su cui intervenire identificati nel lavoro con gli studenti. Il primo è il mercato coperto, insomma una tettoia, «idea tanto contemporanea quanto è antica: deve essere una tettoia urbana, un luogo sotto cui posso stare, sotto cui posso essere riparato, che è una delle condizioni per la creazione di vita pubblica». Abbiamo poi la relazione dello spazio con il monumento di Buzzi, privato della scala originaria, e il rapporto della piazza con le vie di accesso. «Abbiamo varie idee che discuteremo con il Comune» ha concluso Blumer. L’obiettivo è arrivare al più presto a un progetto esecutivo per la piazza.

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