Culture

'Mai sottovalutare i ragazzi'

Intervista a Johan Timmers, regista di ‘Fight Girl’, al festival Castellinaria dopo lo Young Audience Award

18 novembre 2019
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Johan Timmers è venuto a Castellinaria non solo ad accompagnare il suo ‘Fight Girl’ – storia di kick boxing al femminile, già premiato allo Young Audience Award e adesso in concorso 6-15 – ma anche per partecipare a un focus dedicato alla scrittura di film per ragazzi.

Timmers, quali sono le specificità dei film per ragazzi?

Come regista per me non c’è differenza, non penso ai film per ragazzi come qualcosa di diverso dai film per adulti: guardo al contenuto. In ‘Fight Girl’, il mio film, abbiamo la storia di una ragazza i cui genitori stanno divorziando e attraverso il kick boxing trova un modo per affrontare il suo dolore. Penso sia una storia interessante, ed è questo l’importante: non ho pensato “ah, questo va bene per i ragazzi”, ma “questo soggetto mi piace, una ragazza che trova un modo per non lottare con i genitori lottando sul serio”. Ho preso sul serio il soggetto, ho preso sul serio gli attori e ho deciso di rappresentare i ragazzi più maturi degli adulti.

La maturità dei personaggi è uno degli elementi per un buon film per ragazzi?

Certamente: non sottovalutare i ragazzi è importante. E i ragazzi vogliono vedere sullo schermo personaggi che siano più maturi, più grandi di loro, così che possano imparare da loro. Il mio film si rivolge a un pubblico di 8-12 anni ma la mia attrice protagonista ha 14 anni e ha i problemi di una quattordicenne. Ed è una ragazza che urla, che grida di rabbia.

Sfidando i pregiudizi: la rabbia nei maschi è normale, quasi positiva, mentre una femmina è un’isterica che non riesce a controllarsi…

Per questo è stato così divertente creare questo personaggio: una ragazza aggressiva che con un pugno manda al tappeto i ragazzi. Mi piace: è un personaggio positivo, per le ragazze.

A proposito di Aiko Beemsterboer, l’attrice protagonista: come è avvenuto il casting?

Sapevamo che dovevamo scegliere la protagonista sei mesi prima delle riprese, perché l’attrice doveva allenarsi, diventare davvero brava nel kick boxing. Ho visto questa ragazza, Aiko, e ho capito subito che era la persona adatta. Poi c’è l’altra ragazza, Joy, che la introduce nel mondo del kick boxing: Noa Farinum è una vera kickboxer, e con lei abbiamo dovuto fare il percorso inverso, insegnarle a recitare. Quindi Aiko ha dovuto imparare a combattere, Noa a recitare e questa combinazione, per me, è il cuore del film.
Durante le prove, tra le due ragazze scaturiva un’energia che non mi aspettavo, un “girl power” che non cercavo ma che ho subito deciso di sviluppare, riducendo nella sceneggiatura il ruolo del fratello della protagonista mettendo al centro la relazione tra le due ragazze.

Un messaggio di ‘empowerment’ femminile. Il film ha anche un messaggio per i ragazzi?

Sì, penso che il messaggio per i ragazzi sia: fate attenzione alle ragazze che fanno kick boxing.

Il film ha vinto lo Young Audience Award, assegnato da giovani spettatori in tutta Europa.
Si è chiesto che cosa abbia convinto un pubblico così vasto?

Il merito penso sia di Bo, del personaggio protagonista: puoi riconoscerti in lei, puoi sentire i suoi problemi, puoi vivere le sue vittorie. Penso sia grazie a questo personaggio, alla sua energia, che abbiamo conquistato i giovani spettatori-giurati.

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